Lost in Hong Kong

Durante una lezione universitaria di arte moderna Xu Lai si innamora di Yang Yi: sembra che tra i due sia un colpo di fulmine, ma per una serie di coincidenze non riusciranno mai a baciarsi. Anni dopo Xu è sposato a Cai Bo, detta "Spinacio", e ha abbandonato ogni velleità artistica per dedicarsi all'attività del suocero. Quando viene a sapere che a Hong Kong si terrà una mostra dei lavori di Yang Yi, nel frattempo divenuta famosa, decide di portare lì in vacanza la moglie e la sua famiglia, sperando di approfittare del primo momento opportuno per rivedere Yang Yi e poterla finalmente baciare.
In anni difficili, in cui Hong Kong tende a rimarcare anche attraverso il cinema la sua autonomia politica nei confronti della Cina (The Midnight After, Ten Years), il comico di successo Xu Zheng trova il modo di seppellire le divergenze sotto una risata riconciliatrice. Dopo il successo epocale di Lost in Thailand - fino al 2015 il maggiore incasso di sempre del cinema cinese - Xu ripropone una formula collaudata, con il suo duo di uomini qualunque alle prese con situazioni rocambolesche e inconsuete. Xu veste nuovamente i panni del medioman che devia timidamente dalla retta via, mentre al posto di Wang Baoqiang subentra il Cai Lala di Bao Bei'er, guastatore goffo e inconsapevole che attira guai su di sé come un magnete: un format così rigidamente fedele a se stesso e ai propri limiti da richiedere di volta in volta - proprio come i nostri Natale a Rio o Natale a New York - un'ambientazione "esotica" che aiuti il gioco di sponda delle gag. E se apparentemente la giungla d'asfalto di Hong Kong sembra riservare meno appigli comici di quella verdeggiante thailandese, c'è un elemento che rende speciale l'ex-colonia per una generazione di cinesi mainlanders che per decenni hanno guardato alla metropoli con malcelata invidia: il cinema.
Lost in Hong Kong rappresenta infatti, persino al di là delle aspettative, uno sviscerato tributo al cinema di Hong Kong: tra flashback e pretesti narrativi scorrono citazioni da o omaggi a classici romance come Rouge, Storia di fantasmi cinesi, A Moment of Romance, Days of Being Wild, Comrades: Almost a Love Story, City of Glass, 2046 o action come A Better Tomorrow e Infernal Affairs, con tanto di poliziotti corrotti. Il tema della cinefilia domina a tal punto l'opera di Xu Zheng da trasformare il personaggio della spalla Cai Lala in un aspirante documentarista, "figlio di Robert Flaherty e Dziga Vertov". Ma per quanto ingentilita dalla cinefilia, l'essenza della comicità di Xu resta caratterizzata dai consueti e ripetitivi doppi sensi, momenti slapstick o equivoci imbarazzanti. Tolto il ruolo di Hong Kong, in sostanza, resta ben poco a rendere speciale il film di Xu Zheng o memorabili le sue gag.
Ma sembra che per il grande pubblico cinese tutto questo sia più che sufficiente, a giudicare dal prevedibile trionfo al botteghino di Lost in Hong Kong, destinato solo a essere superato dal prossimo "Lost in". 