Ode To My Father

Film 2014 | Drammatico 126 min.

Regia di JK Youn. Un film con Hwang Jung-min, Yunjin Kim, Oh Dal-soo, Jeong Jin-yeong, Young-nam Jang. Cast completo Titolo originale: Gukje Shijang. Genere Drammatico - Corea del sud, 2014, durata 126 minuti. - MYmonetro 2,42 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 27 febbraio 2015

Un epico romanzo generazionale incentrato sui sacrifici personali di un uomo. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Asian Film Awards, Il film è stato premiato al Far East Film, Al Box Office Usa Ode To My Father ha incassato 2,3 milioni di dollari .

Consigliato nì!
2,42/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 2,83
CONSIGLIATO NÌ
Il racconto, sentimentale e nazional-popolare, di un uomo qualunque che attraversa la storia senza rinunciare ai propri principi.
Recensione di Emanuele Sacchi
Recensione di Emanuele Sacchi

Huangnam, 1951. Di fronte all'avanzata dell'esercito cinese, una moltitudine di profughi cerca rifugio sulle navi da guerra americane per fuggire in Corea del Sud. Tra questi la famiglia del piccolo Deok-soo, che smarrisce la sorellina nella folla: il padre, sceso dalla nave per cercarla, rimarrà a Huangnam, separato dai suoi cari. Il senso di colpa affliggerà Deok-soo per tutta la vita, investendolo del ruolo di capofamiglia e obbligandolo a sacrificarsi per il bene della propria famiglia: un fardello che lo condurrà a scelte rischiose, come un lavoro di minatore in Germania prima e la partenza per il Vietnam durante la guerra poi.
L'industria del cinema sudcoreano, e in particolar modo un regista come Yoon Je-kyoon, partito dalla commedia acefala di Sex is Zero e approdato poi a blockbuster come Haeundae, sembra aver instaurato un feeling con i gusti del proprio pubblico locale paragonabile a quanto fatto dalla commedia all'italiana nei decenni scorsi o da Checco Zalone oggi. Ode to My Father tocca tutti i tasti giusti per un pubblico scarsamente smaliziato, che dimostra di conoscere appieno. Ponendo l'accento su temi di patriottismo, sentimentalismo e attaccamento alla tradizione, Yoon trova puntualmente un riscontro al botteghino, tale da portare Ode to My Father a divenire il secondo incasso sudcoreano di sempre (superando persino Avatar in patria con 15 milioni di spettatori). Storia e stile non inseguono alcuna forma di innovazione, al contrario riprendono (con mano spesso greve) situazioni e feticci già impressi nell'immaginario collettivo. In primis Forrest Gump, richiamato già dalla farfalla che apre e chiude l'opera - versione intrisa di retorica tragica (in essa alberga forse lo spirito del padre e dei Padri?) della piuma di Zemeckis - e quindi dalla parabola di un uomo qualunque che attraversa, senza capirli appieno, i sommovimenti della storia e sfiora i personaggi celebri che contribuiranno a riscriverla. Il JFK di Gump trova qui un contraltare nel signor Hyundai o nello stilista André Kim: topoi già ripresi dal giapponese Always: Sunset on Third Street, analoga operazione nazionalpopolare di dieci anni fa, a cui Ode to My Father si richiama senza mascherare la propria natura derivativa, con tanto di scena clou della famiglia riunita di fronte alla Tv. E il tubo catodico svolge un ruolo cruciale, da protagonista assoluto, nel climax del film, quando una trasmissione televisiva - realmente andata in onda in Corea del Sud negli anni Ottanta per permettere ai parenti divisi dalla guerra di ritrovarsi - viene riproposta sia nella sua commovente forma originaria che in quella fittizia che ha come protagonista Deok-soo. Yoon insiste sul lato più disperatamente lacrimevole, per piegare le resistenze residue dei più cinici e far leva su un tema che unisca i coreani di ogni sponda e latitudine. La sciatteria e le incongruenze di sceneggiatura e post-produzione finiscono così per contare relativamente alla luce del progetto complessivo: l'elogio, vagamente reazionario e incline al melodramma, di una famiglia semplice e fortemente tradizionalista. L'ideale per una trasferta presumibilmente difficile ribaltata da un agevole trionfo in casa.

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