Titolo originale | Sebunsu kôdo |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 70 minuti |
Regia di | Kiyoshi Kurosawa |
Attori | Atsuko Maeda, Ryohei Suzuk, Aissy, Hiroshi Yamamoto, Ryôhei Suzuki (II) Hiroshi Yamamoto (III). |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento venerdì 20 dicembre 2013
Akiko si reca nella cittadina russa di Vladivostok per incontrare Matsunaga, ma finisce in brutti guai. Il film è stato premiato a Roma Film Festival,
CONSIGLIATO NÌ
|
È per inseguire e trovare l'imprenditore chiamato Matsunaga che Akiko è partita dal Giappone e arrivata a Vladivostok. I due hanno passato una serata insieme e la ragazza ha capito che doveva rivederlo. Matsunaga non è però molto contento, a Vladivostok ha degli affari da sbrigare e non molto puliti, dunque non ci mette molto a scaricarla. Determinata a ritrovarlo Akiko per sopravvivere comincia a lavorare in un ristorante giapponese.
È un'operetta piccola e straniante questo film di Kiyoshi Kurosawa girato a Vladivostok, lontanissimo dalle atmosfere nipponiche e immerso nel peggio della città, nelle macerie: nei localetti, nei retrobottega e negli appartamenti vuoti. C'è un evidente senso di fascinazione per il rimosso di questa città, per le zone meno percorse dai suoi stessi abitanti, posti che il regista vuole percorrere prima ancora che farlo fare ai suoi attori. Nei soli 60 minuti del film infatti i personaggi corrono e si spostano di continuo, attraversando di fatto scenari diversi, dotati di un realismo e una casualità evidenti. Tutto per raccontare la ricerca spasmodica della protagonista.
È proprio questo motore, cioè questo spunto narrativo di un personaggio in cerca di un altro per un attaccamento apparentemente immotivato (se non da un insano colpo di fulmine), a svelare la natura reale di Seventh code, ovvero più un veicolo per Atsuko Maeda che altro.
L'attrice è uno degli idoli pop più noti del Giappone, parte del più numeroso gruppo musicale del mondo (le AKB48) e dotata anche di una carriera solista. È su di lei che Kurosawa concepisce un film che la prevede in quasi tutte le inquadrature, che la guarda correre, mangiare, pulire ed essere anche trasportata in un sacco di iuta nel retro di un'auto con la medesima determinazione e il medesimo piglio instancabile.
Eletta a simbolo della tenacia femminile (in un film che nel finale svolta all'improvviso svelando una doppia natura, un doppio genere cinematografico di riferimento), Atsuko Maeda non è tuttavia sufficiente ad animare un film che sotto ogni altro punto di vista pare tirare i remi in barca. Il suo fisico esile e il suo instancabile muoversi con calma non bastano nè appaiono così calamitanti da sostenere tutto.
Dimesso come raramente era capitato e incapace di far esplodere, come suo solito, i sentimenti tutti insieme, in clamorosi momenti rivelatori, Kurosawa appare al minimo della sua forma.