Anno | 2014 |
Genere | Drammatico, Fantastico, Sentimentale |
Produzione | Francia |
Durata | 127 minuti |
Regia di | Pascale Ferran |
Attori | Josh Charles, Radha Mitchell, Mathieu Amalric, Clark Johnson, Anaïs Demoustier Roschdy Zem, Geoffrey Cantor, Hippolyte Girardot, Philippe Duclos, Genevieve Adams, Erin Elizabeth Burns, Anne Azoulay, Bertrand Constant, Sharon Mann, Akéla Sari, Peter Bonke. |
MYmonetro | 2,97 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 22 maggio 2014
La storia di due stranieri che cercano di dare un senso alla propria vita. Il film ha ottenuto 2 candidature a Cesar, Al Box Office Usa Bird People ha incassato 14,2 mila dollari .
CONSIGLIATO SÌ
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Gary Newman è un ingegnere informatico in viaggio di affari. Atterrato dagli States all’aeroporto Charles De Gaulle, alloggia all’Hilton in attesa di una riunione a Parigi e della partenza per Dubai. Afflitto dal jet lag e da una vita professionale estenuante, decide di staccare la spina e di ritirarsi da tutto e da tutti. Assediato dai superiori e dalla consorte, che cercano di capire le ragioni di quella crisi profonda, Gary fuma sigarette e cerca risposte frontali per mettere a tacere i rimproveri di chi proprio non riesce a capire, a capirlo. Del suo malessere si accorgono il concierge dell’albergo e Audrey, una studentessa universitaria indecisa sul futuro, che finanzia col lavoro di cameriera. Riordinata la camera di Gary, Audrey scopre che l’uomo non ha mai preso l’aereo per Dubai ed è ‘disfatto’ come il letto che ogni giorno gli riassetta. Un episodio prodigioso cambierà il suo destino e incrocerà quello di Gary.
Quarto lungometraggio di Pascale Ferran, Bird People è un film ambizioso che come Icaro sogna letteralmente di volare. Cronaca di vite in transito, che deflagrano dentro il comfort asettico di un hotel, Bird People mantiene quello che promette fin dal titolo, narrando di pendolari del cielo che vorrebbero atterrare e di pendolari urbani che vorrebbero volare via. Precipitato nel reale e agito in non-luoghi (stazioni, aeroporti, hotel, vagoni, hall e camere d’albergo), il film della Ferran trasforma la realtà personale di Gary e di Audrey in realtà condivisa. Niente all’inizio sembra predestinare i protagonisti a incontrarsi, lui non vuole più recitare il gioco della vita, lei non sa ancora quale gioco vorrebbe giocare, ma il disegno geometrico della Ferran finisce per emergere i due personaggi, isolandoli da una moltitudine di persone e traiettorie. La via che li incrocia ha qualcosa di prodigioso e trascendente, che vince la geometria euclidea e offre allo spettatore un’esperienza inedita di movimento, panico e meraviglia. Sulle note e la voce di David Bowie (“Space Oddity”), Audrey trasfigura la sua vita e conquista le ali di un passero, trasformando un film a tesi in puro respiro. Perché in apertura, prima delle scelte e dei nuovi imperativi che liberano il volo, la regista denuncia le incessanti sollecitazioni della vita moderna, che dagli inizi degli anni Novanta hanno prodotto ansia, solitudine e mancanza totale con l’altro e con la realtà. E della crisi che vivono le persone, dell’essere “eremiti di massa”, uomini senza un mondo, ci parla la regista francese avviando il film dentro un vagone della RER, la linea di treni che conduce all’aeroporto di Parigi, dove un infinito numero di persone, separate le une dalle altre e chiuse nel loro guscio, comunicano solo con se stesse, perfezionando la loro omologazione. L’andamento solipsistico del film trova lo scarto nella decisione di Gary e nella metamorfosi di Audrey, che invocano il diritto all’individualità e a fare di nuovo esperienza del mondo. Un mondo che secondo la Ferran l’uomo non abita più e non consuma più se non in forma di immagine. Voyeurs condannati all’afasia, i personaggi del film sono spettatori che decidono di farsi attori, di partecipare finalmente alla vita, di prenderne parte, di percorrerla o addirittura sorvolarla. Nel tempo di un battito d’ali, Audrey annulla la sua condizione di monade senza porte e finestre sull’altro, spinta finalmente a entrare in quelle camere osservate nel buio del suo appartamento. Audrey si solleva, si cala e si espande nella realtà, sperimentando la vertigine, l’accoglienza e la pratica di andare a piedi. A piedi nudi nel mondo e finalmente esposta al mondo. Essere impressionabile e non più digitale.
Gary e Audrey frequentano lo stesso hotel parigino vicino al 'Charles De Gaulle'. Il primo è un uomo d'affari americano in crisi di identità che ha deciso di mollare lavoro e famiglia via Skype e restarsene in Europa, la seconda una ragazza di provincia che si mantiene agli studi facendo la cameriera. Le loro strade si incroceranno lungo un percorso dove realtà e [...] Vai alla recensione »