Titolo originale | Alice in den Stadten |
Anno | 1973 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Wim Wenders |
Attori | Rudiger Vogler, Yella Rottlander, Lisa Kreuzer, Edda Köchl, Ernest Boehm, Sam Presti Lois Moran, Didi Petrikat, Hans Hirschmuller, Sibylle Baier, Chuck Berry, Wim Wenders. |
Tag | Da vedere 1973 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,04 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 24 settembre 2015
Felix è un giovane giornalista e fotografo tedesco che, deluso dall'America, decide di tornare in Germania. All'aeroporto una donna lo prega di portare con sé sua figlia di nove anni in Olanda: lei li raggiungerà il giorno dopo. In Italia al Box Office Alice nelle città ha incassato 526 .
CONSIGLIATO SÌ
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Felix è un giovane giornalista e fotografo tedesco che, deluso dall'America, decide di tornare in Germania. All'aeroporto una donna lo prega di portare con sé sua figlia di nove anni in Olanda: lei li raggiungerà il giorno dopo. Felix e Alice arrivano ad Amsterdam, ma la madre della bambina non si fa viva e allora partono alla sua ricerca. Prima di trovarla, Felix e Alice stringono un profondo rapporto di amicizia portatore di fiducia nella vita.
Alice nelle città è il primo capitolo della trilogia della strada di Wenders: gli altri due sono Falso movimento e Nel corso del tempo. Nei tre film il viaggio è visto come movimento nello spazio, nel tempo, nell’animo, cambiamento, ricerca d’identità. All’inizio, Felix è negli Usa, solo, immobile, chiuso nello spazio dell’Io. Cerca l’ispirazione, una storia da raccontare. Il confronto con gli Usa provoca la crisi: Felix non riesce a descrivere una realtà fatta di alienazione e monotona iterazione. Vede così il proprio vuoto interiore: l’estraneità rispetto alla civiltà statunitense corrisponde all’estraneità a se stesso. Si ha la frattura tra l’Io e il mondo, tra l’Io e se stesso. Tale frattura coinvolge il linguaggio verbale. Emerge l’insufficienza della parola. Felix passa allora dalla scrittura alla fotografia, abbandona la mediazione soggettiva della parola e si affida alla immediatezza automatica della foto. Vuole fermare l’istante per avere prova del proprio esistere. Ma la fotografia evidenzia la frattura tra Io e mondo: fermando il tempo, interrompe il movimento vitale della realtà. Tutto cambia con l’arrivo di Alice. Alice è l’infanzia, e l’infanzia è vitalità, gioco, sogno, creatività, fantasia, desiderio di esperienza e conoscenza, è uno sguardo puro, fenomenologico, attento all’evidenza materiale delle cose. Alice è per Felix lo sguardo altrui che garantisce la nostra identità, è l’Altro che testimonia l’esistenza dell’Io. L’infanzia (Alice) è ciò che l’età adulta (Felix) ha perduto. Per Felix e Alice la debolezza più grande è la paura della solitudine e dello smarrimento: la bambina cerca una compagnia, una protezione, una guida. Felix, uomo solo, senza figli, incontra Alice, bambina sola, senza padre. I due iniziano un viaggio in Germania alla ricerca della casa della nonna, della sicurezza. Con Alice, Felix torna alla patria, al passato, alle radici. Tra i due si ha l’apertura dello spazio della relazione, del Noi. Attraverso Alice, Felix acquisisce un nuovo sguardo, trova la prova e il senso della propria identità, supera la crisi. Il finale, con il viaggio di Alice e Felix verso Monaco, apre al movimento della vita che fluisce oltre il film.
ALICE NELLE CITTÀ disponibile in DVD o BluRay |
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Un uomo alla ricerca di se stesso viaggia per tutta l'america scattando fotofrafie ,ma quando conosce una donna e sua figlia di nome alice ,sara' incuriosito e quando per alcune circostanze dovra' viaggiare solo con alice alla ricerca della madre forse capira' davvero il senso del viaggio ,ovvero quello di viverlo e non quello di documentarlo scattando foto e provando quindi la sua [...] Vai alla recensione »
Sono andato a vedere questo film, mai visto prima, in un piccolo cineclub della mia città. E ci sono andato con le più alte aspettative. Tuttavia, dopo nemmeno 40 minuti, ho cominciato a compulsare l'orologio. Dopo 50 minuti, alla decima consultazione dell'orologio, meditavo di uscire, ma il posto è molto piccolo, mi conoscono, mi sarei vergognato un po'.
Strade d’America, una macchina, una polaroid, istantanee di un paesaggio che inevitabilmente parla della solitudine e dello sguardo interrogativo di chi lo attraversa. Immagini incrociate con freddezza, quasi a mimare e riprodurre in maniera ossessiva, il disagio e lo spaesamento indotti dai differenti piani dello spazio ai quali l’osservatore si affaccia; una spiaggia e la monotonia del [...] Vai alla recensione »