Il fiore del mio segreto

Leocadia, detta Leo, è una scrittrice attualmente in crisi con Paco, il marito che ama. Costui, tenente dell'esercito, si è proposto come volontario per un corpo di pace nei Balcani pur di non affrontare direttamente le difficoltà del loro rapporto. Leo scrive romanzi rosa di successo sotto pseudonimo ma il suo stato d'animo attuale le impedisce di ottemperare alle richieste dell'editore con cui è sotto contratto. Un'amica le suggerisce di proporre dei suoi scritti al quotidiano "El Pais".

Il film che fa da ponte tra due fasi della creatività del regista madrileno.

Ci sarà ancora bisogno di misurarsi con un mix di generi come Carne tremula ma con Il fiore del mio segreto Pedro ha di fatto deciso che il periodo della liberazione totale, utilizzando anche il cinema, dall'oppressione del regime franchista è ormai superato. Non è più necessario scandalizzare i borghesi facendo emergere aspetti della società e della sessualità di cui non vogliono prendere consapevolezza. Ora si può non solo rendere omaggio ad un cinema dei sentimenti realizzato ad alto livello come è quello di Douglas Sirk, ma anche non avere pudore nel manifestare interesse per i sentimenti più profondi (e anche più quotidiani) di uomini e donne. Sapendo, al contempo, come gestire una materia che con la minima distrazione può trasformarsi in un romanzo Harmony per immagini, di fatto serializzandosi.

Che sono poi i romanzi che Leo sapeva sfornare a ritmo industriale (la sequenza alla casa editrice è eloquente in materia) e che ora, per quanto stia volutamente ancora illudendosi di vivere una grande storia d'amore, nel suo intimo sa non corrispondere ad altro che a una finzione per le masse, per quanto redditizia. Almodovar ce lo dimostra con la sequenza iniziale in cui si realizza un filmato che dovrebbe servire negli incontri motivazionali al fine di favorire la donazione di organi e che è girato con una recitazione da soap opera. Lui può fare di meglio. Non solo sul piano estetico, con le dominanze cromatiche o gli schermi che sa frapporre tra la macchina da presa e i suoi personaggi.

I quali sono molteplici e gli consentono di creare attorno a Leo un micro-universo madrileno con tanto di corpo estraneo: la madre. La quale tormenta la sorella perché di fatto vuole tornare al paese dato che vede la grande città come un potenziale nemico in agguato. Nessun elemento 'popolare' viene trascurato. Neppure il flamenco che vede la sua colf e il figlio in continuo alterco.

In lui e in particolare nel confronto che intercorre tra l'asciutto (anche fisicamente) militare Paco e il sovrappeso ma empatico direttore de El Paìs (giornale che non a caso era la voce della società laica iberica di quegli anni) leggiamo le annotazioni psicologiche che porteranno a figure maschili che poi vedremo declinate sotto altre vesti nei film successivi.

In fondo i temi iniziano ad essere enucleati proprio qui. Chi presta attenzione può trovare i prodromi di scrittura di film come Tutto su mia madre e di Volver quasi che Il fiore del mio segreto fosse necessario per mettere le fondamenta del cinema almodovariano futuro. Ancora più libero proprio perché cosciente dei propri mezzi espressivi. 

La Paredes nel ruolo di una moglie alla quale succede tutto il peggio: è tradita e abbandonata dal marito, non più gradita agli amici, anche il lavoro - è scrittrice di romanzi rosa - va male. Non resta che rifugiarsi nella comprensione (scarsa) materna e in un fedele amico che arriva a scrivere i romanzi per lei. Melò, ironia, sorrisi, risvolti imprevedibili e, alla fine, la forza dell'individualità femminile che si salva sempre. Il solito Almodovar.