Titolo originale | Les règles du jeu |
Anno | 2014 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Claudine Bories, Patrice Chagnard |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento martedì 2 dicembre 2014
Un documentario sugli atteggiamenti e sul linguaggio necessari per ottenere un lavoro nel mercato di oggi.
CONSIGLIATO SÌ
|
Da 150 ore di girato Claudine Bories e Patrice Chagnard selezionano i momenti più emblematici del percorso di crescita di un gruppo di disoccupati presso un'agenzia di Risorse Umane, specializzata a istradarli nel mondo del lavoro. Tra una simulazione di colloquio e un corso su come scrivere il proprio CV emerge il contrasto drammatico tra il mondo del lavoro - ma soprattutto la sovrastruttura posticcia creata sullo stesso - e la realtà di alcuni giovani disagiati in cerca di un'occupazione. La regia, che apparentemente si nasconde e lascia che il dialogo tra cacciatori di teste e candidati abbia il suo corso, in realtà si dimostra attenta a sottolineare i contrasti talora parossistici tra i due mondi. Gli intermezzi di musica barocca e le immagini architettoniche proiettano l'atmosfera in una commedia surreale alla Resnais o alla Tati, aiutando a sottolineare il nonsense sotteso alla vicenda.
La logica dei 13 secondi per decidere se un candidato è adatto al ruolo, crudele come il post-capitalismo esige, mal si adatta alla natura di un'umanità fragile, vessata dalla vita e da umiliazioni che, anziché rafforzare il loro amor proprio, ne incrementano la fragilità. Il marketing di se stessi, requisito fondamentale, diviene così utopistico e sinistramente ironico per i candidati-vittime, come in un celeberrimo sketch dei Monty Python sui colloqui aziendali (e la loro assoluta e ipocrita mancanza di senso). Grande merito a Bories e Chagnard - già attenti ai diritti dei meno fortunati con Les Arrivants sul mondo dell'immigrazione - per la capacità di resistere alla tentazione del patetico senza per questo adottare un atteggiamento più comprensivo verso i meccanismi del mondo delle risorse umane, denudato nella sua assurda adesione a schemi fissi e inapplicabili.
Scegliendo la quasi invisibilità documentaristica, i registi lasciano che le sensazioni emergano spontaneamente, come il terrore sul volto dell'impiegata di fronte al passato violento della timida candidata, uno squarcio di Vero nel muro invalicabile delle falsità sulla centralità del lavoro.