Lavorare con lentezza

Film 2004 | Drammatico 111 min.

Titolo originaleLavorare con lentezza. Radio Alice 100.6 MHZ
Anno2004
GenereDrammatico
ProduzioneItalia
Durata111 minuti
Regia diGuido Chiesa
AttoriClaudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Tommaso Ramenghi, Marco Luisi, Valerio Binasco, Massimo Coppola Max Mazzotta, Jacopo Bonvicini, Fausto Paravidino, Federico Torre, Elena Ravaioli, Valerio Alba.
Uscitavenerdì 1 ottobre 2004
MYmonetro 2,58 su 18 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Guido Chiesa. Un film con Claudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Tommaso Ramenghi, Marco Luisi, Valerio Binasco, Massimo Coppola. Cast completo Titolo originale: Lavorare con lentezza. Radio Alice 100.6 MHZ. Genere Drammatico - Italia, 2004, durata 111 minuti. Uscita cinema venerdì 1 ottobre 2004 - MYmonetro 2,58 su 18 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Una storia che procede su più binari nel rappresentare il tumulto degli anni '70 a Bologna è al centro del film di Chiesa, che lo ha scritto assieme a Wu Ming, autore collettivo di libri di grande successo. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, In Italia al Box Office Lavorare con lentezza ha incassato 1,1 milioni di euro .

Consigliato nì!
2,58/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 3,16
CONSIGLIATO NÌ
Una storia dalle buone intenzioni che procede su più binari e non rischia fino in fondo.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

Bologna, 1976. Radio Alice è la radio del movimento studentesco: fantasia, rifiuto del lavoro salariato, libertà sessuale e provocazioni culturali. Due ragazzi sui venti,Sgualo e Pelo, possono solo sognare una via d'uscita dal quotidiano. Bazzicano il bar del quartiere e per ovviare alla cronica mancanza di denaro fanno qualche "lavoretto" per un ricettatore locale, che però questa volta propone loro di scavare un tunnel nel sottosuolo del centro. Obiettivo: la Cassa di Risparmio di Piazza Minghetti. Durante il 'lavoro' fa loro compagnia l'ascolto di Radio Alice. Guido Chiesa, interessante documentarista, quando mette mano alla fiction sembra sempre frenato. Qui è come se temesse di doversi confrontare con Radiofreccia (anch'esso prodotto da Procacci). Ecco allora che mescola le carte mettendo in scena una storia che procede su più binari e in cui non è chiaro se si voglia rappresentare il tumulto di quegli anni o se la non chiarezza di idee stia saprattutto in chi racconta. Ancora una volta le buone intenzioni non bastano. Così come non basta il rifugiarsi in un passato irripetibile per evitare di parlare 'davvero' del presente.

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Recensione di Davide Morena
mercoledì 6 ottobre 2004

Un film è un'opera collettiva, forse l'unico pezzo d'arte rispetto al quale non è legittimo parlare di "autore", o quantomeno di riferirsi con questo termine ad una sola persona. A decretare la riuscita o meno di un film è dunque la sinergia tra gli elementi e le diverse sensibilità/professionalità che in vario modo vi partecipano. In tal senso Lavorare con lentezza è più che ben fornito, anzi, mette in campo un arsenale di persone e personaggi che insieme sono una specie di "dream team" della cultura giovane italiana. Andiamo con ordine.
Alla macchina da scrivere c'è Wu Ming, autore collettivo formato (ormai per tradizione) da quattro signori che rispondono ai nomi di Bui, Cattabriga, Di Meo e Guglielmi: da "Q" (a quei tempi si chiamavano Luther Blissett) in avanti, Wu Ming ha macinato consensi, confermandosi tra gli autori di punta nella narrativa (termine insufficiente, ma per capirci...) italiana contemporanea.
Alle musiche c'è Teho Teardo, ragazzo prodigio ai tempi dei suoi Meathead, poi col meglio del noise sperimentale internazionale (Cop Shoot Cop, Zeni Geva, Bewitched, Swamp Terrorists, Pankow, Mick Harris, Lydia Lunch, Girls vs Boys, e scusate se è poco), e oggi apprezzato compositore di colonne sonore, da Denti di Salvatores, fino a Il fuggiasco di Manni.
In scena c'è una bella fetta del miglior parco attori in circolazione oggi: Valerio Mastandrea, Claudia Pandolfi, senza dimenticare Tommaso Ramenghi e Marco Luisi, premiati a Venezia 61.
Special guest degli Afterhours, band seminale del rock italiano (quello vero) capitanata da Manuel Agnelli (cantante, musicista, produttore, scrittore, tra i migliori in circolazione in tutte le suddette categorie), che sulla scena vestono i panni degli Area dei tempi che furono, in un concerto come non se ne vedono più.
Un ruolo di primo piano c'è anche per Massimo Coppola, che può vantare l'incredibile pregio di aver fatto della tv intelligente, col suo ormai leggendario "Brand: New", in onda su MTV.
Il resto della truppa è formato da Guido Chiesa, regista navigato, e dai suoi collaboratori di sempre, Gossi alla fotografia e Gasparini al montaggio.
Ricapitoliamo: Bui, Cattabriga, Di Meo, Guglielmi. Teardo, Mastandrea, Pandolfi, Ramenghi, Luisi. In attacco Agnelli e Coppolla. Allenatore Chiesa. E non dimentichiamo il presidente: chi se non lui, il più spregiudicato produttore del nuovo millennio, chi se non: Domenico Procacci.
Con una squadra così il successo sembrerebbe una mera formalità. Eppure il film di Chiesa ha qualcosa che non va. Per carità, tutto è molto curato e mai superficiale: la ricostruzione del tempo è credibile, come lo sono i vari personaggi del film, dai due protagonisti ai tanti di contorno (una segnalazione per gli antipaticissimi vecchiacci del bar). Il punto di vista di Chiesa/Wu Ming è onesto, palese nella sua appartenenza ideologica, ma non per questo perde la sua "political correctness". Un momento. È proprio questo il problema del film. Quella cosa che non convince ma che non si riesce bene a dire cosa sia, è proprio questa attenzione (e tensione) ad essere a tutti i costi "politicamente corretti", a non deludere i ragazzi di sinistra e nemmeno i loro genitori che vissero quei momenti, e al tempo stesso a non indignare i giovani di destra e il mondo conservatore. Chiesa non si lascia andare, decide di tenersi nei ranghi per non correre il rischio di uno svarione clamoroso (basta poco all'opinione pubblica italiana per additare chicchessia ora come nazista, ora come comunista, o comunque nemico della Patria), e ci riesce. Il fatto, però, è che Lavorare con lentezza è un film politico, e fare un film politico che non morde è togliere l'anima a ciò che si racconta.
In altre parole, Lavorare con lentezza mette in campo una squadra da sogno, che però non riesce a vincere. Perché dimentica, banalmente, che per vincere bisogna battere l'avversario. Non è né giusto né sbagliato, è la condanna del vincitore essere anche, sempre, un creatore di sconfitti.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
venerdì 15 ottobre 2010
paride86

Film su un periodo difficile e sulle grandi utopie, risoltesi in ben pochi fatti, degli anni '70. A parte il versante illustrativo, credo che il film sia piuttosto debole sia per la trama che per gli attori. Senza infamia e senza lode.

venerdì 6 giugno 2014
Filippo Catani

Bologna 1976. Mentre Radio Alice diffonde le voci della protesta dei giovani bolognesi, due ragazzi vivono di espedienti in un quartiere difficile. Un ricettatore gli offre allora la possibilità di fare un po' di soldi scavando un tunnel sotterraneo che porti alla Cassa di Risparmio. La pellicola si gioca su più registri linguistici e fotografici proprio per sottolineare la piena [...] Vai alla recensione »

martedì 6 agosto 2013
BALDODELIA

Sconsigliato a tutti quelli quelli che non vogliono capire perchè l'Italia oggi è così.

lunedì 24 maggio 2010
ultimoboyscout

Una maniera dozzinale e semplicistica di vedere anni durissimi della nostra storia. La solita pessima Pandolfi, tante banalità e luoghi comuni, per un film davvero inguardabile, che trascina nella fogna pure il buon Mastandrea. Poi fare violenza per restare vivi, come recita uno dei personaggi, beh detto tra noi, lascia il tempo che trova.

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Lietta Tornabuoni
La Stampa

E’ bello rivedere i ragazzi rivoltosi, creativi, mao-dadaisti della Bologna infiammata 1976-1977; riascoltare la radio più giovanil-popolare dell'epoca, Radio Alice poi occupata e chiusa dalla polizia; ricordarne le indicazioni («linea casinista») o gli slogan («Il delitto paga, il padrone no»). La ricostruzione storico-esistenzial-politico-culturale del periodo in Lavorare con lentezza.

Alberto Crespi
L'Unità

Che strano cinema, il cinema italiano: i segnali di vitalità si alternano continuamente a quelli di crisi, i film belli a quelli brutti; l’attenzione alla realtà (che è sempre stata la sua forza) lascia a volte il posto all’astrazione più totale. La recente Mostra di Venezia ha confermato questa tendenza, anzi, questa «non-tendenza»: un film riuscito e rubato alla vita come Le chiavi di casa di Gianni [...] Vai alla recensione »

Gian Luigi Rondi
Il Tempo

Primo film italiano in concorso, «Lavorare con lentezza» di Guido Chiesa (Il caso Martello, Il partigiano Johnny). Il titolo è lo stesso di una canzone di protesta che ebbe molto seguito a Bologna alla fine dei Settanta quando se ne fece bandiera una radio privata, Radio Alice, che, per i suoi incitamenti trasgressivi e la sua militanza fu tra le cause di quei moti quasi rivoluzionari che sconvolsero [...] Vai alla recensione »

Paolo D'Agostini
La Repubblica

Il luogo e l'epoca sono Bologna tra 1976 e’77. Il contesto è quello del movimento giovanile che nel capoluogo emiliano ebbe la sua culla. Decisamente proletarizzato, estraneo alle forme politiche ideologiche e organizzative della tradizione di sinistra e più interessato alla libertà dei comportamenti, all'esercizio della fantasia, caratterizzato da un violento quanto velleitario rifiuto di ogni istituzional [...] Vai alla recensione »

Fabio Ferzetti
Il Messaggero

La parabola di Radio Alice, mitica antenna bolognese del’77, come un festival di generi. Più commedia (o fumetto alla Pazienza) che cronaca, con quei due proletari doc che scavano un tunnel a scopo rapina stile I soliti ignoti . Più scontro di culture e bisogni (parola chiave dell’epoca) che facile agiografia del “movimento”. E dunque: giovani di periferia accanto (ma anche contro) studenti borghesi; [...] Vai alla recensione »

Fabio Ferzetti
Il Messaggero

Idea sacrosanta: raccontare non solo il tanto mitizzato '77 bolognese, ma il biennio 1976-1977, e farlo da un punto di vista rivelatore perché estraneo al cosiddetto movimento come poteva essere quello di due ragazzi qualunque di periferia. Impegnati un po' per caso, un po' per non morire (di noia e di fame) nello scavo di un tunnel per una rapina in banca.

Mauro Gervasini
Film TV

Lavorare con lentezza di guido chiesa, scritto dal collettivo dei Wu Ming non vuole essere un film “su“ Radio Alice ma a modo suo ne ripercorre l’esperienza. Lo fa scegliendo di aderire allo spirito dadaista dell’emittente, che non era legata al Pci ma neppure ai gruppi extraparlamentari, nonostante l’animassero molti ragazzi del Movimento. Era libera, ma libera veramente, e Chiesa, lasciando parlare [...] Vai alla recensione »

Roberto Nepoti
La Repubblica

Dal suo esordio, II caso Martello, passando per Babylon e Il partigiano Johnny, Guido Chiesa non ha mai rinunciato a intendere il cinema come un fatto d’impegno, politico e stilistico insieme: che sono, in fondo, due facce della stessa cosa. Primo film italiano in concorso alla 61ma Mostra, Lavorare con lentezza. Radio Alice 100.6MHz conferma pienamente questa linea.

Maurizio Turrioni
Famiglia Cristiana

Non scambiatelo per Radiofreccia. Come nel bel film di Ligabue, anche qui c’è il malessere giovanile raccontato con la musica di un’emittente radiofonica alternativa. E attraverso storie di ragazzi di provincia. Ma in Lavorare con lentezza di Guido Chiesa c’è di più. C’è la voglia di analizzare un periodo difficile ma fondamentale per il nostro Paese (antefatto dei disgraziati anni di piombo), di ricordare [...] Vai alla recensione »

Priscilla del Ninno
Il Secolo d’Italia

A proposito di polemiche e velleità contestatarie, non potevano che scegliere la conferenza stampa dei primo dei film italiani in concorso, Lavorare con lentezza di Guido Chiesa, alcuni precari dello spettacolo francese che ieri hanno irrotto, o meglio interrotto la soporifera presentazione alla stampa della pellicola ispirata all’emittente libera degli anni Settanta, Radio Alice, per protestare platealment [...] Vai alla recensione »

Alberto Crespi
L'Unità

Vorremmo ringraziare Guido Chiesa perché, nei titoli di coda di Lavorare con lentezza, ci ha ricordato una vecchia massima della quale ogni critico dovrebbe fare tesoro: mai recensire un film prima di averlo visto! E uno dei tanti paradossi che Rino Gaetano (quanto ci manca!) aveva snocciolato in Mio fratello è figlio unico, canzone che chiude un film ovviamente pieno di musica: non solo perché Guido [...] Vai alla recensione »

Claudia Morgoglione
La Repubblica

"Lavorare con lentezza, senza alcuno sforzo. Lavorare ti fa male, ti manda all'ospedale". Versi creati dal cantautore napoletano Enzo Del Re, e diventati celebri come inizio-tormentone dei programmi di Radio Alice: ovvero il prodotto più geniale, sovversivo (nel linguaggio) e anti-autoritario (nei contenuti) della Bologna della contestazione. Un inno vivente alla rivoluzione, alla società senza bisogni, [...] Vai alla recensione »

Antonio Valenzi
L'Indipendente

Se non fosse che stanno diventando per i cinquantenni di oggi quelli che erano gli anni ’60 per quelli di ieri, i ’70 sarebbero anche più interessanti, se non altro per le tensioni che li accomunano ai giorni nostri (con tutte le differenze del caso). E forse i limiti del pur buono Lavorare con lentezza sono proprio nel nostalgismo con cui ripercorre i giorni della Bologna di Radio Alice, una delle [...] Vai alla recensione »

Maurizio Cabona
Il Giornale

In Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott, quello di Manon Fire, David Bowle era un vampiro senescente aggrappato alla gioventù. Senza sangue, ma anche senza nerbo, è questa nostalgia a percorrere Lavorare con lentezza di Guido Chiesa, primo titolo italiano in concorso a questa Mostra. Classe 1959, Chiesa evoca la Bologna dei 197677di Radio Alice, Altraverso e Bifo (che nel film è l’avvocato [...] Vai alla recensione »

winner
premio marcello mastroianni
Festival di Venezia
2004
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