Los herederos

Film 2008 | Documentario 90 min.

Anno2008
GenereDocumentario
ProduzioneMessico
Durata90 minuti
Regia diEugenio Polgovsky
TagDa vedere 2008
MYmonetro Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Regia di Eugenio Polgovsky. Un film Da vedere 2008 Genere Documentario - Messico, 2008, durata 90 minuti. Valutazione: 3,5 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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I bambini messicani lavorano nelle campagne per poter sopravvivere al peso della quotidianeità. Così come, prima di loro, fecero i loro padri e i loro antenati, in un eterno ciclo di povertà ereditata.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
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Trailer
Senza parole e con docilità, Polgovsky racconta di bambini che vivono per lavorare.
Recensione di Rita Andreetti
mercoledì 3 settembre 2008
Recensione di Rita Andreetti
mercoledì 3 settembre 2008

Silenziosa considerazione sulla vita di bambini messicani che, come al solito, per i più rimane nell'ombra, Los Herederos osserva con sguardo lucido e contemplativo una giornata tipo di alcuni fanciulli, davvero giovani, e delle loro faticosissime attività lavorative.
Le immagini passano delicate e poco invadenti, tanta è la cura del dettaglio, a cercare le mani e i volti sporchi di fango, nella speranza di vedere apparire un sorriso fugace. Ma non è così, è troppo difficile sorridere quando il sudore ti cola dalla fronte, le mani si rovinano contro i legni secchi raccolti nella foresta, le dita si tagliano e si scottano. È troppo difficile giocare e vivere come bambini se il tuo destino è quello di potare i giunchi, raccogliere pomodori, cetrioli e verdura di ogni sorta, frutto per frutto con le nude mani; tessere e stendere i fili lunghi e vorticosi al telaio con la mamma, come le nostre nonne facevano e quei bimbi fanno tuttora; impastare la terra e riempire gli stampi per i mattoni, velocemente. Perché più chili raccogli e più mattoni prepari, più la tua famiglia mangia.
Volti indagati da vicino, con l'obiettivo che sembra quasi una mosca che gli ronza intorno, che spia indisturbata i particolari dei loro corpi e dei loro abiti provati dall'assenza di giochi. Qualche frase, ogni tanto, disturba i rumori ambientali; ma per il resto non hanno voce questi figli, che come tutte le loro famiglie sono costretti a una vita di fatiche: le nonne e i loro occhi raffreddati, deperite, invecchiate per gli stenti, ci confermano che questo sarà il loro futuro. Traspare implacabile da Polgovsky la pesantezza ereditata dalle generazioni precedenti, gli affanni dei ragazzini che si caricano pesi che pure una adulto faticherebbe a portare.
Un documentario questo, discreto nei toni, e invadente nei messaggi. I protagonisti si lasciano avvicinare e seguire, abituati alla presenza dei curiosi, o forse troppo indaffarati per prestare attenzione agli stessi, lasciando così che la semplice assenza di giochi sia una valida spiegazione narrativa per il film intero.
Forse le immagini asettiche con cui il regista ha cercato di celebrare questi piccoli lavoratori della fame, lo portano talvolta a non approfittare della ricchezza che la camera digitale gli regalerebbe; stiamo così, silenziosi, a guardare, senza la forza di disturbare i loro ritmi serrati, ma con una lista infinita di domande in testa e un enorme senso di impotenza di fronte alla loro realtà. Questi procedono, gesto dopo gesto meccanicamente e rapidamente, mentre a casa li aspettano le madri delle loro madri, i corpi e l'animo rassegnati.
A un tratto, tuttavia, inaspettatamente, subentra la musica: introdotta dalla bimba che cucina e che sta al telaio, come fosse un carillon circense. E da qui, infine, la festa. Perché dopo una giornata di sforzi si ha ancora la forza di ballare, si deve aver la forza di ballare per non soccombere a una routine implacabile che non lascia vivere i freschi anni in santa pace. Rimaniamo col sorriso dei tre ragazzi che si inseguono e per un attimo, si divertono, mentre pascolano le capre: nobili animali che in questo racconto sono gli unici a concedere un momento di libertà ai giovani, nel loro lento ruminare indeciso. E ancora, la musica, che non finisce e sfuma, a ricordarci che nel domani qualcun altro vivrà di nuovo le stesse ingiuste fatiche.

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