Anno | 2012 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Regia di | Adolfo Conti |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 8 settembre 2012
Il film rilegge alcune pagine del diario scritto da Valerio Zurlini, poco prima della propria scomparsa, Gli Anni delle Immagini Perdute.
CONSIGLIATO SÌ
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Scomparso poche settimane dopo aver partecipato come giurato alla cinquantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, nel 1982, Valerio Zurlini è uno dei grandi registi della stagione più fortunata del cinema italiano, anche se il meno prolifico, ha infatti diretto solo otto pellicole.
Gli ultimi mesi di vita, il cineasta li dedica alla scrittura del proprio testamento spirituale, uscito postumo, "Gli Anni delle Immagini Perdute", un atto d'amore per il cinema, in cui formula il proprio "j'accuse" contro la sordità del mondo produttivo cinematografico. Firmato da Adolfo Conti, classe 1962, Gli anni delle immagini perdute prende spunto dalle pagine di quel testo, per ripercorrere le tappe salienti del percorso umano e artistico di una figura schiva e di talento, inspiegabilmente messa ai margini.
La costruzione del film segue la struttura diaristica, in voce off la lettura del testo si alterna a testimonianze di personalità del cinema italiano e non solo, da collaboratori a registi, e, ancora, ai film di Valerio Zurlini. Sullo schermo le immagini dei suoi lungometraggi, da Estate violenta a La ragazza con la valigia, da Cronaca familiare a La prima notte di quiete - ritratti di un'Italia che cambia - si intrecciano con le trame di quelle "immagini perdute", quei progetti cinematografici, preparati, scritti e mai realizzati dall'autore. Il film ha inizio con la presentazione dei giurati veneziani del 1982, per tornare a ritroso ai luoghi amati da Zurlini e alle sue "cose", le sceneggiature, i trattamenti, i manoscritti, ai volti che ne hanno seguito da vicino il processo creativo.
Ne emerge un ritratto sincero, efficace, ma volutamente "incompleto", come ha dichiarato il regista: "Ho pensato che non dovevo fare un film per spettatori bulimici. E' bello lasciare in chi guarda il desiderio di guardare ancora".