Anno | 2023 |
Genere | Thriller, Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 113 minuti |
Regia di | Chloe Domont |
Attori | Phoebe Dynevor, Alden Ehrenreich, Eddie Marsan, Rich Sommer, Sebastian De Souza Geraldine Somerville, Patrick Fischler, Laurel Lefkow, Jim Sturgeon, Linda Ljoka, Leopold Hughes, Jelena Stupljanin, Katarina Gojkovic, Ivona Kustudic, Greg De Cuir, Jovana Miletic. |
Tag | Da vedere 2023 |
MYmonetro | 3,06 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 22 dicembre 2023
In una società finanziaria due colleghi hanno una relazione che viene mesa in crisi quando lei ottiene una promozione.
CONSIGLIATO SÌ
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Emily e Luke costituiscono una coppia affiatata e pronta per un rapporto duraturo. Entrambi lavorano in una società finanziaria che vieta relazioni extra professionali tra i propri dipendenti. Non è però difficile nascondere il loro legame fino a quando Emily viene promossa e Luke diventa il suo sottoposto. Da quel momento la loro vita privata subisce un progressivo cambiamento.
Chloe Domont scrive e dirige un film che scava nelle dinamiche di coppia e di potere.
Per chi sa poco o nulla di alta finanza e di gioco in Borsa spesso i film ambientati in quell'ambito finiscono con il risultare quasi esoterici. Il linguaggio che viene utilizzato è talmente da addetti ai lavori da vanificare qualsiasi tentativo di comprensione finendo anche con il far risultare solo come accessori i plot che si intrecciano tra un intangible asset, uno yield e un bear market. Non è il caso di questo film dove, senza perdere nulla del contesto professionale di una società che opera in Borsa, l'attenzione viene mantenuta costantemente alta anche per il neofita in materia.
Perché il focus è sin dall'inizio puntato su una coppia affiatata dalla sessualità incandescente costretta però da vincoli aziendali a fingere in ufficio una distanza che non c'è nella realtà. Distanza che però inizia a manifestarsi nel momento in cui Emily viene promossa ad un ruolo a cui Luke ambiva e che, soprattutto, lo colloca nella posizione di suo subordinato. Emily non si vanta della posizione raggiunta ed è anzi disponibile a spendere una buona parola per lui nel momento in cui si aprirà una nuova posizione di rilievo. Questo però non sembra bastare all'orgoglio ferito del compagno.
Fino a questo punto potremmo pensare di trovarci su un terreno già esplorato dal cinema. Ciò che ne costituisce la variante originale non è solo che la situazione viene letta dal punto di vista di una sceneggiatrice e regista donna ma che Domont non si limita a raccontare il progressivo deteriorarsi di una relazione di coppia in cui prende posto la rivalità professionale ma va decisamente oltre.
Di Luke ci mostra la sostanziale debolezza che si trasferisce anche sul piano dei rapporti intimi finendo con il coinvolgere il giudizio sulla compagna cadendo nel classico, ma purtroppo invalso, cliché per cui una donna che sia anche esteticamente interessante può fare carriera solo concedendosi a chi può decidere in materia. Di Emily ci evidenzia invece il contrasto tra ciò che le viene chiesto sul lavoro (una freddezza sul piano decisionale e una disponibilità ad assumere atteggiamenti maschili) e la sensibilità che le è propria che è costretta costantemente a mascherare (si veda in proposito la serata nel locale di lap dance).
Tutto ciò senza tralasciare un'analisi precisa del contesto lavorativo che viene sintetizzata nella figura del capo affidata ad Eddie Marsan che troviamo in un ruolo distante anni luce da quello sostenuto ad esempio nell'indimenticabile Still Life di Uberto Pasolini. Al primo errore commesso da Emily (che non è riuscita a non dare fiducia a Luke) l'insulto che le dedica non è di natura professionale ma sessuale. La donna, ci ricorda Domont, in questo sedicente 'mondo libero' è ancora incatenata a stereotipi che, per quanto occultati, finiscono con l'emergere con violenza. Verbale e non solo.
Fair Play è un film dal sapore amaro. Partendo dalle dinamiche specifico-emotive di una coppia newyorkese, Chloe Domont imbastisce un racconto pieno di spunti interessanti e riflessioni contemporanee, oscillando continuamente fra la denuncia sociale diretta, e il voler trovare a tutti i costi una visione distaccata della situazione offerta. Così le problematiche tossiche di due persone [...] Vai alla recensione »
Storia di due colleghi innamorati che degenera sempre di più, con continue litigate, situazioni imbarazzanti al limite della decenza e sopportazione. E tutto questo per arrivare ad un finale scontato. La parola "cazzo" è la parola più frequente. Chi legge non se la prenderà se la scrivo così come si dice, se poi i film che ci offrono al giorno d'oggi ne sono pieni.
Storia di due colleghi innamorati che degenera sempre di più, con continue litigate, situazioni imbarazzanti al limite della decenza e sopportazione. E tutto questo per arrivare ad un finale scontato. La parola "cazzo" è la parola più frequente. Chi legge non se la prenderà se la scrivo così come si dice, se poi i film che ci offrono al giorno d'oggi ne sono pieni.
Bravi attori, lei bravissima, e nel complesso il film è interessante, la trama tiene e non è del tutto scontata. Il mio voto sarebbe 6,7 ma ho messo 4 stelle perchè 3 sarebbero state poche.
Bisogna sapere che era al Sundance, il festival del cinema indipendente. Una volta frequentato dai distributori che a prezzi ragionevoli portavano a casa titoli "mumblecore": due in una stanza, a mormorare frasi smozzicate, secondo l'uso del tempo. Quando le barriere d'entrata erano alte. Ora il festival voluto da Robert Redford è preda delle piattaforme con soldi da spendere.
All'utenza è stato venduto, fraudolentemente, come thriller erotico, un Cinquanta sfumature incravattato con la duchessina di Bridgerton Phoebe Dynevor a far da garanzia di prurigine (l'altra metà è il ritrovato Alden Ehrenreich, che con questa prova eccezionale e il ruolo chiave in Oppenheimer si è assicurato la rinascita dopo l'ingrato periodo d'ombra post A Star Wars Story: Solo).
Discorso simile per il film di Chloe Domont distribuito da Netflix. Più interessante il luogo di lavoro (una specie di Wall Street aggiornata al presente), così come un personaggio femminile più complesso di quanto appare. Il velo pietoso che dobbiamo invece stendere su quello maschile - che nulla c'entra con qualche trigger del recensore ma è solo buon senso di fronte a una controproducente parodia [...] Vai alla recensione »
Phoebe Dynevor (l'attrice britannica che ha ottenuto l'attenzione internazionale con il ruolo di Daphne Bridgerton nell'acclamata serie Netflix) e Alden Ehrenreich (Blue Jasmine, Oppenheimer), ci regalano performance di alto livello nel lungometraggio Fair Play, che è una parabola discendente di una "power couple" formata da Emily e Luke, due ambiziosi analisti finanziari che lavorano nella stessa [...] Vai alla recensione »
Fair play non è il thriller erotico disperatamente cercato dall'algoritmo di Netflix. C'è sesso, certo, e anche un duello psicologico. Ma zero desiderio perverso. È un film sgradevole e questo non è un difetto. Fair play parla di quel tipo di uomo con cui molte donne hanno avuto a che fare, che sembra perfetto e sta al loro fianco fin- ché ha il controllo della situazione.
Guardare Fair Play fa venire la pelle d'oca. Superomismo, competizione, identificazione totale con un lavoro che ti mastica e ti risputa tutto acciaccato. Non parlo soltanto di acciacchi fisici, perché naturalmente stare seduti per 12 ore al giorno a una scrivania non fa bene a nessuno, ma psicologici. Trovo molto e bello e interessante che sempre più spesso, negli ultimi anni, si stia parlando di [...] Vai alla recensione »
Fair Play, nuovo film Netflix Original, segna il debutto alla regia della sceneggiatrice Chloe Domont e racconta, con una sincerità acuta e spietata, come un ambiente di lavoro fortemente competitivo riesca ad avvelenare anche la vita privata delle persone, nella fattispecie quella di una coppia apparentemente molto innamorata. Emily (Phoebe Dyvenor) e Luke (Alden Ehrenreich) condividono un appartamento [...] Vai alla recensione »