Anno | 2011 |
Genere | Documentario |
Produzione | Svizzera |
Durata | 79 minuti |
Regia di | Lorenzo Buccella, Vito Robbiani |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 23 febbraio 2011
CONSIGLIATO SÌ
|
Due giornalisti e cineasti svizzeri, Lorenzo Buccella e Vito Robbiani che ben conoscono l'Italia hanno un'idea semplice che, come accade alle idee semplici e proprio perché tali efficaci, si rivela vincente e disarmante allo stesso tempo. Decidono di percorrere l'Italia, telecamera digitale alla mano, da Nord a Sud fermando bambine, ragazze, giovani e donne dicendo loro un solo cognome: Berlusconi. Il viaggio parte da Arcore e tocca le tappe di Milano, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Porto Rotondo. Da Villa San Martino a Villa Certosa passando per Palazzo Grazioli ma senza fare di questi luoghi il centro di ammiccamenti a una parte del pubblico scelta a priori. Buccella e Robbiani ci propongono in circa 80 minuti di dichiarazioni ciò che pensano 101 appartenenti al sesso femminile dell'uomo, del padre, dell'imprenditore, del politico, del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
C'era bisogno di un'idea come questa per liberarsi, almeno per la durata della visione, dal pre-giudizio che accompagna qualsivoglia servizio televisivo, articolo, intervento, dichiarazione sul tema da ormai più di tre lustri. In un Paese che ha fatto della dietrologia uno degli esercizi più praticati in assoluto la prima domanda che ci si pone, anche inconsciamente, dinanzi all'argomento Berlusconi è: da che parte sta, quali interessi ha chi si sta esprimendo? Chi li conosce sa quale sia la posizione dei due autori ma questa non traspare per nulla da questa loro opera nella quale 'guardano' ciò che accetta di porsi dinanzi alla loro telecamera senza tentare mai di forzarlo. Anche se in possesso di quell'arma temibilissima della comunicazione che è il montaggio i due ne fanno un uso al servizio di chi, come loro ma in questo caso in sala, guarda ed è costretto non tanto ad interrogarsi sul soggetto in questione (chissà quante volte lo avrà già fatto in privato o in pubblico) ma a fare di più. Si è costretti cioè a non chiudere gli occhi dinanzi a ciò che non si vorrebbe vedere e/o sentire o, meglio ancora, non si vorrebbe neppure che esistesse. Così chi è 'pro' si trova dinanzi a dichiarazioni forti, esplicite di rigetto nei confronti del capo del governo. Chi è 'contro' non può liquidare con un'alzata di spalle le convinte manifestazioni di stima nei suoi confronti. Ci viene, senza esplicitarlo, riproposta la fondamentale e volteriana affermazione :" "Non sono affatto d'accordo con ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché nessuno vi impedisca di dirlo" che sembra trovare sempre minore ascolto e messa in pratica a queste nostre latitudini. Sorelle d'Italia è un documentario che le televisioni nel mondo (perlomeno di quelle nazioni del pianeta che si interrogano sulla nostra attuale situazione socio-politica visto che sediamo ancora nel G8) dovrebbero acquistare perché dice più di centinaia di saggi e di articoli sull'Italia di questo inizio di millennio. Ci mette cioè di fronte a posizioni che appaiono inconciliabili ma non lo fa con l'ormai usurata formula del dibattito in cui tutti se la prendono con tutti e, soprattutto, fa parlare solo ed esclusivamente donne. Gli uomini che hanno inventato le 'quote rosa' per cercare di mettersi a posto la coscienza in materia di politica stanno fuori dall'inquadratura e dal contendere e farebbero bene ad ascoltare per cercare di capire. Almeno per una volta.