Titolo originale | Have No Fear: The Life of Pope John Paul II |
Anno | 2005 |
Genere | Biografico |
Produzione | USA, Lituania |
Regia di | Jeff Bleckner |
Attori | Thomas Kretschmann, Joaquim de Almeida, Sabrina Jàvor, Bruno Ganz . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 22 ottobre 2018
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CONSIGLIATO SÌ
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Karol Wojtyla viene seguito dall'infanzia, in cui perde precocemente la madre, fino agli studi, alla vocazione sacerdotale e all'ascesa al soglio pontificio.
Jeff Bleckner, solido regista televisivo aveva nel 1998 'osato' dirigere il remake televisivo dell'hitchokiano Rear Window con un attore realmente paralizzato, il Superman Christopher Reeve. Era quindi uno dei pochissimi registi a cui si potesse chiedere di osare nuovamente portato sul piccolo schermo una biografia che, al di là del titolo ispirato a una famosa esortazione papale, non fosse un'agiografia tradotta in immagini. Bleckner ha ben chiaro l'obiettivo (rispettare l'eccezionalità dell'uomo senza per questo incensarlo ad ogni passo) e lo dichiara sin dall'inizio. Giovanni Paolo II è a Gerusalemme dinanzi al Muro del Pianto nel momento in cui chiede perdono per tutte le colpe della Chiesa e dalla Grotta della Deposizione prende il via la riflessione in flashback sulla sua vita. Così lo spettatore non necessariamente attento alle biografie dei pontefici apprende degli importanti lutti familiari che segnano profondamente l'infanzia e la gioventù di Karol Così come viene a conoscenza di un possibile amore per una compagna di teatro ebrea nonché del desiderio, una volta divenuto sacerdote, di ritirarsi in monastero dopo aver conosciuto la realtà della Curia romana. Mentre risulta chiara la sua avversione al nazismo gli verrà rimproverata (da un sempre versatile Bruno Ganz nei panni del cardinale Wyszynszki) una passività nei confronti del regime comunista che progressivamente muterà di segno. Due sono i confronti che configurano la progettualità di questo tv movie. Il primo in ordine cronologico è quello con il Cardinal Romero che gli espone la drammatica situazione della Chiesa nell'America Latina e a cui il papa replica con un rigido richiamo all'obbedienza di cui la sceneggiatura gli fa chiedere perdono come peccato d'orgoglio. Il secondo è quello con il generale Jaruzelski dopo la dichiarazione della legge marziale. A un Wojtyla pronto alla denuncia rigorosa il generale oppone il proprio passato di deportato in Siberia e la decisione presa come ultimo presidio contro l'occupazione della Polonia da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Quello che viene portato sullo schermo non è un Santo ma un uomo capace di guardare nel profondo dell'animo altrui ma anche del proprio e così lucido, nonostante l'incombere della malattia, dall'esortare i cardinali dell'Est a diffidare dell'abbandono fiducioso tra le braccia di un altro grande tentatore: il capitalismo liberista finto fautore di democrazia.