Titolo internazionale | Following the sound |
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Durata | 84 minuti |
Regia di | Kyoshi Sugita |
Attori | An Ogawa, Yûko Nakamura, Hidekazu Mashima . |
Tag | Da vedere 2023 |
MYmonetro | 3,13 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 28 agosto 2023
Una giovane donna segue due persone che probabilmente soffrono della stessa malattia della madre ormai morta.
CONSIGLIATO SÌ
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La giovane Haru, commessa in una libreria, ferma per strada la sconosciuta Yukiko per chiederle delle informazioni: in realtà sa benissimo chi è e l'incontro porterà entrambe a una nuova amicizia. Per le stesse ragioni, poco dopo Haru avvicina anche Tsuyoshi, un uomo di mezza età padre di una adolescente, e gli offre la sua amicizia senza apparenti ragioni. Nel passato di queste tre persone c'è un evento che le unisce e che Haru intende far emergere e in qualche modo guarire. Haru è un angelo, o forse un messaggero, e grazie alla sua presenza la vita di Yukiko e Tsuyoshi cambierà per sempre.
Il regista giapponese Kyoshi Sugita costruisce un dramma minimalista che segue gli strani percorsi esistenziali di un personaggio dolce e al tempo stesso ambiguo, venuto dal passato per riaprire vecchie ferite e così guarirle una volta per tutte.
Non sfuggirà allo spettatore che Kanata no uta (Following the Sound), nonostante sia un dramma impressionista sui legami indefiniti di un gruppo di personaggi introversi e fragili, ha anche una dichiarata dimensione meta-cinematografica. La protagonista Haru, infatti, nel tempo libero segue un corso di cinema e come compito assegnato dall'insegnante deve girare un breve piano sequenza basato su un tema suggerito. Titolo: «Quel giorno, quel momento, quella conversazione». Kyoshi Sugita non potrebbe essere più chiaro: l'origine di una storia è il ricordo (il trauma?) sulla quale si basa, che nel caso di Kanata no uta, come si scopre poco alla volta nel corso del racconto, è l'incidente ferroviario che uccise la madre di Haru quando la ragazza era ancora il liceo e che in qualche modo coinvolse anche le vite e i destini di Yukiko e Tsuyoshi. I tre protagonisti del film sono dunque tre sopravvissuti, anime sconvolte dalla vita e per questo costrette a riconoscersi. Il ruolo di angelo o di messaggero di Haru, che da tempo osservava da lontano le sue due "vittime", spinge tutti a confrontarsi, a cambiare ed evolvere, abbandonando il loro dolore.
Con un piano sequenza come quello girato che Haru intende girare con le sue nuove conoscenze, oppure con lo stile più compassato del film, tra tipici interni giapponesi, primi piani e campi medi dalla durata estesa, per Kyoshi Sugita serve proprio a questo: a richiamare nella durata di un'inquadratura un ricordo, un trauma, e attraverso l'osservazione e la messincena della vita a superarlo. Il racconto breve e minimalista di Kanata no uta usa perciò l'arte in una funzione catartica, con la stessa Haru che chiede a Yukiko e Tsuyoshi di ascoltare un nastro registrato per riconoscere la provenienza del rumore inciso: qual è il fiume di cui si sente scorrere l'acqua? Cosa significa per lei, e per tutti, quel richiamo alla natura? Il film non dà risposte, ma nel ricordo visivo e in quello uditivo la memoria dei personaggi lavora dentro l'anima e ne purifica le scorie. Kanata no uta ha la stessa semplicità della sua protagonista, figura wendersiana umanissima e insieme celestiale: una luce chiara, un ritmo compassato, uno spirito dolce. Senza raggiungere i livelli di Ryusuke Hamaguchi, o senza la complessità di La bête di Bertrand Bonello (che ha una visione più sconsolata del ruolo delle immagini nel mondo), riesce comunque a cogliere l'impasse di un gruppo di persone attaccate alla vita, e a riconoscere al cinema un piccolo ruolo, un piccolo potere.
Haru, una giovane impiegata in una libreria, ferma Yukiko col pretesto di chiederle alcune indicazioni. Ha notato un dolore profondo sul suo volto. La commessa segue con discrezione anche Tsuyoshi, per controllarne le espressioni. Tempo addietro, era una studentessa alle medie quando sua madre morì. Proprio allora, le capitò di incontrare e parlare separatamente sia con Yukiko sia con Tsuyoshi. Entrambi sembravano soffrire di cuore. Anni dopo, Haru è ancora sulle tracce di quei due, quasi per il rimorso di non aver saputo aiutare sua madre pur conoscendone la tristezza. Haru ha continuato a sorvegliare Yukiko e Tsuyoshi. E nelle diverse occasioni, quando incontra l’uno o parla con l’altra, le relazioni assumono nuove dimensioni. Sono momenti nei quali Haru si confronta con i sentimenti verso sua madre e con il dolore provato da quelle due persone.
Il regista giapponese Kyoshi Sugita costruisce un dramma minimalista che segue gli strani percorsi esistenziali di un personaggio dolce e al tempo stesso ambiguo, venuto dal passato per riaprire vecchie ferite e così guarirle una volta per tutte. I tre protagonisti del film sono tre sopravvissuti, anime sconvolte dalla vita e per questo costrette a riconoscersi. Il ruolo di angelo o di messaggero di Haru, che da tempo osservava da lontano le sue due “vittime”, spinge tutti a confrontarsi, a cambiare ed evolvere, abbandonando il loro dolore.
Kanata no uta ha la stessa semplicità della sua protagonista, figura wendersiana umanissima e insieme celestiale: una luce chiara, un ritmo compassato, uno spirito dolce. Un film che riesce a cogliere l’impasse di un gruppo di persone attaccate alla vita, e a riconoscere al cinema un piccolo ruolo, un piccolo potere
Una ragazza approccia, in maniera apparentemente casuale, due personaggi, un uomo ed una donna. Le inquadrature statiche e le panoramiche lentissime ci mostrano piccoli episodi insignificanti della sua esistenza, assieme a momenti in cui si ritrova con uno dei due, tra silenzi, gesti pudici, scambi di battute seguiti da altri silenzi, spostamenti, in autobus, in motorino, a piedi, ripresi ostinatamente [...] Vai alla recensione »
Il dolore della perdita è costante, sottile, immutabile. Per la protagonista di Kanata no Uta, una giovane commessa di nome Haru (An Ogawa) dalla natura semplice e melanconica, la morte della madre ha rappresentato un crocevia, un punto di non ritorno da cui è possibile emergere solo se ci si attacca con forza ai quei singoli istanti che donano un senso di pace nel periodo più oscuro e lacerante della [...] Vai alla recensione »
Dopo Listen to Light Kyoshi Sugita, regista che conosciamo per le sue partecipazioni al FIDMarseille, realizza un film il cui titolo gioca ancora sulla sensorialità: Following the Sound, questo è il titolo (l'originale è translitterato come Kanata no uta) è stato presentato alla 20ª edizione delle Giornate degli Autori. Tutti i lungometraggi del regista hanno un titolo giapponese che contiene l'espressione [...] Vai alla recensione »
Rappresentante del Giappone nella selezione delle Giornate degli Autori di quest'anno, Kanata no uta (titolo internazionale Following the Sound) di Sugita Kyoshi continua il percorso di ricerca autoriale del regista, fondato sul tentativo di riunire nella stessa opera poesia, musica - entrambi uta in lingua giapponese, ma scritti con caratteri differenti -, teatro e cinema, partendo ancora una volta [...] Vai alla recensione »