Titolo originale | Bai fa mo nu zhuan zhi ming yue tian guo |
Anno | 2014 |
Genere | Fantastico |
Produzione | Cina |
Regia di | Zhang Zhiliang |
Attori | Fan Bingbing, Xiaoming Huang, Wenzhuo Zhao, Xuebing Wang, Yikuan Yan . |
MYmonetro | 2,52 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 10 marzo 2014
Una storia d'amore tra una fuorilegge e un leader Taoista.
CONSIGLIATO NÌ
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Durante gli ultimi anni della dinastia Ming gli scontri per assumere il potere supremo si fanno sempre più sanguinosi, coinvolgendo anche isole felici come Wudang, la fortezza dove apprendono le arti marziali i più formidabili guerrieri dell'Impero, e Forte Luna, ultimo rifugio per i seguaci dell'eroina Jade Rakshasa. Zhuo Yihang di Wudang, innamoratosi di Jade, viene accusato di tradimento verso l'Imperatore ed è così costretto a un pericoloso doppio gioco per salvare il prestigio di Wudang e sovvertire il piano dei malvagi eunuchi della corte imperiale.
Il blockbuster cinese, ancora in cerca di una sua identità e maturità, guarda al cinema di Hong Kong e alla sua irrecuperabile inventiva per trovare la retta via. Il lavoro di maquillage su classici di genere dell'ex colonia, riadattati all'era del digitale, porta Jacob Cheung - regista noto soprattutto per drammi intimisti come Cageman o Intimates - a riproporre in The White Haired Witch of the Lunar Kingdom le imprese della strega dai capelli bianchi, personaggio dei romanzi wuxia degli anni Cinquanta di Liang Yusheng e protagonista di una celebre saga cinematografica hongkonghese nei Novanta, The Bride with White Hair, interpretata da Leslie Cheung e Brigitte Lin. La versione cinese del terzo millennio riprende l'idea del film di Ronny Yu, di un Romeo e Giulietta wuxia, ma prevedibilmente ne stravolge senso ed estetica: la strega che sceglieva la via dell'Apatia per ottenere più poteri, dimenticando così di amare, è ora un'eroina libertaria che fino alla fine pone l'amore sopra ogni altra cosa.
La mutazione e le sue conseguenze sono relegate ai minuti finali, in una distribuzione temporale degli avvenimenti che sembra suggerire un epilogo anticipato per ragioni extra-cinematografiche. Tuttavia Fan Bingbing e Huang Xiaoming, pur bellissimi, non offuscano neanche per un attimo il ricordo degli illustri e fascinosi predecessori, divi anziché semplici modelli prestati al cinema. E non aiuta il blue screen predominante, sotto la consulenza artistica di Tsui Hark: i notevoli effetti digitali, a base di voli in stile La tigre e il dragone, occultano la fisicità di duelli che paiono sempre interrompersi sul più bello. Tra le note più interessanti l'insistenza dello script sul tema dell'infiltrato, topos emblematico del cinema di Hong Kong - anche molto prima di Infernal Affairs - qui ripreso in vari frangenti da Cheung, con Yihang alle prese con un complicatissimo doppio gioco e il Capitano Murong costantemente in incognito, per divenire poi vero deus ex machina della vicenda. Ma la sensazione generale è quella di un godibile spettacolo dalla natura effimera, dove The Bride with White Hair, nonostante il budget ridotto e le sue ingenuità, sarà proiettato ancora nei decenni a venire.