L'albero, il sindaco e la mediateca

Film 1993 | Commedia +16 105 min.

Titolo originaleL'Arbre, le maire et la médiathèque
Anno1993
GenereCommedia
ProduzioneFrancia
Durata105 minuti
Regia diEric Rohmer
AttoriPascal Greggory, Arielle Dombasle, Fabrice Luchini .
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +16
MYmonetro 3,00 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Eric Rohmer. Un film con Pascal Greggory, Arielle Dombasle, Fabrice Luchini. Titolo originale: L'Arbre, le maire et la médiathèque. Genere Commedia - Francia, 1993, durata 105 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 - MYmonetro 3,00 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Girato in 16 millimetri, di fattura semplice ma frizzante e divertente.

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Villaggio di Saint-Jure iil sindaco socialista spera di farsi eleggere ancora una volta..

Girato in 16 millimetri, di fattura semplice ma frizzante e divertente. Ci troviamo nel villaggio di Saint-Jure dove il sindaco socialista spera di farsi eleggere ancora una volta. Vuole costruire un complesso multimediale che comporterebbe l'abbattimento di un albero secolare. Il maestro del paesino è contrario e coinvolge anche la figlioletta, che umilia il sindaco. I piani falliranno anche grazie a un articolo che doveva essere pro sindaco, mentre sostiene le idee del maestro. Fabrice Luchini è il più bravo tra gli attori.

Giancarlo Zappoli
venerdì 19 settembre 2003

Prima parte
Prologo. Il maestro e direttore della scuola di Saint-Juire, un paesino di campagna della Vandea, spiega ai suoi alunni le proposizioni subordinate ipotetiche che solitamente iniziano con il "se". Tutto quello che accadrà d'ora in avanti è ripartito in sette capitoli, ognuno dei quali è preceduto da un cartello scritto con grafia infantile.
Capitolo I. "Se alla vigilia delle elezioni regionali del marzo '92, la maggioranza presidenziale non fosse diventata una minoranza In un caffè parigino si discute dell'orientamento politico della Francia. Uno dei due interlocutori è il direttore del mensile «Après Demain». Si parla anche dell'attività politica di Julien Dechaumes.
Capitolo 11. "Se Julien, dopo la sconfitta, non si fosse di colpo innamorato della scrittrice Bérénice Beaurivage Julien, sindaco di Saint-Juire, è un esponente del Partito Socialista. Separato dalla moglie, ha presso di sé in alcuni periodi dell'anno la giovane figlia Véga. Ha deciso di mostrare a Bérénice le bellezze della vita in campagna e la conduce in giro mostrandole animali, piante, campi coltivati. I due hanno così modo di illustrare le reciproche posizioni sul rapporto città/campagna. Julien discende da generazioni di proprietari terrieri ed è preoccupato per il futuro della campagna francese, secondo lui inevitabilmente destinata a impoverirsi a causa della scomparsa dell'agricoltura in favore di un'industrializzazione indiscriminata. Considerato l'incremento della telematica che consentirà il lavoro a distanza, è bene cominciare a sviluppare in campagna centri di interesse culturale che favoriscano l'afflusso degli abitanti delle città. La scrittrice ritiene che il futuro stia invece in un'immissione massiccia della Natura nell'ambito cittadino, conservando però alle città stesse tutte quelle prerogative di scambio e comunicazione sociale che la campagna non potrà mai avere. Julien non è d'accordo e le illustra un progetto di mediateca, che ha già il beneplacito ministeriale. Il complesso si comporrà di biblioteca, videoteca, discoteca, sala esposizioni, teatro e piscina. Il tutto sarà edificato nel pieno rispetto dell'ambiente.
Capitolo III. "Se il salice bianco del prato comunale non avesse miracolosamente retto alle ingiurie del tempo.. ." Il maestro Rossignol espone, davanti alla moglie e alla figlia di otto anni Zoé, le proprie idee in relazione all'edificazione della mediateca. È assolutamente contrario al progetto perché sacrificherebbe l'antico salice che si trova nel prato, perché lo ritiene del tutto sproporzionato rispetto alle esigenze del paesino e perché imporrebbe la costruzione di un parcheggio con tutti i problemi che ne seguirebbero. La figlia gli fa notare la sua abilità nell'enunciare le proprie idee, ma anche il suo sostanziale immobilismo sul piano operativo. Intanto Julien si fa accompagnare da Bérénice in una sua visita all'architetto progettista della mediateca. La scrittrice manifesta le proprie perplessità, ma non riesce a scalfire l'assoluta fiducia che il sindaco ha nel progetto.
Capitolo IV. "Se Blandine Lenoir, redattrice del mensile «Après Demain», non avesse, per errore, volendo registrare la trasmissione di France Culture, staccato la segreteria telefonica Biandine Lenoir, esperta di sociologia politica, stacca la presa della segreteria telefonica per inserirvi quella di un registratore. Per questo non può ricevere i messaggi che le giungono dal suo direttore in relazione a un appuntamento rinviato e giunge al giornale proprio mentre lui sta per ricevere il lontano cugino Julien che vuole presentargli Bérénice. Blandine è invitata a restare e si apre un dibattito che vede il redattore opporsi al paraecologismo del sindaco. Anche le due donne sono di vedute opposte: se la scrittrice non crede al catastrofismo ecologista, la giornalista ritiene che l'uomo stia privando la Natura delle misure di autodifesa di cui da sempre gode. Blandine rimane comunque colpita dal modo in cui il sindaco sostiene le proprie posizioni e propone di realizzare un servizio sul progetto. Si reca così a Saint-Juire dove intervista Julien, che espone le proprie posizioni di uomo di sinistra che ritiene, con la propria azione, di dare Continuità a un impegno per l'avanzamento della società. Prosegue sentendo il parere della tabaccaia, di un obiettore di coscienza e di tre anziani, uno dei quali è allevatore. Va poi a intervistare Rossignol che espone con enfasi la propria posizione di netto contrasto nei confronti del progetto.
Capitolo V. "Se al momento dell'andata in macchina del giornale Blandine non avesse dovuto seguire una missione dell'Unicef in Somalia Blandine, di ritorno dall'Africa, scopre che il direttore ha completamente stravolto il suo pezzo, tagliando praticamente tutto quanto si riferiva al sindaco e ponendo in rilievo il maestro.
La giornalista protesta immediatamente, mentre Julien e Bérénice rimangono spiacevolmente colpiti. Il sindaco ritiene però che il far emergere le posizioni fortemente reazionarie del maestro per contrasto rivaluti la sua posizione.
Capitolo VI. "Se Véga, la figlia del sindaco, non avesse malauguratamente tirato il pallone sul sentiero dove per caso passava Zoé, la figlia del maestro Zoé entra nel parco della villa Dechaumes e ha modo di incontrare Julien al quale parla della propria contrarietà al progetto, non a nome del padre ma a titolo personale. Il sindaco l'ascolta anche se con qualche imbarazzo.
Capitolo VII. "Se un funzionario, per abitudine o per ordini superiori, non fosse stato troppo zelante Julien incontra casualmente Blandine, che ora lavora all'Unesco e le racconta del fallimento del progetto. Il terreno è stato ritenuto cedevole da un funzionario statale e manca il denaro per i lavori di sistemazione.
Rossignol è informato dell'accaduto mentre sta insegnando ed esulta. Una festa popolare in cui si canta di un futuro più roseo conclude la vicenda.
Rohmer, che ha appena vinto il Premio della Critica al Festival di Berlino, torna nuovamente alla sperimentazione. Il regista di numerosi documentari televisivi prova a confrontarsi con la possibilità di mescolare ficti0~ e documento tornando all'amato 16 mm con una sceneggiatura che è inizialmente formata solo dalla successione delle sequenze, in attesa che, di giorno in giorno, la si sostanzi con i dialoghi. Tornano con lui in questa impresa volti noti del suo cinema. Così Pascal Greggory (il Pierre di Pauline alla spiaggia) si trova in questi nuovi panni accoppiato ad Arielle Dombasle che il personaggio di tanti anni prima desiderava senza successo. Quello che però costituisce la vera novità del film (uscito in totale sordina in Francia e a Parigi in una sola sala dove ha avuto una tenitura di sei mesi) è il divertente e, soprattutto, divertito spiazzamento che il regista opera nei confronti del pubblico dei suoi estimatori. Se letto in superficie questo è il primo film "politico" di Rohmer ed è anche il primo film in cui non ci si occupa dei rapporti che intercorrono tra i due sessi. Anche in questo caso si tratta di un gioco di velamenti e disvelamenti che sottintende, da parte di Rohmer, da un lato la coscienza di un preciso codice di identificazione che il pubblico ha elaborato in rapporto ai suoi film e, dall'altro, la voglia di sottintendere che l'elemento sentimentale sussiste anche se sepolto sotto il profluvio di considerazioni sociopolitiche. Non è un caso che in una vicenda condizionata dalle subordinate ipotetiche, il Capitolo II inizi con un «Se Julien, dopo la sconfitta, non si fosse di colpo innamorato della scrittrice Bérénice Beaurivage...».

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Giancarlo Zappoli
venerdì 19 settembre 2003

Seconda parte
Non si tratta certo dell'amore di Félicie per il suo Charles, ma questa storia tra un politico intellettuale (vestito come i nobiluomini di campagna dei film del passato) e un'intellettuale poco politica e molto "in posa" (la Dombasle sembra essere l'attrice prediletta da Rohmer per questi ruoli) è però uno degli elementi che giocano nella casualità che presiede a questa fiaba-apologo con tracce di musical. È proprio questo loro rapporto che Blandine commenta al telefono con il direttore: «Ma su, la smetta... Non si amano affatto. Gli serve soltanto da facciata. Lei non è certo il suo tipo». La giornalista è stata colpita dal fascino di un politico che le pare, caso raro, sincero, e il direttore lo nota subito. I due avranno un "incontro a Parigi" del tutto "casuale". È a lei (e quindi a noi spettatori) che Julien racconta per la prima volta del fallimento del progetto e se è Bérénice colei al quale è stato mostrato, è a lei che ne è stata esposta in profondità la ragione d'essere. I due vanno a bere qualcosa. Noi non vedremo mai che cosa accade nel caffè parigino in cui andranno a sedersi. Ma sappiamo quanto e come questi luoghi siano importanti nel cinema di Rohmer. Nel finale cantato sarà Bérénice a essere ancora presente, ma mai nella stessa inquadratura di Julien. Che il duetto non sia poi così affiatato? Si osservi poi come a tre su quattro dei personaggi principali venga attribuita una discendenza. Questo è certo in linea con il finale, in cui si parla delle future generazioni, e con l'esigenza di far emergere dal colloquio tra il sindaco e Zoé la soluzione più razionale per il problema. Ma, da questo punto di vista, la figlia del maestro è piuttosto destinata a salire in cattedra («Sarai deputato» le viene detto) come una sorta di adulto precoce. È invece interessante la dislocazione dei figli. Rossignol, il conservatore un po' sopra le righe, ha bisogno di un pubblico. Se il lavoro gli offre quello dei propri alunni, nell'ambito privato non gli possono mancare una moglie e una figlia, cioè una tradizionale famiglia. Julien e Blandine, invece, hanno alle spalle un matrimonio fallito il primo, e una situazione di assenza di compagno la seconda. Al primo viene assegnata una femmina, alla seconda un maschio.
I temi cari a Rohmer, a partire da quello della dimensione privata dei personaggi, restano ben presenti, anche se leggibili in filigrana. Così come quello portante, anche se parzialmente alleggerito dal tono fiabesco dell'assunto, de! ruolo del caso. Anche qui Rohmer gioca con lo spettatore. Non sarà durante una più o meno lunga conversazione tra due personaggi "visibili" che il tema sarà sviluppato, ma si tratterà di un intervento a una trasmissione di France Culture. Così il regista "radiofonico" Rohmer mette in scena proprio una radio, ironizzando sui propri detrattori. Mentre Blandine cerca affannosamente una cassetta libera su cui registrare i! programma (e le trova tutte, tranne una, inesorabilmente occupate), la voce di qualcuno nel corso di un'intervista (le interviste costituiscono un elemento di snodo, oltre che di riflessione sulla reale possibilità di fare informazione, della vicenda narrata nel film) parla del caso e dell'imponderabile. Il caso, si dice, è un incontro fortuito di necessità di varia origine: economica, politica, sociale. Queste generano l'avvenimento del caso che trova una sua spiegazione solo grazie al passato, quando ormai è troppo tardi. L'imponderabile ha un proprio peso anche nella storia, ma l'analisi storica non lo prende in considerazione perché finirebbe con lo sconfinare nell'ambito della filosofia della storia. Questa riflessione sul caso, resa semiudibile da altri rumori e suoni, fa sì che, "casualmente", Blandine si presenti in redazione e incontri Julien.
Come ha notato Paolo Marocco, nel film è presente «una struttura di opposizioni calibratissima: la scrittura viene confrontata con l'oralità, la televisione con il cinema, la cultura multimediale con l'albero secolare, il discorso politico con quello della tradizione contadina, l'accento puro del gergo locale con quello inquinato dal gergo della capitale» (Paolo Marocco, op. cit., 1996). Aggiungerei che alla più scontata opposizione tra città e campagna si aggiunge qui una nuova riflessione sull'opposizione morte/vita. In questo Reinette e Mirabelle da "adulti" impegnati la parola morte è finalmente pronunciata con forza e simbolicamente rappresentata negli alberi che ornano quei cimiteri della civiltà che sono gli ampi spazi cementati per i parcheggi. Non si tratta ormai più di reliquie di santi o di rappresentazioni teatrali, ma di una quotidianità sulle cui distorsioni, apparentemente incontrollabili, Rohmer dice la sua. «Io sono, in un certo senso, molto conservatore, ma più sono conservatore, più sono anche in attesa di futuro» (Antoine de Baecque, Thierry Jousse, Entretien avec Eric Rohmer, «Cahiers du cinéma», n. 467-468, marzo 1993). Lo fa però con la massima attenzione alle motivazioni di tutti, senza per questo rifugiarsi nella sterile ma protettiva gabbia del politically correct. La sua motivazione è un'altra: «Non capita mai che uno dei miei personaggi esprima una cosa manifestamente falsa. Io credo che un buon modo di vedere i miei film - se pure dev'essercene uno - sia quello di essere persuasi di volta in volta da ciascuno dei miei personaggi, di credere a ciascuno, e di comprendere alla fine che esiste un mistero che fa stare insieme parecchie spiegazioni, parecchie storie ugualmente credibili». Si veda, a riprova, come viene presentato l'architetto, categoria che Rohmer aborre, ma che ha anche lui la sua dose di buona fede all'attivo. Il regista, per chiarire la sua posizione in materia, aggiunge poi:
«Dal canto mio io starei dalla parte del maestro il quale tiene discorsi sull'ecologia ma diffida di tutti i discorsi politici degli ecologisti. Anzi, è più complicato: io sarei propenso a parlare come il maestro, ma ad ascoltare il sindaco socialista» (A. de Baecque, T Jousse, op. cit., 1993).
In un film in cui non tutti i raccordi narrativi funzionano (la resa del sindaco è improvvisa e poco giustificata sul piano narrativo), il finale può sembrare posticcio ed è invece estremamente calzante. Una vicenda proposta con la leggerezza di una fiaba per adulti, in cui i bambini operano la magia ma per far ciò si devono "adultizzare", non può che chiudersi con questi toni. Woody Allen in Tutti dicono I Love You fa dire alla sua giovane narratrice di aver scelto la formula del musica! perché altrimenti nessuno avrebbe creduto a ciò che andava raccontando. Il musical, quindi, come regno dell'assolutamente libera connessione di accadimenti e personaggi diventa il genere con cui chiudere un film saldamente tripartito sul piano degli oggetti della narrazione (l'albero, il sindaco, la mediateca), quanto poi lasciato libero di articolarsi su tematiche che vanno da come farà il latte una mucca dopo che ha visto una bella signora alla foresta amazzoniCa. Si chiude cantando: «Le week-end, lesjours defite et les congés, au lieu de s'envoler pour l'Inde, pour Caracas ou pour Tanger (...) on ira retrouver la ville, son macadam et son béton. Nous savourerons ses plaisirs, ce sera notre vrai plaisir...» ma l'allegria sembra essere solo di facciata, si è insieme ma non c'è vera "festa". Il futuro di cui Rohmer parla non sta certo nel tiro ai bussolotti. Il maestro canta a scuola e il sindaco celebra in piazza una sconfitta che dovrebbe essere anche la sua vittoria. Ma che le cose stiano proprio così è quantomeno dubbio.

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STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Lietta Tornabuoni
La Stampa

Politica, socialisti, ecologisti, vita parigina e vita rurale, spazi per esistere o per parcheggiare, etica e cinismo del giornalismo, uso politico della cultura e della Natura, pianificazione del territorio: su argomenti molto contemporanei sempre affrontati con la massima serietà o con nobile fervore, Eric Rohmer ha fatto un film lieve, divertente, soavemente beffardo, intelligentissimo, incantevole [...] Vai alla recensione »

Luigi Paini
Il Sole-24 Ore

C’è Steven Spielberg, ma c’è anche Eric Rohmer, a dimostrazione che l’attività in cui sono entrambi maestri, dirigere film, può davvero voler dire molte cose. Così come il primo è la vivente affermazione del cinema tutto industria e grandi capitali, il secondo ricorda ogni volta che si può fare spettacolo con pochi soldi e tanta intelligenza. L’albero, il sindaco e la mediateca ne è l’ennesima dimostrazione [...] Vai alla recensione »

Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

Se: congiunzione sconsigliata a chi voglia venire a capo della Storia. Che la si possa usare con profitto per scopi più lievi, come quello di girare un film? Da questa congiunzione, in ogni caso, parte L’albero, il sindaco e la mediateca: nella prima inquadratura Marc, maestro elementare, spiega ai suoi allievi i segreti del «se» e della proposizione subordinata condizionale.

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