Titolo originale | Gam yuk fung wan |
Anno | 1987 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Hong Kong |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Ringo Lam |
Attori | Chow Yun-Fat, Tommy Wong, Roy Cheung . |
Tag | Da vedere 1987 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 22 febbraio 2010
CONSIGLIATO SÌ
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A meno di un anno di distanza dal capolavoro City on Fire, precursore de Le iene tarantiniane, Ringo Lam firma un'altra opera destinata a segnare in maniera indelebile gli anni '80 del cinema di Hong Kong. Più volte ripreso e imitato - oltre all'immancabile sequel - Prison on Fire racchiude in sé diversi archetipi del film carcerario, declinandoli secondo la sensibilità di Ringo Lam.
In City on Fire Lam concentrava la sua attenzione sull'hard boiled, sul noir "di strada", con propensione per il realismo e una visione per niente edulcorata dello heroic bloodshed, in cui i contorni tra bene e male risultassero il più possibile sfumati. Qui è il carcere a prestarsi alla medesima indagine, ancora una volta con un'amicizia virile, ai limiti dell'omosessualità repressa, tra due personaggi estremamente diversi tra loro: Tony Leung Kar-fai - alla sua prima grande interpretazione - è il timido uomo comune condannato ingiustamente e vessato, Chow Yun-fat, quasi all'apice della sua fama, il veterano della prigione e conoscitore della sua legge spietata. Il primo, onesto e moralmente rigoroso fino all'autolesionismo, è il capro espiatorio ideale nel regno della menzogna e dei colpi bassi, se non fosse per il secondo, che lo prende sotto la sua ala protettiva, spiegandogli quando è meglio tacere ma soprattutto quando è opportuno mentire.
Le dinamiche di potere all'interno del carcere, figlie dell'infiltrazione delle Triadi e della complicità tra queste e l'autorità costituita, riproducono tra le quattro mura della cella i medesimi mali e le medesime contromisure che affliggono la città (in fiamme): sete di potere, tradimento, violenza, ma anche eroismo, solidarietà e cameratismo, che crescono rigogliosi proprio nella condivisione di drammatiche condizioni di vita. E la forza di Ringo Lam (e di una cinematografia che in quel momento stava vivendo la sua stagione aurea) sta tutta nel personaggio di Chow Yun-fat, emblema stesso, con la sua metamorfosi, della duttilità e mutevolezza di una cinematografia emotivamente instancabile. Quando compare in scena, infatti, Ching è scanzonato e ridanciano, sembra quasi incarnare la componente comica del film; alla fine è una macchina da guerra disumana che non si ferma di fronte a nulla.
Grandissimo cinema di genere che non sa accontentarsi di un (solo) genere, ma trova il suo compimento nella mescolanza - con dosi e distribuzione creativamente diseguali e arbitrarie - degli stessi.