Anno | 2007 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Regia di | Giorgio Capitani |
Attori | Giancarlo Giannini, Stefania Sandrelli, Francesca Cavallin, Michele D'Anca, Chiara Mastalli Marco Vivio, Milena Mancini, Benedetta Valanzano, Anna Ammirati, Andrea Rivera, Camilla Ferranti. |
MYmonetro | 2,71 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 3 giugno 2009
Gli ultimi otto anni della vita del Generale Dalla Chiesa.
CONSIGLIATO SÌ
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Due serate per raccontare la vita e l'opera di Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e uomo-chiave della recente storia d'Italia. Da Palermo a Palermo, dal primo incarico siciliano al ritorno come prefetto anti-mafia, passando per la lotta all'organizzazione delle Brigate Rosse, la regia del veterano Giorgio Capitani si misura con il ritratto di un personaggio importante e discusso, affiliato alla loggia piduista ma anche reclamato a gran voce da una città stanca di morte e violenza, un uomo che alla sua missione ha consacrato la vita, in piena coscienza del pericolo che correva.
Il giudizio sulla miniserie prodotta da Mediavivere si divide forzatamente. Da una parte l'interpretazione di Giancarlo Giannini nel ruolo del protagonista è degna, per restare in tema, di una medaglia al valore: mai sopra le righe, pur non ricercando l'affinità fisica con l'originale, sa donare al suo ritratto grande espressività emotiva e caratteriale. Dall'altra parte, però, il registro della fiction è globalmente edulcorato, talvolta impreciso (per fare un esempio, le divise moderne dei Carabinieri non corrispondono a verità) e abile nello scantonare rispetto agli appuntamenti storici importanti. Il copione procede per ellissi, specie dove il racconto avrebbe richiesto la fatica di studiare una nuova prospettiva su fatti noti e televisivamente già consumati e digeriti, al punto che -più che una necessità di concentrazione nel tempo- la scelta appare spesso una via di comodo (il delitto Moro viene risolto con un'inquadratura dell'insegna di via Fani; i mafiosi tutti riassunti nella pittoresca figura di un venditore di pesci).
E ancora: da un lato dei dialoghi ben scritti e calibrati, dall'altro, il timore di fare dei nomi, di dover aderire a una realtà storica complessa e irrisolta. Così si spiega l'omissione di qualsiasi riferimento alle commistioni tra mafia e politica, che tanto avevano preoccupato il generale nella realtà extra-televisiva, e la riscrittura sbrigativa e alterata di episodi tristemente celebri, come la vicenda Curcio-Cagol e quella dei fratelli Peci. Pochissime, in questa logica, sono le immagini di repertorio, sempre sfumate e sovrimpresse per favorire l'amalgama con la materia della fiction.
Come prevedibile, dunque, la miniserie si concentra sull'uomo di famiglia piuttosto che sull'uomo di stato e impegna l'intera seconda serata per presentare e far crescere la storia d'amore con la giovane Emanuela Setti Carraro (Elisabetta Cavallin), che nella vita del protagonista prende il posto della prima amatissima moglie Dora (Stefania Sandrelli) fino ad affiancarlo nella morte per agguato mafioso, il tre settembre del 1982.
Progetto indubbiamente difficile e articolato, Il Generale Dalla Chiesa, ritratto di un uomo divenuto simbolo, non raggiunge purtroppo i toni appassionanti che il soggetto avrebbe meritato. Come Dalla Chiesa stesso, privato dell'appoggio dello Stato, non ha potuto vincere da solo la lotta contro la piovra mafiosa, così le spalle pluridecorate del bravo Giannini non sono sufficienti, da sole, a reggere il peso della messinscena.
Un film televisivo, nato come miniserie in due puntate da trasmettere per il pubblico rilassato e poco informato del sabato sera catodico, non è paragonabile a Cento giorni a Palermo di Ferrara. Non è un film inchiesta, né appartiene al genere del cinema verità. Il taglio è da rivista popolare per sole donne anziane.