Anno | 2024 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 94 minuti |
Regia di | Luigi Pingitore |
Attori | Jago, Giovanni Allevi, Nancy Brilli, Vittorio Sgarbi, Patrizio Rispo Antonio Loffredo. |
Uscita | martedì 18 giugno 2024 |
Distribuzione | Nexo Digital |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 giugno 2024
La vita, i viaggi, i sogni e le ambizioni di un giovane scultore italiano che ormai tutti conoscono nel mondo come il nuovo Michelangelo. In Italia al Box Office Jago - Into the White ha incassato 27,2 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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"La verità è che sto ancora imparando". Inizia e si conclude con questa frase di Michelangelo il film dedicato a Jago. Jacopo Cardillo (Frosinone, 1987) ha, infatti, come maestri i più grandi: Canova, Bernini e, appunto, il maestro di tutti nella lavorazione del marmo dal Rinascimento in poi, e dell'interazione coi potenti (dalle famiglie aristocratiche del nord e centro Italia, fino ai papi a Roma), Michelangelo. La storia e il lavoro di Jago sono raccontate con silenzio, lentezza ed equilibrio dal regista Luigi Pingitore. Termini che lo stesso scultore ripete durante questo racconto dove la sua azione del tagliare ed elaborare il marmo - utilizzando la storica tecnica perfezionata da Antonio Canova - all'interno della Chiesa di Sant'Aspreno ai Crociferi a Napoli, lo studio di Jago, viene alternata a diversi luoghi della sua ricerca e delle sue mostre.
Dalla chiesa napoletana, che Jago rimette in vita dopo 40 anni di abbandono, fino al deserto arabo dello Fujairah, passando per piazza dei Plebisciti a Napoli, fino a momenti più "social" in cui lo scultore racconta in televisione o davanti a un pubblico il suo modo operativo e i concetti del fare scultura oggi.
Per Jago si inizia dal materiale. Nel suo caso dal marmo. La scelta di utilizzare la propria forza, senza assistenti, senza macchinari o laser 3D (come avviene oggi per la lavorazione della maggior parte delle sculture realizzate a Carrara e nelle altre cave per il mondo), è il valore dell'azione di Jago che vuole dimostrare come si possa tornare indietro nel tempo, rimanendo fuori dal sistema dell'arte dove l'artista non è più libero, ma è vincolato - economicamente e operativamente - ad altri attori.
Il valore della sua opera diventa una forza che agisce nella comunità che lo circonda: nel 2020, subito dopo il lockdown, Jago apre le porte del suo studio e invita i napoletani e visitarlo, a interagire con le sue opere e, addirittura, a partecipare collettivamente scrivendo frasi su un grande blocco di marmo che poi lo scultore rielaborerà. Perché, come asserisce lui stesso, ciò che conta, oltre al saper fare, è "l'esercizio dell'immaginazione", oltre che la sottrazione di concetto e di materia. La semplificazione è, infatti, la cosa più importante.
Sia nelle parole, come dimostra Jago, che nella scultura. Questi sono concetti che ricorrono nel film: Jago racconta la sua arte e i suoi sistemi a pubblici sempre diversi. Dai giovani che, quasi per caso, attraverso i social rendono virali i contenuti di un video dello scultore in azione nel suo studio, alla comunità che lo va a trovare - composta da diverse generazioni -, fino a protagonisti del mondo dello spettacolo.
C'è persino Sgarbi, che forma un peculiare trio insieme a Nancy Brilli e Giovanni Allevi, intento a baciare la figura femminile della Pietà realizzata da Jago. Una Pietà dalla concezione classica invertita di senso: qui è il figlio, drammaticamente addolorato, che accoglie nelle braccia la figura femminile, esamine. Forse la madre? Una maestra che gli ha insegnato molto per giungere alla scelta di fare lo scultore.
Jago, dal suo studio di Napoli, passando per piazze pubbliche (dove l'azione degli utenti - umani o non umani - non è controllata) dove viene installato, ad esempio, il "feto" in marmo che poi viaggerà fino al deserto, si definisce come un unicum con il lavoro e con la materia. Il gesto ripetuto dello scalpellino crea immaginari difficili da realizzare, facili da comprendere da una comunità che, magari, potrà soffermarsi di più sui valori del tempo e del fare scultura.
Jago (Jacopo Cardillo, l'artistar, «il nuovo Michelangelo» a detta del "Guardian") scolpisce. Jago riflette sulla «potenza» del suo gesto, sul sistema dell'arte (mostre vs. musei; l'artista del futuro come artpreneur, ovvero manager di se stesso) e sulla vita (imparare a «eliminare il superfluo» e dare spazio al giusto). Jago sprona (a mo' di mental coach: «Il desiderio fondamentale che ogni bambino [...] Vai alla recensione »