Titolo originale | Stage Fright |
Anno | 1950 |
Genere | Giallo |
Produzione | Gran Bretagna, USA |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Alfred Hitchcock |
Attori | Richard Todd, Marlene Dietrich, Jane Wyman, Alastair Sim, Michael Wilding, Sybil Thorndike Patricia Hitchcock, Kay Walsh, Miles Malleson, Hector MacGregor. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,02 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Viene ucciso il marito di una diva teatrale. Sospettato numero uno è un giovane, amante della primadonna.
CONSIGLIATO SÌ
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Viene ucciso il marito di una diva teatrale. Sospettato numero uno è un giovane, amante della primadonna. Una ragazza innamorata dell'indiziato lo nasconde, lo protegge, fa di tutto per dimostrare la sua innocenza. La sorpresa finale non può mancare.
Dopo il grave insuccesso deI Peccato di Lady Considine (1949), realizzato dalla Transatlantic Pictures - la casa di produzione indipendente fondata da Hitch e Sidney Bernstein nel 1947 - Hitchcock aveva bisogno di "correre al riparo" e di puntare quindi su un soggetto più "sicuro". Concludendo la breve avventura della Transatlantic (iniziata nel 1948 con Nodo alla gola), con Paura in palcoscenico Hitch tornava ad affidarsi all'abbraccio protettivo, ma un po' soffocante, dei grandi produttori americani: questa volta si trattò della Warner Bros., con cui il regista collaborò poi stabilmente fino al 1953. Per la verità, Hitch non poteva lamentarsi, dato che gli fu riconosciuta una discreta libertà nella scelta di soggetti, attori e sceneggiatori. Prudentemente, decise comunque di tornare alla più consolidata formula del thriller e al bianco e nero (Nodo alla gola e Il peccato di Lady Considine erano invece stati girati in Technicolor, allora piuttosto costoso). Quanto al soggetto, si ispirò a due racconti dell'inglese Selwyn Jepson pubblicati poco tempo prima: "molti critici letterari avevano scritto nelle loro recensioni: "Questo romanzo diventerebbe un buon film nelle mani di Hitchcock" spiega Hitchcock a Truffaut, commentando subito dopo: "E io, come uno stupido, li ho presi in parola". La sceneggiatura, affidata a Whitfield Cook e integrata da dialoghi di James Bridie, non presentò particolari problemi. Le riprese si svolsero nell'estate del '49 in Gran Bretagna, dove pure aveva realizzato Il peccato di Lady Considine.
Il cast comprendeva due nomi di spicco: quello di Jane Wyman, reduce da un Oscar vinto l'anno precedente, e soprattutto quello di una grande diva come Marlene Dietrich. Se il rapporto di Hitch con la Wyrnan presentò alcune difficoltà, buono fu invece quello con l'attrice tedesca. Scrive Donald Spoto: "Marlene Dietrich fu, più o meno, la sola attrice che avesse mai goduto di sostanziale libertà creativa sul set. La mattina si presentava presto e si metteva a dare istruzioni al direttore della fotografia Wilkie Cooper sull'illuminazione adatta per lei. Stupefatti, I membri della troupe riferirono la faccenda a Hitchcock: ma rimasero ancora più stupefatti quando egli ordinò loro di fare quello che la Dietrich chiedeva. Dai suoi sette film con Joseph von Sternberg - che l'avevano caratterizzata come la 'donna fatale' per eccellenza l'attrice aveva tratto un'ottima conoscenza in fatto di luci, ombre e angolazioni; Hitchcock non solo le diede carta bianca nel definire il suo personaggio, ma le concesse piena libertà nella scelta dei costumi e dei gioielli da indossare nel film".
In Paura in palcoscenico ebbe una particina anche Patricia Hitchcock, figlia del regista, che a quel tempo si trovava a Londra per seguire corsi di recitazione alla Royal Academy of Dramatic Art, proprio come Eve GuI, la protagonista del film.
Nonostante le "buone intenzioni" del regista e la presenza delle star, Paura in palcoscenico non ebbe successo; forse quello che meno andò giù al pubblico e alla critica fu il falso flashback iniziale (il racconto di Jonathan a Eve), del tutto fuorviante:
uno scherzetto di Hitch ai danni degli spettatori di cui il regista dovette pentirsi: "Ho fatto in questa storia una cosa che non mi sarei mai dovuto permettere... un flashback che era un menzogna", ammise anni dopo parlando con Truffaut.
"Non mi sembra che aggiunga niente alla sua gloria; è veramente un piccolo film poliziesco inglese nella tradizione di Agatha Christie e proprio uno di quei whodunit che lei disapprova " commenta un po' seccamente Truffaut parlando con Hitch di Paura in palcoscenico. Abbastanza unanimemente la critica ha rimproverato al film la sceneggiatura debole e dispersiva, la mancanza di tensione, la poca credibilità delle situazioni e dei personaggi, nonché la difficoltà dello spettatore a identificarsi con uno qualsiasi dei protagonisti, anche a causa del flashback menzognero che, alla fine, lascia spiazzati. Ma Chabrol e Rohmer osservano giustamente che il film va goduto più che altro per la sua "galleria di ritratti insieme delicati e feroci, divertiti e lucidi" e per la "successione di sequenze gustose o stranamente morbose". E aggiungono: "È difficile, qui, isolare un motivo dominante. Più che un'opera, è una successione di scene. Quella più bella si svolge in un taxi. Niente di più che una serie di campi e contro-campi. Ma Hitchcock ha trovato il sistema di far intender quel che due persone pensano veramente al di là delle parole, così come di rendere appassionante uno scambio di pensieri che s'inseguono, si trovano o fuggono. Eve e l'ispettore Smith salgono sull'auto: lei è una ragazza, lui un poliziotto. Parlano del più e del meno. A fine corsa, è una coppia di innamorati che scende dal taxi, senza che vi sia stato neanche l'accenno di un gesto tra i due".
Nella loro appassionata difesa di Hitch, i due autori francesi giungono addirittura a sostenere la tesi secondo la quale il flashback non sarebbe falso: "~...] le immagini non mentono mai in Hitchcock, a differenza dei personaggi. La stessa sequenza, se fosse muta, potrebbe illustrare la reale versione dei fatti. È il commento che imbroglia, che mente, che conferisce ai gesti un'altra causa, uno scopo diverso. Ciò non è vero: il flashback non corrisponde affatto agli eventi, ma illustra per immagini la menzogna di Jonathan. Eppure, se lo si considera all'interno del film nel suo complesso, quel flashback ha un significato preciso.
Nell'edizione originale di Paura in palcoscenico i titoli di testa compaiono in sovraimpressione sullo sfondo di un sipario teatrale che infine si alza a scoprire non un palcoscenico, bensì un'affollata strada londinese. "Questo ci ricorda, come dice Shakespeare, che tutto il mondo è teatro e che ciascuno può trovarsi costretto a recitare nella vita quotidiana proprio come un attore in un'opera teatrale" (G. D. Phillips). "Mi piaceva questa idea: una ragazza che vuole diventare attrice è indotta a travestirsi e a interpretare nella vita la sua prima parte" ha affermato Hitchcock. Ma non è solo Eve a recitare e a fingere: infatti Jonathan finge con lei e, a sua volta, Charlotte finge con Jonathan...
Poco dopo i titoli di testa finzione e realtà si mescolano nuovamente quando Jonathan raggiunge Eve sul palcoscenico dove la ragazza sta provando e da qui in avanti per tutto il resto del film. La verità, paradossalmente, viene ristabilita a teatro: a teatro che Smith scopre il doppio gioco di Eve ed è a teatro che Eve viene a conoscenza della menzogna di Jonathan (la scena all'interno della carrozza è, a nostro parere, la più straordinaria del film: i volti di Jonathan ed Eve di cui solo gli occhi sono illuminati, il gioco delle mani, il leggero ralenti quando escono...). Paura in palcoscenico è un'ulteriore versione del tema preferito di Hitchcock: la difficoltà di discriminare verità e menzogna, realtà e finzione, innocenza e colpevolezza. "In uno dei suoi film meno rocamboleschi, Hitchcock riesce a esemplificare magnificamente un mondo di assoluto disordine, di assoluta incertezza" (Bruzzone e Caprara). Il fiashback falso che sembra vero assume dunque in questo contesto un senso preciso: la finzione può annidarsi a qualsiasi livello, non solo a quello degli eventi, ma anche a quello del linguaggio, tanto più se si tratta del linguaggio cinematografico. Stage Fright: paura in palcoscenico; ma anche paura del palcoscenico, Il timore dell'attore di fronte al pubblico (e dell'uomo nel teatro del mondo); ma anche: il timore, tutto hitchcockiano, che non si riesca a distinguere fra apparenza e realtà.
PAURA IN PALCOSCENICO disponibile in DVD o BluRay |
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Giovane allieva di teatro briga insieme all'eccentrico genitore per stornare dal suo innamorato il sospetto di aver ucciso il marito della sua amante ,una bellissima e ambigua attice di teatro. A capo delle indagini un tenente di bell'aspetto di cui finira' per innamorarsi. Coup de théâtre finale. Giallo a tesi precostituita dal registro brillante ed uno humor tipicamente [...] Vai alla recensione »
Il film uscito in B/N nel 1950 non è considerato tra i migliori di Hitchcock, giudizio a mio avviso da rivedere perché è un ottimo giallo/thriller (noir), anche se a differenza di altri film del regista non può considerarsi un capolavoro.Ebbe comunque un ottimo successo commerciale con quasi 2 milioni di $ di utili Valore di allora).