Titolo originale | Tôkyô sonata |
Anno | 2008 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone, Hong Kong, Paesi Bassi |
Durata | 119 minuti |
Regia di | Kiyoshi Kurosawa |
Attori | Teruyuki Kagawa, Kyôko Koizumi, Yû Koyanagi, Inowaki Kai, Haruka Igawa Kanji Tsuda, Kazuya Kojima, Kôji Yakusho. |
Tag | Da vedere 2008 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,57 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 26 ottobre 2009
Al Box Office Usa Tokyo Sonata ha incassato nelle prime 4 settimane di programmazione 170 mila dollari e 30 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Ryuhei Sasaki è un tranquillo padre di famiglia finché non perde il posto di lavoro; la scelta di non rivelare nulla a moglie e figli lo porterà a conoscere un sottobosco crescente di disoccupati insospettabili, ma non lo aiuterà a tenere insieme i pezzi di una famiglia che si va sfaldando.
La Crisi, così paventata, presagita, snobbata è qui tra noi. Dove "noi" non significa solo l'Occidente, ma pure il diametralmente opposto Giappone, ugualmente colpito al cuore. E non sarà un caso se sono saliti al governo i socialisti per la prima volta nella storia. Kurosawa Kiyoshi, con la sensibilità che lo contraddistingue - e che difficilmente pertiene a un regista puramente horror, come ancora qualcuno lo etichetta - parte dalla Crisi per mescolarla alle molteplici crisi che accompagnano l'uomo nel suo difficile cammino. Nel senso stretto ma pure in quello etimologico del termine, perché il mutamento radicale e sofferto, spesso spinto sino all'autolesionismo, è parte integrante di questo processo evolutivo. Che qui si abbatte sul nucleo famigliare con una violenza degna del Takashi Miike di Visitor Q, senza quel gusto pop di portare tutto all'estremo, ma senza tirarsi indietro di fronte agli esiti di una sostanziale discesa agli inferi. Ad essere messi in discussione sono i pilastri stessi della società: l'autorità - l'insegnante sbeffeggiato in classe, il pater familias a disagio per mantenere un ruolo di leadership sistematicamente messo in discussione - il vincolo nuziale, tenuto insieme solo da abitudine e necessità, ma pure la supremazia del lavoro serio rispetto all'insicurezza di professioni apparentemente più frivole, che vivono la propria rivincita grazie al talento del piccolo sognatore Kenji.
Kurosawa osserva la famiglia con amore, forse, con comprensione, magari, ma con ben poca compassione, privilegiando la camera fissa per denudarne le fragilità: a volte il tavolo da pranzo, unica occasione di (finta) riconciliazione, è addirittura inquadrato dall'esterno, mediato da un vetro e da riflessi che dicono più di mille parole su quel che avverrà di lì a breve. Straordinaria la prova attoriale di Teruyuki Kagawa, calato perfettamente nel ruolo fantozziano del protagonista, incapace di liberarsi persino nel momento di massima ira, quando, seppur armato di bastone e con intento distruttivo, non rinuncia a sistemarsi goffamente il borsello, residuo di una divisa che per lungo tempo ha significato "classe media" e un determinato inquadramento sociale. Prima che lo tsunami della crisi rimettesse tutto in discussione, giocando con i destini di piccoli uomini indifesi come lui.
Kurosawa apre una quinta parete, che introduce ad un mondo onirico o fantasmatico, dal quale entrano ed escono i quattro personaggi, in quello che fu il set preferito di Ozu, con le tre pareti domestiche, a racchiudere, complice la quarta parete, la cinepresa, l’incanto malinconico delle tradizioni avite che andavano svanendo pian piano.
Sasaki San lavora in una multinazionale come responsabile del reparto amministrativo. Ha una moglie e due figli che ogni giorno lo aspettano a casa per cenare insieme in una routine, a tratti monotona, tipica di molte famiglie della classa media a Tokyo. L’arrivo della manodopera cinese però fa perdere il lavoro all’uomo, che pur di non perdere la faccia davanti alla famiglia, continua [...] Vai alla recensione »
In un festival di fantasmi, occhi accecati dalle immagini che si riproducono all'eccesso, Kiyoshi Kurosawa torna con uno stile, almeno in apparenza, assai diverso dal suo abituale. Un altro «detour»? Forse sarebbe più appropriato dire altri fantasmi, nel senso che le creature ineffabili del suo cinema, fantasmi o proiezioni delle paure inconsce, diventano qui «reali» e incarnano il presente del Giappone. [...] Vai alla recensione »
A genius of dread, known for his unnerving horror films and eerie thrillers, the wildly prolific Japanese director Kiyoshi Kurosawa tends to ply his trade with spooky silences, a lived-in feel for everyday, droning life and a sense of social unease. Though his latest to hit the American big screen, “Tokyo Sonata,” looks like a family melodrama — if a distinctly eccentric variant on the typical domestic [...] Vai alla recensione »
There is no saying what manner of movies will be bred by the economic slump. If "Tokyo Sonata," directed by Kiyoshi Kurosawa, is anything to go by, we could be in for some unnatural spawnings, for this is a most peculiar hybrid. Our hero is Ryuhei Sasaki (Teruyuki Kagawa), although any heroic status is swiftly peeled off him, layer by layer. He is the director of administration at a health-care-equipment [...] Vai alla recensione »
THE people in Kiyoshi Kurosawa’s movies never look as though they’re getting enough sleep. It’s not just the vacant stares, the bags under the eyes, the 5 o’clock (in the morning) shadows. It’s also the way they move, slowly, warily, as if the effort to remain alert were the most enormous and most burdensome task imaginable, and the temptation to surrender consciousness were becoming too powerful to [...] Vai alla recensione »
"Tokyo Sonata" : une famille au Japon, c'est aussi un film d'épouvante Le nouveau film de Kiyoshi Kurosawa pourrait facilement être vu comme une rupture dans l'oeuvre d'un des cinéastes japonais les plus importants du moment. Tokyo Sonata ne relève pas du genre fantastique ou du film d'horreur - sa spécialité. Mais il est vrai que ce cinéaste de 53 ans, auteur d'une vingtaine de films, a une obsession [...] Vai alla recensione »