Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Regia di | Tatti Sanguineti |
Attori | Giulio Andreotti, Per Luigi Raffaelli, Tatti Sanguineti . |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento lunedì 29 giugno 2015
Giulio Andreotti affronta quasi da lontano e come spettatore il suo curriculum di uomo di cinema.
CONSIGLIATO N.D.
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In questo secondo capitolo, dopo l'immersione del primo nel suo rapporto con la censura cinematografica, Andreotti affronta, quasi da lontano e come spettatore, il suo curriculum di uomo di cinema. Un curriculum di prim'ordine, che contempla la partecipazione alla Festa de' Noantri e la claque per Dina Galli, il suo primo discorso e l'uso amichevole ma elettorale (a Sora, Ciociaria profonda) della Pampanini e di Aldo Fabrizi. Ma anche un'amicizia duratura con Federico Fellini, un giudizio dialettico di Zavattini che lo sapeva amante dei cavalli e delle scommessine («Lei ha sgarrettato il cinema italiano») e una frase sconcertante in effige a un film da lui difeso, Anni difficili di Zampa, sul tema scottante della continuità e discontinuità fra fascismo e post fascismo: «Ridere dei propri difetti è la migliore virtù dei popoli civili».
Al futuro ministro della Difesa parrà doveroso impiegare migliaia di cavalleggeri nelle scene di massa di Quo Vadis, così come al più famoso censore della Repubblica non dispiaceranno le prese in giro, a mezzo cinema, della censura fascista...
E se nel primo capitolo avevamo il ritratto di un ragazzo (di umili origini) alle prese con l'amministrazione del cinema italiano, qui ci viene forse consegnato un ritratto dello spettatore da vecchio. Con una rassegnata, ma intatta passione per il cinema, e uno sguardo di precisione da cineasta consumato. Lo sguardo di chi un giorno si permise un fuori programma alle cascate del Niagara, per averle viste anni prima al cinema, dietro al fondoschiena di Marilyn Monroe.