Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 121 minuti |
Regia di | Shin Su-won |
Attori | Seo Young-hee, Kwon So-hyeon, Young-min Kim, Ko Seo-hee, Yoo Soon-cheol Ye Soo-Jeong, Shin Woon-seob, Byeon Yo-han, Kim Ho-jeong, Song Hee Han, Lee Myeong-haeng, Sang-hee Lee, Park Hyun-young, Jin Yong-wook. |
MYmonetro | 2,50 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 25 maggio 2015
Il film è in programma al 68° Festival di Cannes nella sezione Un certain regard. Il film è stato premiato al Florence Korea,
CONSIGLIATO NÌ
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Moon è perseguitata dagli incubi sul piano onirico e dai debiti su quello reale. Accetta un lavoro come assistente in una clinica privata ed esclusiva per pazienti VIP: uno dei degenti è il proprietario milionario della stessa clinica, Kim Cheol-oh, la cui esistenza viene prolungata artificialmente dal figlio Sang-woo per ragioni di puro interesse. Dopo un trapianto di cuore rigettato, Sang-woo vede in Mina, una ragazza in coma senza parenti né amici, un potenziale donatore, ma ha bisogno di Moon per ottenere l'autorizzazione legale a procedere.
Maternità, eutanasia, patriarcato, violenza sessuale, divisione in caste. Tanti temi, probabilmente troppi da gestire in un'opera unica, che hanno attraversato il cinema sudcoreano recente in lungo e in largo e che confluiscono nell'ultimo lavoro di Shin Su-won. Sceneggiatrice e regista al terzo film, che arriva dopo la rivelazione dell'eccellente Pluto, Shin cambia registro e stile, sfidando una materia complessa e difficile da padroneggiare.
Madonna è opera peculiare tanto nello stile visivo che nella struttura narrativa: il primo privilegia tonalità fredde e angolazioni di ripresa destinate a incrementare il disagio, con una tecnica da film horror; l'intreccio invece procede da una protagonista apparente, Moon, per poi dedicarsi a un lungo flashback su quella reale, la giovane e goffa Mina, ribattezzata Madonna per il seno prosperoso (anziché per vocazione). La parabola della ragazza è quella del più classico dei martirii: una successione crescente di umiliazioni inflitte da una società ferina e crudele, che individua immediatamente l'anello debole, indifeso e remissivo, di cui abusare. Gli uomini con lei rivelano la propria bestialità, usandola e sfruttandola senza ritegno: la macchina da presa di Shin non solo non si ritrae ma si sofferma, insistendo sulle bassezze e sulla perversione degli aguzzini di Madonna, con il chiaro intento di alzare la soglia del disagio e del senso di colpa per aprire la strada a un epilogo in odore di misticismo (e con poche sorprese). Al di là dell'handicap di tornare su temi già visti - Kim Ki-duk sulla sacralizzazione pseudo-cristiana di figure femminili e sulla morbosità in ambito di sesso e abusi ha costruito una carriera, per poi distruggerla - Shin palesa in Madonna carenze di linguaggio che Pluto, con la sua carica eversiva, aveva celato. Scegliere una struttura diseguale senza dosarne gli ingredienti si rivela un boomerang, così come mescolare generi (noir, mélo, horror) senza saperli innovare: nonostante il lavoro delle protagoniste sia encomiabile, l'imponente edificio morale eretto da Shin poggia sulle colonne quanto mai fragili di un simbolismo ingenuo, a partire dagli incubi su tematiche acquatiche che anticipano il ruolo della maternità nell'opera.
Madonna ribadisce l'attenzione della regista per le tematiche sociali, che assumono i toni di una divisione feudale in caste irreversibili, e per la lunga strada da percorrere nella parità di diritti - reali e non giuridici - per la donna nel post-confucianesimo sudcoreano, ma la volontà di aggiungere senza sottrarre o senza meglio calibrare affievolisce il messaggio portante e ne altera sgradevolmente il senso.
Una giovane infermiera viene chiamata ad assistere un alto dirigente d'azienda in coma da anni, mantenuto in vita dal figlio che sa di essere stato escluso dall'eredità e che con la morte del padre perderà ogni privilegio. Il dirigente necessita di un ennesimo trapianto di cuore, e il figlio individua nella potenziale donatrice una ragazza entrata in coma e ricoverata nello stesso ospedale. Il fatto che la ragazza sia incinta, dal punto di vista del giovane ricco e cinico, è un dettaglio del tutto irrilevante.
Ma l'infermiera vuole sapere qualcosa di più di quella sbandata e comincia a investigare il suo passato, da cui emerge una storia tragica di abuso e miseria. La ragazza, sopranominata Madonna, ha vissuto una serie incessante di umiliazioni e sconfitte legate sia al suo essere femmina che alla sua condizione di povertà e ignoranza. Fra l'infermiera e Madonna, nonostante lo stato vegetativo della seconda, comincia a crearsi un legame emotivo che passa attraverso la critica della condizione femminile, soprattutto se sottoprivilegiata, in una Corea dove le disparità sociali, sessuali ed economiche sono sempre più marcate e la ricchezza sembra dare carta bianca alla fascia sociale più elevata, i cui atti di quotidiana crudeltà e sopraffazione appaiono giustificati (agli occhi dei perpetratori) da una sorta di ordine naturale dove la casta dominante è tale per diritto divino.
La regista coreana Shin Su-Won racconta questa storia tutta al femminile come un'odissea di maltrattamenti e violenze, indulgendo nel melodramma e raccontando le donne come vittime - fino alla svolta finale. In questa orgia del degrado c'è un compiacimento eccessivo, un'estetica dell'abbrutimento non nuova al cinema coreano. Così, nonostante gli intenti, Madonna finisce per sfruttare quei cliché sul femminile che apparentemente denuncia.
Un ricco paziente è in ospedale in attesa di un trapianto. Un'infermiera e un medico si prendono cura di lui mentre, nello stesso ospedale, si trova Mina, una donna in coma. I due vorrebbero contattare i parenti di Mina per valutare la possibilità di una donazione d'organi; più si avvicineranno alla famiglia di Mina, più scopriranno dei segreti che metteranno in discussione le loro certezze.