Titolo originale | Le rayon vert |
Anno | 1986 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 98 minuti |
Al cinema | 4 sale cinematografiche |
Regia di | Eric Rohmer |
Attori | Marie Rivière, Amira Chemakhi, Sylvie Richez, Rosette, Beatrice Romand Vincent Gauthier, Irène Skobline, Lisa Heredia, Basile Gervaise, Virginie Gervaise, René Hernandez, Dominique Rivière, Claude Jullien, Alaric Jullien, Laetitia Rivière, Isabelle Rivière, Marcello Pezzuti, Eric Hamm, Gérard Quéré, Julie Quéré, Brigitte Poulain, Gérard Leleu, Liliane Leleu, Vanessa Leleu, Hugues Foote, Michel Labourre, Paulo, Maria Couto-Palos, Isa Bonnet, Yve Doyhamboure, Friedrich Gunther Christlein, Carita, Marc Vivas, Joel Comarlot. |
Uscita | lunedì 28 ottobre 2024 |
Tag | Da vedere 1986 |
Distribuzione | Academy Two |
MYmonetro | 3,64 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 26 luglio 2024
Girato con modesti mezzi e attori semplici, il film ha vinto il Leone d'oro al Festival di Venezia del 1986. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, In Italia al Box Office Il raggio verde ha incassato 1,8 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Da lunedì 2 luglio a sabato 4 agosto assistiamo alle peregrinazioni di Delphine, segretaria in un ufficio parigino, che non sa come trascorrere le vacanze estive. Dopo che l'amica con cui aveva programmato la partenza le comunica l'annullamento del progetto la giovane donna passa da una visita al nonno a una psicoterapia di gruppo per poi raggiungere Cherbourg finendo però poi per andarsene cercando di raggiungere la montagna. Ma questa non sarà la sua ultima meta.
Rohmer, per la prima volta, dà a un suo film il titolo di un romanzo di Jules Verne. Del fenomeno di cui l'autore francese parla nel libro esistono due interpretazioni. Una è di carattere scientifico e spiega che si può vedere un raggio verde al momento del tramonto del sole sul mare a causa della curvatura dell'atmosfera attorno alla superficie terrestre. La seconda afferma che il vedere il raggio verde significa poter anche leggere dentro se stessi e nel cuore della persona amata.
Con Il raggio verde, che ottiene il Leone d'Oro a Venezia, Rohmer realizza la sintesi degli opposti del suo cinema. Ottiene un buon successo di pubblico con un film che ha un budget estremamente ridotto, fa esplicito riferimento a un testo letterario e porta sullo schermo la sua sceneggiatura meno strutturata. Dirà Marie Rivière (la protagonista nei panni di Delphine): "La sceneggiatura è comunque di Rohmer. Noi avevamo un canovaccio di cose ben precise da dire, due o tre punti essenziali per la tenuta del nostro discorso. Ma al di là di questo e comunque all'interno dei limiti posti da questa struttura, noi potevamo improvvisare e soprattutto esprimerci con parole nostre, con la nostra personalità e questo piuttosto liberamente". Con questo metodo si costruisce un personaggio costantemente a disagio nei propri e negli altrui confronti e la sua azione passa attraverso gli incontri (e gli scontri) in cui cerca di sottrarsi a un'omologazione tanto più efficace quanto più apparentemente avvalorata dal buon senso comune.
"Non sono così" ripete spesso. La massificazione, che Rohmer aborre, può esser in questo modo messa a nudo nei suoi processi più alienanti grazie alla rappresentazione del suo rito principe: le vacanze. Qui non ci sono più scampoli di fine stagione come in Pauline alla spiaggia. La massa trionfa e, con essa, di conseguenza tutti gli stereotipi connessi. Le single non sono ancora di moda nel 1986.
Prima parte
Lunedì 2 luglio. Delphine lavora come segretaria in un ufficio parigino. L'amica con cui aveva programmato di partire per la Grecia le telefona per informarla che non se ne fa nulla.
Martedì 3 luglio. A Palais Galliera ha appuntamento con un'amica, Manuella, a cui racconta che cosa è accaduto. Manuella la invita a partire con qualcun altro o ad andare via con lei e Raul. Delphine non è d'accordo e non pensa neppure ad accettare un soggiorno in Spagna dalla nonna dell'amica. Manuella la prende bonariamente in giro.
Mercoledì 4 luglio. Delphine è a pranzo dal nonno che le racconta di aver visto il mare solo a sessant'anni per quanto non amasse la montagna. Il suo luogo ideale è Parigi.
Giovedì5 luglio. A casa della sorella, sposata e con una bambina, Delphine rifiuta l'invito a un soggiorno in Irlanda in campeggio. Non ama la pioggia e vorrebbe andare al mare. In strada trova la carta della donna di picche.
Venerdì 6 luglio. Telefona all'ex fidanzato Jean-Pierre, che di solito sta in montagna, per chiedergli di poter utilizzare il suo appartamento ad Antibes. Ma Jean-Pierre ha deciso di andare al mare.
Sabato7 luglio. Su un volantino affisso a un lampione legge l'invito a partecipare a sedute di psicoterapia di gruppo. Si ritrova quindi con delle coetanee che vorrebbero aiutarla ma che invece aumentano il suo imbarazzo. In particolare una, Béattice, si ostina a evidenziarle le sue contraddizioni, sentendosi rispondere che non ne ha alcun diritto perché la conosce solo molto superficialmente. Anche se preferisce credere al caso piuttosto che alla magia, Delphine fa riferimento a una veggente che le ha predetto che l'anno in corso sarà per lei l'anno del verde. La carta che ha appena raccolto aveva il dorso verde. Dopo poco la vediamo appartata mentre piange consolata da Françoise che le propone di recarsi da lei per qualche giorno a Cherbourg.
Mercoledì 18 luglio. Lungo la passeggiata sul molo di Cherbourg Framloise attacca discorso con un ragazzo in partenza il giorno successivo per l'Irlanda. Si potrebbe uscire insieme dopo cena, ma Delphine rifiuta: che senso avrebbe? In
un pranzo all'aperto si mangiano braciole di maiale ma Delphine è vegetariana. Si innesca una nuova, lunga discussione intorno alle sue scelte. Dinanzi alle contestazioni, le sue repliche appaiono sensate e contraddittorie al tempo stesso.
Giovedì 19 luglio. Mentre gli altri flirtano o giocano a un gioco di società, Delphine si intrattiene con una bambina che le rivolge numerose domande sulla sua situazione amorosa.
Venerdì 20 luglio. Si parla, a tavola, dei segni zodiacali. Quello di Delphine è il Capricorno. La piccola capra che, afferma qualcuno, arriva in alto ma da sola.
Sabato 21 luglio. Delphine va in giro da sola in campagna durante una gita. Quando si accorge che degli amici hanno strappato dei rami in fiore li rimprovera.
Domenica 22 luglio. Nuovo pasto e decisione di Delphine di andarsene approfittando di un passaggio di Françoise.
Lunedì 23 luglio. In un parco parigino Delphine respinge bruscamente un tentativo di abbordaggio. Telefona a Jean-Pierre per chiedergli la casa in montagna.
Mercoledì 25luglio. Giunta a La Plagne (in Savoia) e non avendo trovato il custode della casa, passeggia fino al bordo di un nevaio e poi decide di tornare a Parigi.
Giovedì 26 luglio. Va a trovare Françoise, che lavora da un parrucchiere, e le dichiara nuovamente il proprio stato di malessere profondo.
Venerdì 27 luglio. Percorre il lungo Senna fra gente che prende il sole. Incontra poi una vecchia amica che si è sposata e che le offre un appartamento a Biarritz. Delphine accetta.
Mercoledì 1 agosto. Fa vita da spiaggia e a sera si ritrova sola in un appartamento sconosciuto.
Giovedì 2 agosto. Nel corso di una passeggiata solitaria scopre tra le rocce la carta del fante di cuori. Segue poi la conversazione di alcune anziane villeggianti intorno al fenomeno del raggio verde di cui Verne ha parlato in un suo romanzo. Esiste una spiegazione di tipo sentimentale, secondo la quale se si vede il raggio verde al momento del tramonto del sole, si è capaci di leggere dentro se stessi e nel cuore della persona amata, ed esiste poi una spiegazione di tipo scientifico per la quale il raggio è prodotto da un fenomeno legato alla curvatura dell'atmosfera attorno alla superficie terrestre.
Venerdì 3 agosto. Delphine conosce Lena, una svedese giunta in loco con lo scopo preciso di divertirsi senza porsi troppi problemi. La ragazza cerca di convertirla al topless e alla caccia di ragazzi. Delphine resiste e, al momento in cui Lena aggancia Joel e Pierrot, se ne va, trovandosi in estremo disagio. Giunta a casa telefona alla stazione per sapere l'orario dei treni.
Sabato 4 agosto. Alla stazione un giovane apprendista ebanista, Jacques, comincia a conversare con Delphine avendo notato il libro ( L'idiota di Dostoevskij) che lei sta leggendo. La giovane donna decide di fidarsi di lui e gli chiede di farle visitare Sr. Jean-de-Luz, il paesino costiero in cui lui si sta recando per il week-end. Delphine gli confida i propri problemi con gli uomini. Vede poi un'insegna di un negozio per lei molto significativa: "Il raggio verde". Lo convince a salire su un'altura sopra il mare e lì i due vedono, al momento del tramonto, il raggio verde. Delphine piange e ride contemporaneamente.
Una premessa significativa. Nel momento in cui Il raggio verde è stato mandato in onda per la prima volta in televisione da Canali- ci si è accorti che il telespettatore non poteva percepire, a meno della messa in atto di un processo di autosuggestione, il raggio verde che invece al cinema si vedeva. Richiesto di un parere su questa situazione, Rohmer, dopo un attimo di riflessione, ha risposto: «Dopotutto, non è poi così male!» In questa considerazione si ritrova parte del senso di un film a bassissimo costo che decide programmaticamente di "farsi" grazie alla partecipazione attiva dello spettatore, che può stare dalla parte della protagonista o respingerne le "fissazioni", così come "vedere o non vedere" il mitico raggio verde. A proposito di quest'ultimo va notato che Rohmer torna finalmente a mettere in mano ai propri personaggi dei libri riconoscibili(L'idiota che funge da occasionale inizio di conversazione tra Jacques e Delphine) e dà al proprio film il titolo di un romanzo di Jules Verne. Dato che, al momento del successo del film, molti ne hanno scritto ma pochi lo avevano letto, potrà essere utile fornire qualche informazione su questo libro, tra i meno noti del grande scrittore francese. Helena Campbell, una giovane sognatrice, decide che non si sposerà se prima non avrà visto il raggio verde, un effetto visivo che si palesa solo se atteso con pazienza e consente di vedere nel proprio e nell'altrui cuore per coglierne la verità più intima ed essere felici. Così lo scrittore: «Avete notato il fenomeno che si produce nel momento in cui l'astro radioso lancia il suo ultimo raggio, se il cielo, libero da nebbie, è allora di una purezza perfetta? (...) Non sarà, come si potrebbe credere, un raggio rosso che verrà a colpire la retina del vostro occhio, ma sarà un raggio verde, ma d'un verde meraviglioso, d'un verde che nessun pittore può ottenere sulla sua tavolozza (...). Se c'è un verde nel Paradiso, non può essere che quel verde che è, senza dubbio, il vero verde della Speranza! (...) Questo verde possiede la virtù di far sì che colui che l'ha visto non può più sbagliarsi nelle cose del sentimento; la sua apparizione distrugge illusioni e menzogne; colui che è stato così fortunato da vederlo una volta, vede chiaro nel suo cuore e in quello degli altri».
Seconda parte
Con Il raggio verde Rohmer realizza la sintesi degli opposti del proprio cinema. Torna a un film a budget estremamente ridotto e ottiene non solo il Leone d'oro a Venezia ma anche un buon successo di pubblico. Fa esplicito riferimento a un testo letterario e porta sullo schermo la più libera delle sue sceneggiature. Resta ancorato al ciclo delle "Commedie e proverbi", ma sfiora come non mai il dramma psicologico ed esistenziale nella figura della protagonista. Finge poi di regalarci un happy end e invece forse non è così. Come scrive Flavio Vergerio «Nella sua apparente linearità Il raggio verde è forse il film di Rohmer che più si presta a fraintendimenti e a una lettura univoca di tipo metaforico, mentre a successive riletture il racconto mostra scarti, contraddizioni e un'apertura di senso non facile da cogliere per lo spettatore meglio disposto a significati pacificatori» (F. Vergerio, G. Zappoli, a cura di, op. cit., 1996). È probabile che con questa opera Rohmer raggiunga il successo malgré lui, visto che sul piano tecnico si ritorna a condizioni minimali di operatività. Sembra quasi che periodicamente il regista voglia compiere una sorta di test su se stesso andando a verificare se è ancora in grado di realizzare film liberi dai vincoli che la ripresa in 35 mm, per quanto essenzializzata, richiede. Ecco allora tornare il 16 mm (che verrà poi gonfiato mostrando tutta la grana della pellicola) e, soprattutto, la dicitura "con la collaborazione di" che chiarisce come in realtà Rohmer si sia caricato di molti ruoli chiedendo solo un'assistenza di tipo tecnico. Ciò è accaduto anche per quanto riguarda il lavoro degli attori. Mentre sembra assumersi tutta la responsabilità dell'operazione, divenendo quasi un autore "totale", Rohmer dà ai propri interpreti il massimo della libertà finora mai concessa. Lo si vede anche dal modo di girare adottato, in particolare, nelle scene di gruppo a tavola. La macchina da presa non gioca più prevalentemente sui campi di ascolto mentre fuori campo qualcuno sta parlando, ma segue i personaggi (quasi si fosse a mezza via tra una ripresa amatoriale e un documentario), andandoli a cercare perché in effetti l'operatore non sa chi entrerà in gioco in quel momento. Marie Rivière, nel press-book del film precisa: «La sceneggiatura è comunque di Rohmer. Noi avevamo un canovaccio di cose ben precise da dire, due o tre punti essenziali per la tenuta del nostro discorso. Ma al di là di questo e comunque all'interno dei limiti imposti da questa struttura, noi potevamo improvvisare e soprattutto esprimerci con parole nostre, con la nostra personalità e questo piuttosto liberamente».
È forse il caso di ritornare brevemente sui problemi di trasposizione in altra lingua del cinema rohmeriano. Il raggio verde costituisce il vertice di difficoltà per l'adattamento al doppiaggio dei film del regista. La sovrapposizione di voci fuori campo talvolta impercettibili hanno portato, nonostante la professionalità del direttore del doppiaggio Gianni Galassi, a più di una modifica, anche sostanziale. Ci limitiamo a segnalarne due, proponendo al lettore che conosca la lingua l'interessante esercizio di comparazione che si può sviluppare vedendo (in una sorta di testo a fronte) la versione originale e quella italiana. L'incontro con Lena, la disinibita svedese, è marcato nell'originale dal tu utilizzato subito dalla ragazza e giustificato dalla sua incerta conoscenza della lingua francese. Delphine invece resta ancorata alla distanza del vous. Nella versione italiana entrambe utilizzano la seconda persona singolare. In altri casi si è invece forzata la mano. Nella scena della discussione con le amiche, verso la fine, Delphine sta piangendo e pronuncia fuori campo delle parole che la sceneggiatura rohmeriana definisce inaudibles. A queste verrà replicato da Béatrice (una Béatrice Romand ormai legata al ruolo della cocciuta rompiscatole) con la frase:«Ce n'est pourtant pas ce qu'on lui a dit! On n'a rien dit de mal». Nella versione italiana lo spettatore sente distintamente Delphine pronunciare fuori campo le seguenti parole: «Sono stufa di sentirmi dare della cretina, di sentirmi dire che se sto male è solo colpa mia, perché non mi do abbastanza da fare. Come se lo cercassi io!». La portata del mutamento sul piano della costruzione del personaggio è considerevole.
Per quanto riguarda poi il fatto che la protagonista centrale del primo film della serie delle "Commedie" non veda una figura maschile emergere se non alla fine della vicenda, va notato come Rohmer sappia saggiamente cogliere l'amara ironia di Rimbaud coniugandola con il senso dell'avventura di Verne. Il raggio verde è un film di avventura, un film di viaggio, tanto che parte della critica ne ha paragonato la costruzione dell'attesa in un contesto di vuoto e di solitudine a Viaggio in Italia e a Stromboli di Rossellini. Sicuramente Rossellini è uno dei maestri più ammirati da Rohmer e la stessa sceneggiatura essenziale rimanda ai metodi di lavoro del regista italiano. Certo è però che chi più è stato accusato di essersi ricostruito spesso la realtà (e addirittura una città:
Parigi) a propria misura si dimostra come non mai sottile conoscitore e implacabile fustigatore delle mode sociali che contrassegnano le varie fasi di questa seconda metà di fine millennio. Delphine è un personaggio costantemente a disagio nei propri e negli altrui confronti e l'avventura passa attraverso gli incontri e, soprattutto, gli scontri che deve affrontare per sottrarsi a un'omologazione tanto più efficace quanto più ammantata di buon senso comune.«Je ne suis pas pareille» è la frase che le si sente spesso ripetere. La massificazione, con tutto quel che di negativo e di impoverimento comporta per Rohmer, può così essere messa a nudo nei suoi processi più alienanti da quello che è diventato il rito principe: le vacanze. Non più spiaggette isolate come in La collezionista o scampoli di fine stagione (meteorologica e sentimentale) come in Pauline alla spiaggia. Qui la folla trionfa e, con essa, tutti gli stereotipi connessi. Le single non sono ancora di moda nel 1986. Non si parte da soli per le vacanze e, se lo si fa, io scopo è e non può non essere che quello di andare a caccia di esponenti dell'altro sesso (non essendo l'omosessualità contemplata esplicitamente nell' universo erotico rohmeriano). Ogni tentativo di ricerca di solitudine è frustrato sul nascere e sono da ritenersi migliori incontri occasionali dei tutto "vuoti". Ancora una volta lo sciovinista Rohmer lascia alla svedese Lena il compito di esibire un comportamento da "collezionista" superficiale, priva di qualsiasi volontà di ricerca d'altro che non sia un rapporto tanto superficiale da risultare nullificante più di quello proposto da Manuella a Palais Galliera (lì almeno c'era un riferimento estetico alla bellezza classica).
Nell'equilibrio che Rohmer cerca di dare a una sceneggiatura che rischia a ogni passo di precipitare nel dramma, non vengono tuttavia a mancare le note di bonaria ironia anche sulla protagonista. Delphine ha o, meglio, cerca una propria "morale" ma non può farlo che confusamente. La sua integrità di fondo (legge L'idiota) non può sfuggire a sua volta ad altre mode (alternative ma tendenti pericolosamente al radicamento). Eccola allora proclamare la propria adesione alla scelta vegetariana che comporta l'evidenziazione di alcune crepe concettuali in cui i "carnivori" non esitano a inserire il cuneo del dubbio. Eccola credere alla cartomanzia (ricordiamo l'astrologia di Il segno del Leone).
Girato con modesti mezzi e attori semplici, il film ha vinto il Leone d'oro al Festival di Venezia del 1986. Fa parte del filone cinema-verità, narra la quotidianità, i malumori, le più segrete debolezze e le attese di una ragazza qualunque, una segretaria parigina. Delphine, timida e malinconica, è single da due anni e cerca il "Principe Azzurro"; le vacanze si avvicinano e lei non sa ancora dove andare. Accetta l'invito di un'amica a Cherbourg, ma si rivela un disastro, come pure un soggiorno in montagna. Ricambia infine il sorriso di un ragazzo sconosciuto, perché, come vuole la leggenda tramandata da Jules Verne, crede di vedere in lui il raggio verde che scende dal sole al tramonto.
Delphine, un'impiegata parigina trentenne, sta per cominciare le ferie estive, ma all'improvviso si ritrova da sola e non sa dove andare in vacanza. Dopo qualche titubanza, la donna accetta di recarsi a Cherbourg in compagnia della sua amica Françoise, ma dopo pochi giorni decide di rientrare a Parigi; in seguito parte per la montagna, ma il giorno stesso cambia idea e fa ritorno in città.
Il raggio verde è il titolo di un romanzo di Jules Verne, nel quale l'autore descrive l'omonimo fenomeno: si tratta dell'ultimo raggio di sole del tramonto, che a causa della rifrazione della luce si manifesta come un rapido bagliore di colore verde; chi riesce a vederlo, secondo lo scrittore, sarà in grado di leggere con chiarezza i propri sentimenti e quelli degli altri. Ispirandosi al racconto di Verne, il regista Eric Rohmer ha realizzato questa deliziosa pellicola dal tono agrodolce, il quinto capitolo della serie Commedie e proverbi. Girato a basso costo in 16 mm, Il raggio verde ha vinto il Leone d'Oro come miglior film al Festival di Venezia del 1986 e si è rivelato uno dei maggiori successi nella carriera di Rohmer, che in questa occasione si è basato sui versi di una poesia di Arthur Rimbaud: "Ah! Que le temps vienne où les coeurs s'éprennent" ("Ah, venga il tempo in cui i cuori s'innamorano").
Il tempo della narrazione è scandito da una serie di date, che vanno dal 2 luglio al 4 agosto e corrispondono al periodo di ferie della protagonista, Delphine (Marie Rivière), che con l'arrivo dell'estate è costretta a sottoporsi all'immancabile rito delle vacanze. Un rito di massa che per lei, reduce da una dolorosa separazione e dotata di un carattere timido e introverso, si traduce in un calvario emotivo che non fa altro che accentuare le sue insicurezze. Refrattaria all'idea di trascorrere le ferie in una Parigi semi-deserta, Delphine le tenta tutte pur di superare la propria depressione, dal mare alla montagna; ma ciascuna delle sue mete finisce per rivelarsi insoddisfacente, e il fatto di essere circondata da persone che si divertono non fa altro che accentuare la solitudine della donna, costretta a convivere con un'inquietudine interiore che la induce invariabilmente a sentirsi estranea e fuori posto. Lo spettatore è portato così a condividere il senso di isolamento della protagonista e la sua sensibilità esasperata, che la spinge a cercare facili vie di fuga (la dieta vegetariana, la cartomanzia), ma anche a razionalizzare la propria sofferenza: Delphine rifiuta i rapporti facili e superficiali che le vengono proposti, e soltanto nel finale si aprirà ad un giovane sconosciuto incontrato per caso alla stazione di Biarritz.
Con Il raggio verde Eric Rohmer ci offre uno straordinario ritratto femminile, fondendo la leggerezza del tono narrativo con il silenzioso dramma esistenziale di Delphine. Il risultato è un film grazioso ed ironico all'insegna di un assoluto minimalismo, tutto costruito su piccoli eventi quotidiani; la stessa sceneggiatura è basata su dialoghi semi-improvvisati, che dietro il loro carattere in apparenza banale esprimono però un profondo senso di realtà. Ed è sorprendente l'interpretazione di Marie Rivière (già diretta da Rohmer ne La moglie dell'aviatore), che si immerge anima e corpo nella sua protagonista fin quasi a rasentare l'identificazione fra attrice e personaggio. Una curiosità: l'effetto ottico che, al cinema, permetteva allo spettatore di vedere il raggio verde, in televisione scompare del tutto; ma questo, paradossalmente, rende l'epilogo ancora più suggestivo.
IL RAGGIO VERDE disponibile in DVD o BluRay |
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Continuando la serie di commedie e proverbi,Rohmer dirige un capitolo decisamente ottimo,incentrato sul tema della solitudine.E' arrivata l'estate e Delphine vorrebbe svagarsi passando le ferie con una sua amica al mare,ma purtroppo avra' l'amara delusione di non poterlo fare per un rifiuto della medesima,pertanto vaga per parigi,si confida con le amiche ,e non ne puo' piu' [...] Vai alla recensione »
Delphine, segretaria parigina lasciata dal fidanzato, deve trascorrere le vacanze da sola perché un'amica con la quale doveva partire, le telefona e le dice che non può andare via. Le amiche con cui parla le danno un'alternativa in loro presenza e con altri amici. Anche la sorella gliela pone, ma lei non è d'accordo e non accetta le proposte. Esce da Parigi, ma ogni volta si sente a disagio e rientra [...] Vai alla recensione »
La mite odissea di una ragazza costretta a trascorrere da sola le vacanze estive essendo stata mollata dal suo ragazzo pochi giorni prima dell'inizio delle stesse. Il Raggio Verde è un film profondamente intimista, che lascia raccontare alle immagini e, ancor più, alle parole, la malinconia ed il vuoto improvviso causati da una solitudine che, in un periodo di generale spensieratezza, [...] Vai alla recensione »
Il raggio verde è, secondo la leggenda tramandata da Jules Verne, l'attimo in cui è possibile leggere nei cuori. E alla ricerca della lettura del cuore è l'opera di Eric Rohmer, autore di un cinema garbato in cui il complesso della sua opera sembra più importante dei singoli film, che con leggerezza raggiungono la zona più intima dello spettatore.
Il 2 luglio, in procinto di partire per le vacanze, Delphine riceve una telefonata dall’amica con la quale dovrebbe partire, che le comunica la sua sopraggiunta indisponibilità. Per Delphine comincia un periodo difficile, incerta su cosa fare, accetta proposte di vacanze che poi rifiuta. Dopo diversi tentativi ormai giunta al termine trova una soluzione.
E’ luglio e la fastidiosetta Rivière non sa proprio come passare le vacanze. Da qui tutta una serie di peripezie. Se si riesce a scavalcare la inevitabile antipatia verso la protagonista, il film si svela per ciò che è, ovverosia un dramma sincero e molto gradevole. Leone d’oro a Venezia.
Se esiste un film capace di sondare le emozioni più segrete e nascoste dell'animo umano, i pensieri più intimi, le malinconie d'amore, il desiderio dolceamaro di solitudine ed infine l'estasi di aver trovato l'angelo salvatore della tua vita, questo è proprio il magnifico film di Rohmer. Veritiero, analitico, colto, sensibile, squisito, eccellente. Da vedere!
Se esiste un film capace di raccontare le vicende più intime dell'animo umano, le pene d'amore, il sapore dolceamaro della delusione e della sofferenza per la solitudine e l'incapacità di comunicare agli altri i propri valori, i propri sentimenti profondi, ciò che si prova e ciò che si sogna vivendo ed infine l'estasi, per aver trovato improvvisamente l'angelo [...] Vai alla recensione »
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Noioso o sublime? Banale o sorprendente? Il raggio verde è uno di quei film per i quali ci si divide, di qua gli entusiasti, di là gli irritati. Per un verso o per l’altro, ci muove qualcosa nel profondo, qualcosa che ci è familiare e che il più delle volte ci sfugge. Per il film di Eric Rohmer si può scomodare Pascal con l’esprit de finesse, i cui princì pi “sono nell’uso comune e davanti agli occhi [...] Vai alla recensione »
“Torni il tempo dei cuori che s’accendono” : con questo verso di Rimbaud si apre Il raggio verde di Eric Rohmer, quinto capitolo della serie “Come dies et proverbes”, meritatamente premiato con il Leone d’oro all’ultimo Festival di Venezia. Il quasi settantenne regista francese inventa in questo film, con l’aiuto determinante dell’intensa protagonista Marie Rivié re (tra l’altro anche co-autrice della [...] Vai alla recensione »