Titolo originale | Hanezu No Tsuki |
Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Naomi Kawase |
Attori | Tôta Komizu, Hako Ohshima, Norio Nishikawa . |
MYmonetro | 2,78 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 29 settembre 2011
Il film della regista Naomi Kawase ha partecipato, in Concorso, al Festival di Cannes 2011 e al Busan International Film Fest 2011.
CONSIGLIATO SÌ
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Un uomo che non parla che di cibo e non si accorge della distanza siderale che si è creata tra lui e sua moglie e un altro uomo che parla poco e cucina il cibo con vero amore, ma la sua vita è contemplativa, fatta di attese, come quella degli uomini che abitavano la regione di Asuka nei tempi antichi. La donna, sposata al primo, ama il secondo ma non è in grado di capire il suo attendere; la vita moderna l'ha cambiata.
Naomi Kawase dedica il suo nono lungometraggio, Hanezu, alla regione di Asuka, considerata la culla della cultura giapponese. In essa si trova infatti il più antico tempio di legno del Giappone, nella provincia di Nara, dove gli amanti del film si danno appuntamento e dove la regista è cresciuta, immersa in una natura praticamente incontaminata. Il titolo è già un simbolo e si riferisce a una qualità di rosso, associata al potere, alla gloria e al sangue ma anche portato a stingere facilmente e dunque effimero.
Il suo è un cinema intimo e privato, che l'Europa accoglie con più favore del Giappone (l'hanno premiata Rotterdam, Locarno e Cannes) e al contempo è un cinema modesto, in cui l'ego non è mai sfruttato per volontà di protagonismo. Come in altri suoi lavori, i personaggi principali di questo film, Takumi e Kayoko, cercano loro stessi negli altri. Entrambi si sentono dire che assomigliano sempre di più ai loro nonni, ma noi sappiamo che la loro doppia visita ai genitori parla anche più direttamente, perché c'è un figlio in arrivo. Poi la loro storia continua in età diverse, fondendosi con le tante anime che hanno abitato lì. Perché più delle fotografie degli album di famiglia, più dei ricordi dei parenti, la storia di Takumi e Kayoko e la loro identità sono scritte nella memoria dei luoghi, nel triangolo composto dalle tre montagne basse della regione, il monte Unebi, il monte Miminashi e il monte Kagu, un tempo abitati dagli dei. Echi ancestrali e invisibili ma anche terreni e naturalissimi, cui la regista dà voce con sussurri poetici e una regia lieve e accurata. Un film non facile, arcano, che vale la visione.