E guardo il mondo da un oblò

Mike è convinto che la vita sia come il cestello di una lavatrice che gira, gira e nessuno sa quando finirà. La sua fidanzata lo ha appena lasciato per un ingegnere parigino e lui passa le giornate nella lavanderia a gettoni che gestisce, sognando in bianco e nero, leggendo "Il giovane Holden" e scambiando chiacchiere e opinioni con i clienti di turno. Il suo mondo è racchiuso all'interno di quattro mura coloratissime; fuori c'è la vita, ma lui preferisce rimanere rintanato in quel posto sicuro, cullato dal rumore dei giri delle lavatrici, dalle vibrazioni delle centrifughe e dalla musica di Gianni Togni.
Il mondo di Mike diviene luogo di scambio per i personaggi che vi fanno irruzione, e le loro storie - che lasciano spesso lo spettatore libero di immaginarne un quadro molto più ampio - riempiono la stanza di brio e umorismo. Attraverso i loro discorsi impariamo a conoscere il ragazzo: ha trent'anni, è del segno della Vergine, i genitori sono divorziati, ama il cinema e la musica, il suo primo concerto è stato dei Metallica e non è mai andato più in là di Jesolo Beach. Sarà proprio un cliente (interpretato da Stefano Calvagna) a offrirgli la possibilità di uscire da quel posto; fuori la vita è color seppia, come una fotografia conservata con affetto. Se Mike avesse avuto un collega strambo quanto i clienti che frequentano la lavanderia - e se ci fosse stata una maggiore cura nei dialoghi - E guardo il mondo da un oblò avrebbe potuto essere un piccolo omaggio all'italiana di Clerks - Commessi, film culto di Kevin Smith. Tuttavia l'attore protagonista, Luca Seta, se la cava dignitosamente al suo esordio sul grande schermo e la partecipazione di Andy Luotto e Tiberio Murgia aggiunge alla pellicola di Calvagna quel quid in più. 