L'uomo che ho ucciso

Film 1932 | Drammatico 77 min.

Regia di Ernst Lubitsch. Un film con Phillips Holmes, Lionel Barrymore, Nancy Carroll, Zasu Pitts. Titolo originale: Broken Lullaby. Genere Drammatico 1932, durata 77 minuti.

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Ugo Casiraghi
Ugo Casiraghi

Un Lubitsch totalmente drammatico è senza dubbio una sorpresa nel periodo hollywoodiano, mentre non lo sarebbe stata in quello tedesco. Comunque la sua arte narrativa è egualmente all'altezza, non conoscendo barriere di generi; e d'altronde lo sceneggiatore Samson Raphaelson è lo stesso delle commedie brillanti. Nel 1930 film quali All'Ovest niente di nuovo in America e Westfront 1918 in Germania avevano riportato alla coscienza di tutti la barbarie della prima guerra mondiale, e in Germania Hitler si accingeva a salire al potere (1933). L'uomo che ho ucciso esce nel mezzo di questi due eventi. Ebreo tedesco, Lubitsch si sente mobilitato a sua volta e compone una dolente elegia - dolente, lucida ed energica - su un giovane francese che, sconvolto per aver ucciso al fronte un coetaneo tedesco, musicista come lui, si reca in pellegrinaggio nella cittadina del caduto, per confessare la colpa alla famiglia, ed espiarla. Ma non ne ha il coraggio e, quando lo trova, è tardi: gli anziani genitori (il padre è Lionel Barrymore) lo hanno ormai accolto come un nuovo figlio, e la fidanzata dell'altro si è innamorata di lui. Sentita la verità, la ragazza reagisce allo choc impedendogli di comunicarla ai vecchi. Così il musicista francese riprende la melodia interrotta dal musicista tedesco.
Il secondo titolo del film, Broken lullaby, allude più precisamente a una ninnananna spezzata, e indubbiamente c'è nel sostantivo qualcosa di rasserenante, di consolatorio. Tuttavia la conclusione è anche lugubre, funerea: l'uccisore è penetrato nel mondo sentimentale dell'ucciso, gli si è sostituito in tutto e per tutto, e così si purifica. I delitti che si compiono in tempo di guerra si pagano rinunciando alla propria personalità e identificandosi in quella della vittima. Il melodramma è tutt'altro che edificante. Non solo perché il pathos che se ne sprigiona, Lubitsch lo scandisce e controlla con la consueta maestria, non senza qualche accento ironico nei confronti dell'ottusa alterigia tedesca e della curiosità della cittadina per l'estraneo. Ma perché la parabola che viene narrata con l'apparente dolcezza di una fiaba è in realtà tremenda, senza contare che esprime una condanna e un appello egualmente sinceri.
L'inizio, del resto, ci aveva preparati. Era un'ouverture a tambur battente per un film che si distenderà in un ritmo lento e volutamente tranquillo, in cui però la tensione e l'angoscia non si spegneranno un solo momento. Parigi festeggia, si fa per dire, l'armistizio del 1918. Cannoni sparano a salve, ma i feriti in ospedale balzano sul letto e urlano di terrore. Vediamo una parata militare, in un'inquadratura che dà i brividi, da sotto la gamba mutilata di un reduce che vi assiste. Le armi provvisoriamente deposte nella navata della cattedrale dalla folla dei soldati inginocchiati in preghiera, vengono riprese dopo il Te Deum di ringraziamento.
Ora, nella chiesa deserta, si svolge il confronto del protagonista, folle di rimorso, con il sacerdote. «Hai compiuto il tuo dovere, dice il prete, e lo assolve». «Ma come? - replica il giovane - E un dovere uccidere? Così parla la Chiesa?». E poi: «Ci sono stati nove milioni di morti in questa guerra. Nella prossima ce ne saranno novanta». Infine non è senza significato che il francese parta per la sua espiazione sotto la spinta di un quadro della Pietà. Anche per Lubitsch, che lo dimostra attraverso le figure della madre e della fidanzata, non c'è baluardo maggiore contro l'insensatezza della guerra, di quello rappresentato dal dolore femminile.
Da Alfabetiere del cinema, a cura di L. Pellizzari, Falsopiano, Alessandria, 2006

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
mercoledì 27 settembre 2017
Onufrio

Parigi 1919, un uomo in preda a forti rimorsi di coscienza confessa al parroco l'uccisione di un tedesco durante il primo conflitto mondiale, il parroco lo assolve ma l'uomo non sazio va in Germania alla ricerca dei familiari per espiare le proprie colpe, lì vi troverà gli anziani genitori e la fidanzata e sarà complicato dire la verità a causa di un malinteso nato [...] Vai alla recensione »

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