Titolo originale | Tabun Mahabuda |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Gran Bretagna, Cina |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Emyr ap Richard, Darhad Erdenibulag |
Attori | Huntun Batu, Hasjula, Altangerel, Haitang, Bai Quanxi, Sechenbilig Undurakh, Guo Zhiqiang. |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 3 dicembre 2012
I registi Emyr ap Richard e Darhad Erdenibulag raccontano la storia di uno stuntman con rigore e intensità, secondo la lezione del taiwanese Tsai Mingliang. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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X è uno stuntman che sogna un ruolo da protagonista, Y è un’attrice che ha deciso di lasciare Ulan Bator, capitale della Mongolia, per trasferirsi in Giappone in una comune di artisti. X e Y fanno l’amore per l’ultima volta e spendono le loro ultime ore in un albergo anonimo dentro un letto sfatto e una televisione sempre accesa. Y propone a X di fare l’audizione per il film a cui sta lavorando, X accetta, fa il colloquio e ottiene la parte. Tra un appartamento da lasciare e uno da trovare, X si confronterà col suo ruolo e col mestiere dell’attore.
La Mongolia è il più grande stato del mondo privo di un accesso al mare. Forse per questo un pesce si sogna uomo in un soggetto cinematografico letto (riletto e ridetto a memoria) dalla protagonista di The First Aggregate. Quello stesso pesce, senza più l’intenzione del nuoto, affogherà ‘in cattività’ e in un giardino allagato. Pesci fuor d’acqua, a cui il desiderio di essere altro da sé ha tolto il senso del sé, sono pure X e Y che cercano casa e ruolo a Ulan Bator, anima e capitale disorientata della Mongolia. In quella sorta di meteorite occidentale precipitata al centro dell’Asia, si muovono, vivono, dormono e recitano i protagonisti ripresi su livelli di esistenza paralleli e intangibili: spazi di vita, d’amore, di fuga, di solitudine. Sospesi tra passato e ansie moderne, dal 2000 la Mongolia ha sopportato forti cambiamenti sociali, i protagonisti di The First Aggregate provano a ricostituire un’identità personale interpretando (al cinema) un cavaliere mongolo e la cultura del viaggio, e vivendo un reale territoriale. Emyr ap Richard (inglese) e Darhard Erdenibulag (mongolo) realizzano un film e lo reincarnano nella materia viscosa di cui è fatto, mentre il loro sguardo materializza il vuoto del tempo e l’attesa dello spazio. Tempo e spazio impegnati a perdersi di vista per poi ritrovarsi a ‘occupare’, nel modo di uno spirito incarnato che dimentica la sua natura fatasmatica, i corpi dei vaghi personaggi che lo attraversano. Ferito sul lavoro e colpito da un trauma sociale (il nomadismo sceso in città e la transizione dal socialismo al sistema liberal-capitalistico), X cambia senza sosta casa, muovendosi orizzontalmente per la città e senza trovare mai il coraggio di Y e della verticalizzazione. Se Y partirà alla volta del Giappone, X resterà nella capitale a confrontarsi con la sua professione e con la nostalgia di un piacere fusionale perduto con la Tradizione. I suoi fantasmi inconsci prendono allora la natura di corpo, producendo un uomo e una donna in movimento dentro un tempo parallelo all’esistere. The First Aggregate mette così in scena quattro personaggi in cerca di attori e di autori, dissonanze sul fuso orario che ognuno di noi ha dentro, ombre che non smuovono neanche l’aria ma s’insinuano negli interstizi della vita. Huntun Batu, attore che interpreta un attore, si fa carico della destabilizzazione e dello smarrimento di una professione, di una città e di una cultura. Un volto, il suo, colto in un’espressione fissa che non contiene la sua interpretazione, il suo significato, piuttosto la disposizione a farsi interpretare, a farsi definire, a farsi possedere (appunto) da uno spirito o da un pesce. Rasata la barba nell’epilogo, X raggiunge il grado zero di significazione, in attesa del prossimo ruolo e dell’attribuzione di un (nuovo) senso e di un (nuovo) sentimento.