Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Spagna |
Regia di | Álex De la Iglesia |
Attori | Salma Hayek, Santiago Segura, Carolina Bang, Blanca Portillo, Nacho Vigalondo Nerea Camacho, Guillermo Toledo, Javier Gutiérrez, Fernando Tejero, Juanjo Puigcorbé, Javier Botet. |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | 3,19 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 gennaio 2013
Il regista Álex De la Iglesia sceglie la caliente Salma Hayek come protagonista de La chispa de la vida.
CONSIGLIATO SÌ
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Roberto non lavora da ormai qualche anno e la crisi economica comincia a farsi sentire. Nonostante una famiglia e una moglie amorevole, il suo senso d'insoddisfazione arriva al culmine quando anche l'amico di vecchia data (assieme al quale aveva partorito il fortunato slogan per una campagna pubblicitaria) rifiuta di dargli un impiego. Depresso torna sui luoghi della luna di miele dove ora sorge un museo che viene inaugurato proprio in quel momento. Un incidente lo fa cadere su una grata di ferro e uno spuntone di metallo gli si conficca nel cranio, ma non lo uccide. In un limbo tra la vita e la morte (che potrebbe arrivare in qualsiasi momento e per qualsiasi movimento) Roberto diventa l'attrazione mediatica per antonomasia, pronto a morire in diretta ma soprattutto a sfruttare più che può a proprio vantaggio (economico) tutto l'accaduto.
La morale oltre la religione. Quando Álex De la Iglesia inquadra il suo protagonista, Jose Mota, bloccato su una grata di ferro, braccia larghe e gambe semi contratte, come il crocefisso, non lo fa per analogia ma per superare l'idea di sacrificio per gli altri.
Nella modernità l'unico sacrificio possibile è quello della dignità e passa per la vendita del proprio corpo ai media. Non vuole sentire ragioni Roberto, conta solo fare soldi e farli ora che l'attenzione è catalizzata, così da dare alla famiglia qualcosa di cui essere fieri dopo le molte umiliazioni. Poco importa cosa pensi davvero la famiglia stessa e quanto possa essere fiera di tutto ciò.
La retorica dei media sfruttatori di disgrazie è abbastanza abusata e nota (almeno da L'asso nella manica in poi), eppure la forza di Alex De la Iglesia (autore tra i più neri nel circolo dei commedianti), come sempre è quella di non salvare nessuno. Non si salva la moglie premurosa (che ha sempre spronato il marito a fare finta di niente, sorridere e sminuire i problemi invece che affrontarli per quello che sono), non si salva la politica, gli amici, la cultura (indifferente davanti a tutto) e infine non si salva la gente. Per il regista spagnolo anche in questo film le persone, non prese singolarmente ma nel loro complesso, sono il peggior personaggio possibile, il più cinico, bastardo e negativo. E questo è divertentissimo.
Con un anelito di speranza finale che cozza contro la tragicità della conclusione, De la Iglesia conferma che anche quando non viaggia sui binari dell'epica umoristica con ambizioni altissime (spesso merito dello sceneggiatore, una volta inseparabile, Jorge Guerricaechevarria), riesce lo stesso a mantenersi fedele ad uno stile e un punto di vista sull'umanità che al cinismo affiancano il senso di responsabilità di non fare sconti a nessuno.