Titolo originale | Centro histórico |
Anno | 2012 |
Genere | Sperimentale |
Produzione | Portogallo |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Aki Kaurismäki, Pedro Costa (II), Víctor Erice, Manoel de Oliveira |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 9 novembre 2012
Aki Kaurismaki, Pedro Costa, Victor Erice e Manoel De Oliveira dirigono quattro diversi cortometraggi nell'ambito dei progetti sviluppati per l'evento "Guimarães 2012 - Capitale Europea della Cultura".
CONSIGLIATO SÌ
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Capitale europea della cultura 2012, la città portoghese di Guimarães è celebrata da quattro episodi diretti da altrettanti cineasti: in Uomo taverna, il finlandese Kaurismäki racconta di un oste, nel vecchio centro della città, che tira avanti tra generosi bicchieri di vino e solitudine; in Dolce esorcista, il portoghese Costa segue un vecchio a colloquio col suo doloroso passato di reduce; in Finestre rotte - Prove per un film in Portogallo, lo spagnolo Erice affronta il tema del lavoro attraverso le testimonianze degli ex operai di quella che è stata la più grande industria tessile d'Europa; in Il conquistatore conquistato, il portoghese De Oliveira mostra una flotta di turisti, con a capo una guida, fare visita alla statua di Alfonso Henriques, primo re del Portogallo.
Nonostante la cornice comune, Centro Histórico vive di una straordinaria varietà espressiva, fatta di sguardi malinconici e tragici, quieti e sospesi, perfettamente in grado di dimostrare, ancora una volta, la levatura dei nomi coinvolti. Di durata differente - più estesa quella degli episodi centrali di Pedro Costa e di Victor Erice -, i quattro movimenti, difatti, restituiscono intatta la firma di autori che, pur distanti per stili e sensibilità, sono accomunati da una precisione di sguardo sotto alla quale scompare qualsiasi dissonanza. È questa una delle molte qualità di una pellicola in cui lo stralunato (e forse un po' troppo tipico) personaggio di Kaurismäki riesce a convivere con i ricordi dei lavoratori messi in scena - con la consueta e pura staticità - da Erice fino al sorriso della chiusura di De Oliveira.
Paradossalmente unitario nelle variazioni e nei cambiamenti di tempo, Centro Histórico ha il suo cuore pulsante nel fosco segmento di Pedro Costa, illustratore radicale che trasforma le pareti metalliche di un ascensore in una scenografia tombale in cui i dolori mai sopiti del vecchio Ventura si manifestano in tutto il loro peso. In maniera differente, anche Victor Erice, autore appartato ed essenziale come pochi altri, lavora sull'importanza del ricordo, riattivandolo anche attraverso una grande foto, posta alle spalle degli ex operai che parlano guardando in macchina, in cui sono ritratti volti e vite vissute, fatiche, sacrifici e rare gioie. Con l'eccezione dell'ilare e conciliato De Oliveira, questo film su un passato ancora presente ritrae un'umanità ultima e dimenticata che può risultare indigesta a chi ha una certa idea di cinema (e di mondo).