Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Canada |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Marie-Hélène Cousineau, Madeline Ivalu |
Attori | Marianne Farley, Lukasi Forrest, Travis Kunnuk, Madeline Ivalu, Peter Henry Arnatsiaq, Carol Kunnuk, Pakak Innuksuk . |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 5 novembre 2013
Anna porta il figlio Tomas nella piccola comunità di Igloolik per far sì che conosca la cultura del padre, originario di quei posti.
CONSIGLIATO NÌ
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Anna ha deciso di portare suo figlio Tomas là dove è nato e cresciuto e dove è tragicamente scomparso suo padre, nella parte artica del Canada, in un villaggio di pescatori di una particolare etnia cui egli apparteneva. Lì trova un fratellastro, zii e nonni anche se non tutti sono in buoni rapporti con il suo ramo della famiglia e anzi, nonostante dopo un'iniziale ritrosia Tomas si scioglie e prende confidenza con le sue origini, sembra che un'ombra di mistero incomba sulla morte del padre.
Dalla grande città ai grandi spazi, Uvanga si nutre di sole di mezzanotte, vastità e contatto con il nulla. Le registe Marie-Hélène Cousineau e Madeline Piujuq Ivalu (una delle due nativa di quei luoghi) riescono a costruire il senso ultimo del contatto con il selvaggio e le abitazioni immerse nella natura, viste dal punto di vista di chi non è abituato a tutto questo. In un film in cui il viaggio dei personaggi è quello verso la scoperta delle proprie origini e la riappropriazione di una vita a contatto con l'ambiente che il 50% del suo DNA dovrebbe riconoscere come naturale, ogni tramonto, squoiamento, immersione nelle sabbie mobili e sguardo sul paesaggio sembra fondamentale.
Non c'è però una corrispondenza diretta tra amore profuso dalle due cineaste per la parte artica del Canada ed effettiva capacità di mettere in relazione personaggi e paesaggi. L'alieno che viene dalla civiltà, il ragazzo che deve scoprire assieme ai parenti che non conosce anche la parte di se stesso che ignora, pare non condividere il medesimo entusiasmo degli autori (nè all'inizio quando è un pesce fuor d'acqua nè alla fine del film). C'è insomma una sostanziale distanza tra quel che il film vorrebbe rappresentare e ciò che riesce a fare.
Non giova poi al film il voler usare uno scheletro narrativo abbastanza noto e prevedibile. Uvanga nel suo svolgersi con programmatica prevedibilità risulta ancor meno capace di portare uno sguardo diverso su luoghi differenti, ancor meno in grado di sfruttare lo scenario naturale che mette sempre in primo piano per muoversi in maniera sorprendente.