Titolo originale | À la vie |
Titolo internazionale | To Life |
Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 104 minuti |
Regia di | Jean-Jacques Zilbermann |
Attori | Julie Depardieu, Hippolyte Girardot, Anne-Marie Pisani, Mathias Mlekuz, Patrick Ligardes Maria Pitarresi, Béatrice Michel, Benjamin Wangermee, Johanna Ter Steege, Suzanne Clément, Michel Drapier, Frank Aoust, Lucile Corbeille, Jacqueline Segard, Wojciech Pszoniak, Eric Slabiak, François Anastasio, Dario Ivkovic, Carl Falaise, Thiphaine Colin, Maxence Delbove, Florian Haudiquet, Maximilien Hielle, Brandon Hugot, Chloé Maes, Adrien Nowak, Louis Prokopowicz, Constance Wallet, Iris Wallet, Lorenzo Cardoze, Maxime Le Garrec, Matthieu Le Garrec, Chelssy Bottier, Pascal Duthuin. |
MYmonetro | 2,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 23 luglio 2014
Ispirato alla vita della madre del regista.
CONSIGLIATO NÌ
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Quando i russi stanno per arrivare ad Auschwitz Hélène fugge dal campo insieme a Lili, evitando la Marcia della Morte. Il ritorno alla vita non ê semplice, così come il matrimonio con un altro ex deportato: troppi i segni lasciati sul corpo e sulla psiche dal trauma vissuto. Quindici anni dopo Hélène e Lili si ritrovano a Berck-Plage per una vacanza estiva insieme a Rose, che Hélène credeva morta ad Auschwitz. Sarà l'occasione per divertirsi insieme ma soprattutto per chiudere i conti con un passato impossibile da dimenticare.
Giudicare À la vie ignorando il dato autobiografico alla base del film stesso - la protagonista della storia è la madre del regista, che compare nel finale in un estratto di realtà - sarebbe ingeneroso. È evidente il legame affettivo che anima l'opera, che l'attraversa e che impedisce a Zilbermann di adottare la necessaria lucidità, come una vista annebbiata dalle troppe lacrime di commozione. Ma è altresì impossibile sorvolare sui troppi difetti che gravano sul film, privo di coesione narrativa, in cui troppe inquadrature paiono poste a caso, senza una giustificazione legata a sviluppi futuri del contenuto né un punto di vista che costituisca una lettura morale o un punto di osservazione meritevole di analisi. Al pari di scenografia, montaggio e musiche, che sembrano provenire dai più ordinari prodotti televisivi e risultano totalmente inadeguate per una storia che vorrebbe mettere in scena la rinascita di tre donne e la loro riapertura alla vita. Quasi un inno alle gioie terrene e alle seconde possibilità offerte dal destino, amaramente sprecato tra soluzioni di regia e di sceneggiatura all'insegna dell'ovvio. Zilbermann mostra a più riprese di privilegiare il "cosa" raccontare anziché il "come", ma sul piano della pura narrazione le cose non vanno meglio: discutibile la scelta delle dilatazioni e cesure temporali, oltre che costellata di errori (effetto invecchiamento dei personaggi nullo a distanza di quindici anni tra un segmento e l'altro), che porta a un senso di vuoto e di blocco dello svolgimento. Purtroppo, come spesso avviene quando la materia trattata ha un impatto personale così forte sul regista, À la vie finisce per diventare l'album dei ricordi perduti, inclusi quelli del film che avrebbe dovuto essere e che quasi mai è riuscito a diventare.