Intolerance

Mulloy voleva fare il pittore, poi si è dovuto guadagnare da vivere facendo da sceneggiatore per il cinema e la tv. Sembrava scritto nel destino che finisse per coniugare le due cose e divenisse lo strepitoso animatore che è. La sua è una produzione quasi tutta di corti, ma questi tre episodi di Intolerance possono considerarsi a pieno titolo un film. Un grande film, come lo è il suo illustre omonimo predecessore.
La trama: viene proiettato in contemporanea mondiale un rullo di pellicola ritrovato per caso nello spazio, che documenta la vita sul pianeta Zog. Gli Zog sono in tutto simili agli esseri umani, tranne che per un non irrilevante particolare: hanno gli organi sessuali al posto della testa e viceversa. Da questo incipit prende il via una delle più feroci, irriverenti, sconvolgenti satire della società occidentale contemporanea che si sia mai vista su pellicola, ma forse anche su tela, su spartito, su pittura murale e via dicendo.
Il tratto è meno che essenziale o, come dice l'autore, una precisa ricerca non-estetica. Potrebbe essere la versione a cartoni animati del punk. Graffianti, sbavati, con denti e organi sessuali in brutale ostentazione, i suoi omini neri fanno da perfetto complemento ad una narrazione ricca di trovate sempre imprevedibili, spesso sconcertanti.
Ogni artista ha il suo particolare rapporto col proprio mezzo d'espressione: quello tra Mulloy e l'animazione è una complicità velenosa, che dà ad entrambi modo di prendere la parola nella folla, azzardarsi ad alzare la voce e concedersi il lusso di svignarsela alla chetichella. Accompagnati ovviamente da una risata malefica.
Un film che è un'opera d'arte nel senso più pieno (e controverso) del termine. 