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Ultimo aggiornamento venerdì 27 gennaio 2017
Xia si offre di aiutare la polizia a imprigionare un serial killer in cambio dell'annullamento della pena che lo tiene ingiustamente recluso. Al Box Office Usa Kung Fu Jungle ha incassato nelle prime 4 settimane di programmazione 127 mila dollari e 62 mila dollari nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Il maestro di arti marziali Hahou Mo si costituisce alla polizia dopo aver accidentalmente ucciso un uomo. Durante la sua carcerazione, diversi campioni di arti marziali vengono uccisi: le ricerche della polizia conducono a Fung Yu-sau, impazzito dopo aver perso la moglie. L'obiettivo finale per Fung è quello di sfidare all'ultimo sangue Hahou Mo, a cui ricorre anche la polizia in qualità di informatore.
Tira aria di autocelebrazione infinita per il cinema di arti marziali: se Gallants rappresentava il lato più cinefilo e ironico del fenomeno, Kung Fu Jungle ne incarna quello più spettacolare ed estremo. Per Donnie Yen (Ip Man) è l'ennesimo centro di una carriera che si arricchisce di sfumature con proporzionalità diretta rispetto all'età che avanza e che, con Kung Fu Jungle, sembra quasi preludere a un nuovo ruolo, quello di sifu inarrivabile che ricorre alla violenza il minimo indispensabile. Solo tre le sequenze di combattimento vero e proprio nel suo tipico mix di stili, per il resto il proscenio è affidato a un sorprendente Wang Baoqiang, a suo agio in ambito marziale dopo aver interpretato sin qui ruoli lontanissimi dal genere (Il tocco del peccato, Lost in Thailand). Il percorso di vendetta di Fung è un eccellente pretesto per una successione di duelli marziali differenziati per stile, alla maniera di Le furie umane del kung fu, o Five Deadly Venoms, dell'era Shaw Brothers. Un campione e quindi un duello per ogni stile, fino all'atteso showdown tra Donnie Yen e Wang Baoqiang, combattuto su una superstrada tra i camion in corsa. Nell'oggetto del contendere tra i due rivali, ovvero se l'atto di uccidere sia parte o meno delle arti marziali, è possibile forse, osando un po', leggere l'abbandono forzato nel cinema di genere del verismo della messa in scena e dello stunt in favore della ricostruzione dei duelli in digitale. Come se quell'era temeraria e quasi snuff del cinema di Hong Kong appartenesse a un passato irrimediabilmente trascorso (rappresentato dall'evoluzione del personaggio di Donnie Yen). Un risvolto che dona ulteriore fascino a un film dall'epilogo forse scontato, dagli effetti Cgi approssimativi, dalla sceneggiatura lacunosa e inverosimile: ma in cui le regole del film di genere, le sue leggi non scritte, sono tutte rispettate. Kung Fu Jungle dà al suo pubblico esattamente ciò che questo desidera. Molti e talora quasi impercettibili gli omaggi al passato del cinema di arti marziali: in video Drunken Master e Jackie Chan, così come Liu Chia-liang, in carne e ossa molti altri, a partire dal cameo di David Chiang (La mano sinistra della violenza).
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