Lost in Love

Eric è un archeologo che giunge a Patmos, isola dell'Egeo, convinto di portare a compimento la ricerca del padre: trovare il calice appartenuto a San Giovanni. Lì già lavora e vive da anni il collega britannico Dr. Tierney poco propenso a fidarsi delle nuove tecnologie di ricerca di cui Eric si avvale. Sbarcato da poche ore Eric fa la conoscenza di Caterina, giovane e bella vedova con figlia, la quale gestisce la migliore taverna della città. E' innamoramento quasi immediato. Ma il prezioso reperto secondo i suoi calcoli si troverebbe proprio sotto la taverna.
Sembrerebbe che fosse passato chissà quanto tempo da quando Udayan Prasad girava film imperniati su tematiche sociali come Mio figlio il fanatico assistendo a questo film che invece vede la luce di un proiettore solo sette anni dopo. Nulla da eccepire sulla professionalità ma questa volta ci aggiriamo (rigorosamente in bicicletta) dalle parti del film turistico in cui la storia è finalizzata alla presentazione di splendidi paesaggi. Perché l'amore che nasce tra il legnoso archeologo yankee e la vivace e intraprendente donna greca (nella versione originale viene conservata la lingua locale nei dialoghi che intercorrono tra gli autoctoni) assume solo la funzione di pretesto. Ci si sono messi in due (Raman Singh e Christina Concetta) in fase di sceneggiatura per trovare l'escamotage dell'esproprio della taverna causato proprio dalle ricerche di uno dei due innamorati. Intorno a loro ruotano personaggi di scarso spessore (con l'esclusione del mastodontico Dr. Tierney interpretato da un sempre efficace Richard Griffiths). Unico elemento originale: un 'coro' (ovviamente greco) rappresentato da tre anziane donne in nero che commentano di volta in volta l'evolversi della relazione tra i due utilizzando non solo il loro acuto e pettegolo spirito di osservazione ma anche citazioni classiche. 