Titolo originale | Zamatovi teroristi |
Anno | 2013 |
Genere | Documentario |
Produzione | Slovacchia, Croazia, Repubblica ceca |
Durata | 87 minuti |
Regia di | Péter Kerekes, Ivan Ostrochovský, Pavol Pekarcik |
Attori | Lenka Rzepková . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 febbraio 2017
Tre storie e tre registi per raccontare il tentativo di sentirsi eroi.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel 1984, Stano progettò di far saltare una tribuna allestita per la parata del giorno dei lavoratori, nella Cecoslovacchia del periodo della "normalizzazione". Venne incarcerato per cinque anni, in una cella di due metri per quattro. Oggi ha l'hobby della pesca, alcuni amici, una ragazza bionda conosciuta grazie ad un sito internet. Anche Fero è stato arrestato per terrorismo nel 1984: si è fatto 14 anni per aver inviato un pacchetto esplosivo ad un ufficio del governo. Non era solo, lottava contro il regime insieme a due complici e alla fidanzata di allora, Jarmila. Il loro proposito era quello di assassinare il presidente Husak. Oggi lo racconta alla moglie e ai figli. È una storia avventurosa, di esplosioni e finte lune di miele in Croazia. E poi c'è Vladimir, arrabbiato, impenitente, arrestato quattro volte. La sua è una vita solitaria, il prezzo da pagare per potersi esporre senza mettere in pericolo altri. È questo che oggi insegna ad una ragazza arrabbiata e scontenta com'era lui, anche se per Vladimir le ingiustizie del presente non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle perpetrate dallo Stato comunista negli anni '70 e '80.
Un trio di registi per un trittico che esplora tre toni diversi, quasi tre generi cinematografici. Il primo racconto si direbbe neorealista, non fosse per il kitsch di certi ambienti, che insinua una nota grottesca. Il "film" di Fero è una spy-story, ma la commedia è dietro l'angolo, lo sottolinea anche la musica. Con Vladimir e la sua pupilla siamo quasi nel giallo alla svedese. È una varietà che movimenta positivamente il documentario e che pone una distanza critica onesta tra i drammi del passato e un relativo lieto fine.
A scorrere le note di regia si viene a sapere che ci sono anche tre intenzioni diverse alla base delle riprese: Pavol Pekarík voleva raccontare le gesta di un manipolo di eroi solitari, coraggiosi che sono emersi, con le azioni, al di sopra della moltitudine grigia, per il futuro di quella stessa moltitudine. Peter Kerekes voleva capire come vivessero oggi, nella cosiddetta democrazia, gli ex terroristi, gente che aveva fatto il carcere per aver sognato a tutti i costi questo mondo. Ivan Ostrochovský, infine, voleva fare un film sull'amore e, in piccola parte, anche lui ci è riuscito.
C'è tutto questo, infatti, e anche qualcosa di più in Velvet Terrorists, qualcosa che viene dalla carica di umanità dei ritratti e dal confronto inevitabile tra quei terrorismi e quelli di oggi. Il grigio che i protagonisti del film vedevano fuori, è entrato loro dentro, in parte, per forza. Ma è bello poter guardare indietro, insieme a loro, dalla poltrona di casa anziché da una cella di due metri per quattro.