Titolo originale | L'amour l'après midi |
Anno | 1972 |
Genere | Commedia |
Produzione | Francia |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Eric Rohmer |
Attori | Renaud Verley, Zou Zou, Daniel Ceccaldi, Françoise Verley, Malvina Penne, Babette Ferrier Bernard Verley. |
MYmonetro | 3,00 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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È il sesto dei Racconti morali di Rohmer (la serie cominciò con La mia notte con Maud). Protagonista è uno dei soliti eroi chiacchieroni del re...
CONSIGLIATO SÌ
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È il sesto dei Racconti morali di Rohmer (la serie cominciò con La mia notte con Maud). Protagonista è uno dei soliti eroi chiacchieroni del regista, bravissimi a dissertare d'amore, però mai (o quasi mai) capaci di venire al sodo. Qui l'innamorato è un giovane felicemente sposato, ma attratto da una ragazza di facili costumi. I due iniziano a incontrarsi di pomeriggio per lunghe conversazioni (lui parla e parla, lei diviene sempre più bella e arrapante dopo ogni appuntamento). Ma la moralità è salva, secondo l'ironia sotterranea ma tagliente del regista.
Seconda parte
Può quindi dedicarsi, come già accennato, a "giocare" con il proprio cinema. Ecco entrare subito in campo il rapporto con la letteratura. Avevamo lasciato un eroe donchisciottescamente cieco alle prese con una scrittrice insinuante e ritroviamo un Frédéric che legge su un vagone della Rer un libro di viaggi di Bougainville. «In treno preferisco un libro al giornale e non solo per la comodità del formato. Il giornale non fissa abbastanza la mia attenzione e soprattutto non mi fa uscire dal presente. Il tragitto, mattino e sera, corrisponde più o meno alla quantità di lettura che mi piace soddisfare di getto. Anche a casa leggo, di sera, ma altre cose. Mi piace avere più di un libro da leggere. Ognuno con il suo tempo e il suo luogo che mi portino fuori dal luogo e dal tempo in cui sono. Ma non
potrei leggere se fossi solo o in una cella dai muri spogli. Ho bisogno di una presenza fisica al mio fianco». La prima delle contraddizioni del protagonista è già enunciata: l'esigenza di allontanarsi dal "qui e ora" che si compensa immediatamente con il bisogno di una fisicità vicina che riconduca proprio a ciò da cui si vuole fuggire. Frédéric ha assunto modalità di lettura che rappresentano molto bene il suo modo di concepire la vita: una continua alternanza tra affermare un desiderio e rivolgersi al suo opposto. Pertanto qualsiasi lettura del film che lo interpreti come un'affermazione perlomeno acritica dell'istituzione matrimoniale è destituita di qualsiasi fondamento. L'abbraccio tra le lacrime di Hélène a Frédéric lascia aperta un'ambiguità di significazione decisamente stimolante. Chloé aveva affermato di aver visto la donna in strada in compagnia di un uomo suggerendo dei dubbi. Il pianto di Hélène, se non li conferma, sicuramente non li cancella e l'inquadratura sui tavolino fa il resto.
Ma veniamo all'universo femminile letto attraverso l'operazione di razionalizzazione di pulsioni che questa volta però si concede una digressione di non poco conto. Il Rohmer che non ama molto registi "visionari" come Bergman, Bunuel e Tarkovskij, ci regala un tuffo nell'onirico (quasi un'anticipazione della trattazione del tema del sonno in La Marchesa von...) che costituisce anche un viaggio attraverso gli ultimi "Racconti". Prima però si è premurato di fornirei il punto di vista di quest'eroe solitario che non gode neppure del confronto con un amico, come i suoi predecessori, perché tale non può ritenersi l'evanescente socio dell'ufficio. «Da quando mi sono sposato tutte le donne mi sembrano attraenti», dichiara Frédéric. L'uomo pronto a lasciarsi trasportare dalla folla quasi fosse un mare, ripropone il tema del Don Giovanni aggiornato a tempi in cui il timore della donna da parte del maschio si fa più evidente. È qui Rohmer comincia a "giocare" con il proprio pubblico ideale. Se finora la contrapposizione donna mora e donna bionda è già stata proposta assegnando a quest'ultima il ruolo dell'eletta le carte sono state mescolate già dall'inizio: Hélène èinequivocabilmente scura di capelli così come lo sono le due avvenenti segretarie di Frédéric con le quali è in atto un sottile gioco di attrazioni malcelate. Superato l'ostacolo del venditore di camicie maschio (che sia il sostituto del Jean-Marc di Place de l'Étoile?) ecco allora Frédéric alle prese con una seducente e dominante commessa bionda. Lo spettatore non può fare a meno di chiedersi se nella disposizione scacchistica dei ruoli rohmenani sia intervenuto un ribaltamento. Ma non è così o, perlomeno, non in questi termini. In un'epoca storico-sociale essenzialmente scialba (come sottolinea la fotografia di Almendros), in cui il desiderio è così indifferenziato e così "debole" da non avere più canoni estetici di riferimento, non è più questione di tipologie. Chloé quindi sarà scura di capelli così come Hélène. Per quanto riguarda poi il sogno a occhi aperti, il piccolo monile appeso al collo, frutto di letture infantili o di film fantascientifici di serie B, ha il potere di sedurre tutte le donne che passano per strada. E davanti al caffè si trovano a passare Maud (sottratta al bianco e nero), Françoise, Haydée, Aurora, Claire e Laura. Se Maud conserva la disponibilità al sottile gioco di scambi allusivi, Françoise viene privata dell'apparente pruderie cattolica e abbordata con un «Signora? Vorrei venire a letto con lei» a cui viene risposto con un immediato «Anch'io» cui segue un'evocazione del marito. Se la "collezionista" Haydée non ha neppure bisogno di parole, la scrittrice Aurora instaura uno scambio tra "prostituti" (satira pesante sul ruolo dello scrivere?). Frédéric si preoccupa poi di vendicare l'irrisolto Jéròme riuscendo immediatamente a cacciare il giovane accompagnatore di Claire. Ma anche per lui e per il suo illusorio talismano la sconfitta è in agguato. Provvederà la determinata Laura a stroncare le sue velleità, affermando la propria libertà di scelta di giovane donna. È significativo che l'irruzione di Chloé nella vita di Frédéric sia collocata immediatamente dopo la sequenza del sogno a occhi aperti. Difficilmente controllabile, anche se collocabile in un determinato momento del giorno, Chloé non è classificabile e archiviabile come una delle pratiche dell'ufficio. Chloé (a differenza di tutte le altre seduttricj dei "Racconti") non entra in scena casualmente. Proviene dal passato del protagonista «Ti ricordi quella sera che noi due facevamo gli innamorati? Avevi paura che entrasse Milena a ogni minimo rumore» ed èpronta a trasformare il suo futuro. Lavora come Jacqueline e Suzanne, cambia un uomo dopo l'altro come Haydée, invita nel proprio letto come Maud e consente a una mano di accarezzarla quasi per inerzia come Claire.
Chloé è la sintesi delle donne così come Rohmer è venuto presentandole sinora e, contemporaneamente, l'anticipazione, con i suoi continui cambiamenti di domicilio, di molte delle protagoniste della serie "Commedie e proverbi". Nell'attesa che queste trovino un'accoglienza nei suoi copioni, il regista compie un doppio tuffo nel passato.
Prima parte
Il narratore, Frédéric, è una persona la cui vita scorre entro i binari della più assoluta normalità. Ha una trentina d'anni, una moglie, Hélène e una bambina, Ariane. Ogni giorno si reca dalla sua abitazione in periferia alla Gare Saint-Lazare dove si trova il suo ufficio. Con un socio, Gérard, ha un'attività ben avviata con due segretarie alle dipendenze. Le donne lo interessano tutte, pur amando sua moglie senza averla mai tradita. Gli piace lavorare in ufficio all'ora di pranzo e uscire per un veloce pasto e una passeggiata nel primo pomeriggio. Un giorno si reca in un negozio per acquistare un maglione dolcevita e si lascia convincere dalla commessa a comprare una camicia. Talvolta immagina di possedere un monile magico in grado di annullare qualsiasi resistenza femminile. Lo prova idealmente su sei passanti che non sono altro che le protagoniste degli ultimi tre "Racconti morali". Una sola, Laura, respinge le sue profferte.
Un giorno però in ufficio compare Chloé, la fidanzata di un suo vecchio amico che non vedeva da anni. La giovane donna è stata a lungo assente dalla Francia e ora fa la barista in un locale. Vive con Serge, uno dei proprietari, che ne è geloso. Chloé però vorrebbe cambiare vita e gli chiede di assumerla come segretaria. Frédéric rifiuta e spera di perderla rapidamente di vista respingendone anche la proposta di divenire baby-sitter del secondo figlio che sta per nascere. Un giorno Chloé lo incontra con moglie e figlia in un grande magazzino. Poco dopo gli porterà due vestitini di boutique per i piccoli. Progressivamente l'uomo assume il ruolo di confidente fino al giorno in cui gli viene chiesto di accompagnarla per prendere in affitto una stanza dopo che ha rotto improvvisamente con Serge. Dovrà poi anche aiutarla a recuperare i propri effetti personali. I loro appuntamenti hanno luogo il pomeriggio ma ora che Chloé lavora in un ristorante la sua disponibilità agli incontri si fa più limitata. Riesce comunque a convincerlo a inventare un pretesto per un'uscita serale per accompagnarla a un appuntamento che dovrebbe aprirle nuove prospettive. Chi glielo ha proposto è un tipo troppo interessato a lei e vorrebbe toglierselo di dosso. All'ultimo momento si dichiara però non disponibile, costringendo Frédéric a inventare una scusa per il proprio ritorno a casa anticipato.
Chloé non si farà viva per qualche tempo, se non con una cartolina dall'Italia. È partita proprio con il tipo da cui chiedeva protezione salvo poi lasciarlo per un altro. Quando fa ritorno, il figlio di Frédéric, Alexandre, è nato e in casa c'è una baby-sitter inglese che non esita a mostrarsi nuda.
Chloé è sempre più disposta alle confidenze e dice a Frédéric che in lui trova l'unico motivo per vivere. Il narratore riesce a procurarle un lavoro soddisfacente presso una boutique. Un lunedì, giorno di chiusura, la raggiunge nel negozio mentre sta provando dei vestiti. Chloé gli confida il desiderio di avere un figlio da lui. Intanto la donna ha cambiato appartamento e Frédéric si reca a trovarla nel pomeriggio. La trova sotto la doccia. Lei gli chiede di asciugarla e lui lo fa, dapprima riluttante poi più convinto. Ora Chloé è nuda sul letto e lo invita a raggiungerla. Frédéric sta per togliersi il maglione ma, guardandosi nello specchio, riscopre un gesto che aveva compiuto in ambito familiare. Lascia subito l'appartamento e raggiunge l'ufficio. Qui, incerto sul da farsi, decide di tornare a casa avendo prima avvertito la moglie. La trova sola, i figli sono fuori con la baby-sitter, e le dichiara il suo amore. La donna piange. I due si appartano in camera. Faranno l'amore di pomeriggio come non è mai accaduto.
Con L'amore, il pomeriggio Rohmer chiude il ciclo dei "Racconti morali" essendo ben consapevole del fatto che il pubblico e la critica andranno a leggerlo come il punto di arrivo di un percorso. Ecco allora che il regista sembra divertirsi a tornare su tutte le tessere che sono andate a costituire progressivamente il mosaico della sua narrazione che dura ormai da dieci anni, a volte per scompaginare il quadro, altre per mettere l'accento su alcuni elementi e, in qualche caso, per porre più o meno consapevolmente le basi delle opere future. Joèl Magny, in apertura della sua lettura critica del film afferma:«L'amore, il pomeriggio è incontestabilmente il meno seducente dei "Racconti morali". La musica dei titoli di testa, sintetizzata, come se fosse composta col computer, ci mette sull'avviso: ci troviamo in un universo in cui l'individuo non è che un elemento nella moltitudine, in cui le sue aspirazioni all'amore e alla bellezza si scontrano con la funzionalità e la tecnologia». (Joèl Magny, Eric Rohmer, 1995). Mi permetto di non concordare con questa presa di posizione. È sicuramente vero, infatti, che Rohmer sottolinea la scarsa qualità del suo protagonista ma questo non è che uno degli elementi messi in gioco in modo estremamente raffinato. Forse per la prima volta il regista non guarda solo con poca simpatia al proprio personaggio principale, ma si diverte a giocare con lui e con gli spettatori. "Nulla è prevedibile nel mio cinema" sembra volere sostenere Rohmer "e quando lo è ciò accade sempre in funzione di una variazione in agguato".
A partire dalle prime tre inquadrature ci vengono "consegnati" tre elementi nuovi nel cinema rohmeriano. Frédéric prende una cartelletta da un tavolino in una stanza avvolta dalla penombra, spegne un abat-jour e recupera un libro che mette in tasca. Quel tavolino, con i suoi oggetti simmetricamente collocati, sarà oggetto dell'ultima inquadratura del film con una valenza significativa molto forte, evidenziata dal dialogo tra il protagonista e la moglie che la precede. Nel gioco delle simmetrie rohmeriane l'apparente riconduzione alla "norma" non è che un aspetto superficiale. Alla fine di questo ultimo "Racconto" così come negli altri casi, tutto è a posto ma niente è in ordine. Lo stesso spazio attraversato dal protagonista nella prima inquadratura verrà successivamente negato dal film. La sensazione di calore scomparirà rapidamente dalle scelte della fotografia, tanto
da far dichiarare a Nestor Almendros: «Le inquadrature e la luce sono rimasti su una linea realista, discreta, priva di sottolineature. (...) L'amore, il pomeriggio non mi ha richiesto delle prodezze fotografiche». Al primo stacco di montaggio abbiamo la seconda sorpresa: Frédéric (di cui ancora non conosciamo il nome) è padre di un bambinol a così come il protagonista anonimo di La mia notte con Maud. Ma se in quel caso la paternità diveniva elemento della narrazione, privo peraltro di particolari tematizzazioni, alla fine del film, qui costituisce un dato di partenza. La terza e apparentemente più forte novità ci viene proposta con la terza inquadratura che presenta il primo nudo integrale (per quanto di schiena) del cinema rohmeriano. Non più porte socchiuse dietro cui si intravvedono dettagli di corpi, non più ginocchia adolescenziali. Una donna, una moglie mostrata nella sua bellezza così come avverrà, poco prima della fine, con il corpo di Chloé e con quello, appena intravisto, della disinibita baby-sitter (e qui lo sciovinismo rohmeriano torna a far capolino: la ragazza è inglese). In un film in cui si continuano a varcare soglie (il numero di volte in cui si apre o si chiude una porta è decisamente elevato) la prima superata èquella che porta al disvelamento di una bellezza che ha davvero la rotondità del marmo levigato e la trasparenza di una pellicola impressionata. Rohmer dà così il via a una trattazione che resti nel solco della propria tradizione, ormai consolidata, mantenendo un occhio vigile nei confronti dell'innovazione.
Frédéric vive a Parigi, lavora in un piccolo studio legale ed è felicemente sposato con Hélène, che è incinta del loro secondo figlio. Ma nella tranquilla routine di Frédéric si insinua all'improvviso Chloé, una sua vecchia amica che un giorno passa a trovarlo in ufficio dopo che per anni si erano persi di vista; i loro incontri si intensificano, e ben presto Frédéric scopre di essere attratto da Chloé.
Con L'amore il pomeriggio si chiude, dopo quasi un decennio, il ciclo dei Racconti morali del regista Eric Rohmer, aperto nel 1963 da La fornaia di Monceau. Con questo sesto ed ultimo capitolo, Rohmer tira le somme del percorso compiuto fino a quel momento, ripescando con velata ironia elementi e temi dei film precedenti. Protagonista de L'amore il pomeriggio è Frédéric (Bernard Verley), un avvocato poco più che trentenne pienamente inserito nei binari della vita familiare e borghese: sposato con la graziosa Hélène (Françoise Verley), è padre di una bambina e in attesa di un secondo figlio ed ha una solida attività professionale. Finché, un giorno, al suo ufficio si presenta l'affascinante Chloé (interpretata dalla modella Zouzou), una sua conoscente che si rifà viva dopo tanti anni, ed alla quale l'uomo non rimarrà indifferente...
Assumendo costantemente il punto di vista di Frédéric, al quale appartiene anche la voce fuori campo dell'incipit, L'amore il pomeriggio esplora in profondità i desideri inespressi e i sogni di evasione del protagonista. Frédéric si interroga sui canoni estetici che regolano la propria attrazione nei confronti del genere femminile, mentre attorno a lui ogni donna che percorre le strade di Parigi sembra rappresentare una possibile "tentazione" alla quale il codice della vita matrimoniale gli impone di resistere; ed è proprio l'entrata in scena di Chloé, così disinibita e sfacciatamente disponibile, a indurre Frédéric a considerare la possibilità di un'avventura extraconiugale. A fare da perfetta ambientazione alla vicenda è Parigi, centro metropolitano per eccellenza, popolato da una folla di persone che in ogni istante si incrociano e si sfiorano, ciascuna immersa nella propria frettolosa routine.
Il tono sottilmente malizioso della narrazione (è il primo film di Rohmer in cui compaiono delle scene di nudo) raggiunge l'apice nella sequenza onirica in cui Frédéric abborda per strada sei donne diverse, interpretate dalle sei attrici degli altri Racconti morali (Françoise Fabian, Aurora Cornu, Marie-Christine Barrault, Haydée Politoff, Laurence de Monaghan e Béatrice Romand); e non a caso il personaggio di Chloé - la "tentatrice" - costituisce una sintesi ideale di tutte le protagoniste dei film precedenti. Nel 2007 Chris Rock ne ha realizzato un remake americano, Manuale d'infedeltà per uomini sposati.
Arrivato finalmente all'ultimo capitolo dei racconti morali(la fornaia di monceau,la carriera di suzanne,la collezionista,la mia notte con maud,il ginocchio di claire) Rohmer firma decisamnte il suo piu' grande capolavoro.Il film racconta la vita di un uomo di nome frederic,sposatoe padre,che lavora in un ufficio legale,ove lavorano segretarie attraenti.
Frederic è sposato, ha un figlio ed un secondo in arrivo. Casualmente incontra dopo diversi anni Chloe, amica dei tempi passati con la quale ha un rapporto inizialmente ambiguo. Lei rappresenta la libertà espressiva, l’assenza della moralità borghese di cui è intrisa la sua vita. Gli incontri si fanno sempre più frequenti e quella che era una relazione d’amiciz [...] Vai alla recensione »