Wyman Chan scrive racconti erotici per un quotidiano ma - complice il download illegale - il lavoro va sempre peggio; intanto la sua fidanzata Cecilia è il romanziere più di successo dell'intera Hong Kong. Wyman decide quindi, insieme ai suoi amici, di investire in un AV (ossia Adult Video, il cinema porno giapponese) fatto in casa e provare a sfondare sul mercato. Quello che non prevede è di finire a recitare nel video stesso, diventando così una star del porno giapponese con il nome di Mario Ozawa.
Era tempo che il successo incredibile di Sex and Zen 3D generasse dei successori e 3D Naked Ambition appartiene decisamente alla categoria: sorta di sequel di Naked Ambition che devia ben presto dall'originale, ma che tuttavia non si limita a sfruttare la tecnologia per immortalare le grazie di fanciulle discinte. Costruendo tutto il film sulla consueta fascinazione hongkonghese per il porno giapponese (in cui le attrici sono molto più "generose" di fronte alle videocamere) e su Chapman To, mattatore debordante con la sua comicità fracassona e la sua fisicità invadente - un incrocio cantonese tra Lando Buzzanca, Enrico Montesano e Lino Banfi - Lee Kung-lok opta sì per il divertimento spensierato, ma non disdegna di lanciare qualche frecciatina.
Tra un'avventura e l'altra di Mario Ozawa - spesso coloratissime e fumettose parodie degli stereotipi dell'AV, con esiti alterni - 3D Naked Ambition attraversa collateralmente temi tutt'altro che farseschi: la distribuzione gratuita del porno e il declino dell'enorme business costruito attorno ad esso, l'immancabile crisi economica, il ruolo di Hong Kong odierno nel mercato e l'orgoglio della "hongkonghesità", incarnata dal cameo della "pollastra d'oro" di Sandra Ng, protagonista della serie-cult Golden Chicken.
Elementi certo insufficienti a rendere 3D Naked Ambition una pellicola con qualsivoglia ambizione artistica, peraltro nemmeno cercata da un purissimo oggetto di entertainment (in gran parte rivolto al pubblico locale, in grado di cogliere molti riferimenti e giochi di parola). Qualche taglio in più avrebbe giocato a una formula ripetitiva (troppi i siparietti in stile produzioni AV, ad esempio), ma all'appassionato del cinema di Hong Kong è riservata in ogni caso qualche risata liberatoria.