Titolo originale | All These Sleepless Nights |
Anno | 2016 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Polonia |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Michal Marczak |
Attori | Krzysztof Baginski, Michal Huszcza, Eva Lebeuf, Eva Lebuef, Natalia Atmanska Anastazja Bernard, Anna Bilenska, Michal Brzozowski, Cezary Ciszewski, Wiktoria Frydrych, Paulina Hanzel, Dominika Jendrasik, Julia Karasinska, Kaja Kukula, Mateusz Kuwal, Mikolaj Maluchnik, Maja Murzyn, Weronika Pelczynska, Malgorzata Piernik, Julia Pietruszka, Sebastian Plaszczyca, Adam Repucha, Robert Serek, Paulina Serwatka, Katarzyna Slapinska, Ewa Szatybelko, Patryk Tadych, Aleksandra Talacha, Natalia Watroba. |
Tag | Da vedere 2016 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,24 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 12 gennaio 2018
La terza opera di Michal Marczak, documentarista inserito nella top ten dei registi più innovativi dal Dazed and Confused Magazine. In Italia al Box Office All These Sleepless Nights ha incassato 4,3 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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A che serve il giorno se si può fuggire nella notte? Avere vent'anni e la libertà di vivere senza responsabilità, obblighi, paure, soltanto inseguendo l'istinto del momento. Kris ha appena rotto con la sua fidanzata e un mondo pieno di occasioni si spalanca ai suoi occhi. Lui e il suo amico Michal, due studenti di storia dell'arte, iniziano a vagare in una Varsavia notturna vivendo al massimo quelle ore dal tramonto all'alba di sesso, droga ed elettronica. Dal party sulla spiaggia al rave improvvisato, i due amici si lasciano guidare dal desiderio in una inarrestabile ricerca di se stessi. Quando poi Kris si innamora dell'ex fidanzata di Michal, l'affascinante Eva, l'amicizia tra i due ragazzi viene messa in discussione. Nella disperata ricerca di comprendere la vita, la vita stessa finisce per sfuggire.
Nelle notti senza sonno, tra edonismo ed esistenzialismo, Michal Marczak filma la vitalità delle nuove generazioni di nati dopo il comunismo in una Varsavia che vuole rigenerarsi ma rimane profondamente ancorata ai suoi problemi.
Vincitore del premio alla miglior regia dello scorso Sundance festival, All these sleepless nights è il documentario del giovane regista polacco che appartiene a quel genere di "night-time movies", come After Hours di Martin Scorsese, in equilibrio tra verità e finzione come i film di Abbas Kiarostami ma imbevuto di quella libertà e leggerezza dei Jules et Jim contemporanei in una Nouvelle Vague dell'Europa dell'est.
Documentario per Michal Marczak vuol dire filmare personaggi nel ruolo di se stessi, le loro vere emozioni, senza pretendere di fare verità ma realmente cercandola, ricorrendo anche a tecniche drammatiche per un risultato che travalica ogni classificazione o previsione. Girato tra il 2014 e il 2015, tra due estati e un inverno, All these sleepless nights racconta cosa vuol dire essere giovani in una Polonia che si risveglia ma non ha dimenticato i suoi anni bui. Sicuramente la Varsavia di Marczak è molto lontana dalla città grigia e opprimente della Polonia sotto la legge marziale, che Krzysztof Kieslowski racconta in Dekalog o in Andrzej Wajda nei film degli anni '70 e '80.
Questa è una città cambiata che ha infine trovato una sua identità e una nuova energia attraverso le giovani generazioni nate dopo l'89 e che non conoscono le paure e le repressioni dei loro genitori, ma un'insaziabile voglia di vivere che Marczak rende con romanticismo e poesia. Una sottile nota nostalgica, però, rimane in sottofondo: l'entusiasmo del 2014-2015 in cui è stato girato il film è già evaporato con l'elezione del partito ultranazionalista Diritto e Giustizia, che il regista definisce traumatico quanto l'arrivo di Trump in America. Ecco perché su quella euforica ventata di libertà dei vagabondaggi notturni tra ricerca del piacere e grandi speranze prevale il ricordo della straordinaria scena in cui Kris e una ragazza appena conosciuta camminano ad occhi chiusi per le strade la mattina presto. Ma per andare dove?
Quindi bevono, ballano, si sballano per vivere intensamente o stordirsi e non pensare. Come inattesi eredi di quel cinema francese di Truffaut e Godard tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60, Kris e Michal vagano per la città spinti dall'istinto del momento e dall'infantile teppismo, ma nel loro sguardo c'è un senso di disperazione, un'inguaribile inquietudine che il regista annuncia fin dall'inizio del film. Se potessimo mettere in sequenza le esperienze della nostra vita, è stato calcolato che passeremmo quattro giorni della nostra esistenza a guardare fuochi d'artificio, due anni ad annoiarci, 700 giorni ad aspettare qualcuno, annuncia subito una voce fuori campo. Allora meglio uscire e abbandonarsi a un festeggiamento sfrenato e ininterrotto, celebrando il presente, anche se poi quel presente finisce per annientarli.
Come vampiri, illuminati da luce argentea, i due amici si muovono nella notte alla ricerca di ragazze da rimorchiare, confessandosi la propria sfiducia nella vita e la propria incertezza sul futuro tra una pista di coca e l'altra. In un inarrestabile movimento per cercare di vincere la noia finiscono per essere noiosi, lasciando spazio a un'assordante solitudine. D'altronde se ci si ferma un attimo alla luce del giorno, ci si rende conto di non essere quei re della notte che per qualche ora si credeva di essere.