Titolo originale | Rien À Perdre |
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 112 minuti |
Regia di | Delphine Deloget |
Attori | Virginie Efira, Arieh Worthalter, Félix Lefebvre, India Hair, Alexis Tonetti Mathieu Demy, Bettina Kee, Sandrine Bodenes, Kaou Langoët, Louise Morin, Antoine Plouzen Morvan, Arzouma Ismaël Gouba, Christophe Briand, Arnaud Stéphan. |
Uscita | giovedì 16 maggio 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,40 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 maggio 2024
Una donna perde la custodia di un figlio ma è decisa a vincere la battaglia legale. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards,
CONSIGLIATO NÌ
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Sylvie è una madre single con due figli da accudire il cui più piccolo, Sofiane, è piuttosto problematico. La loro vita è caotica e disordinata, e Sylvie, pur affettuosa e partecipe, è anche un po' approssimativa nella gestione domestica. Un giorno, mentre la madre è al lavoro cercando di mantenere la famiglia, Sofiane si fa male e finisce in ospedale. I servizi sociali lo allontanano da casa per mandarlo in un istituto, e a Sylvie non resta che intraprendere una battaglia nel tentativo di riavere a casa suo figlio. Il contenzioso avviene fra una madre coraggio che però commette svariati errori lungo il suo percorso e una macchina istituzionale (e burocratica) apparentemente indifferente, ma che ha comunque a cuore la tutela dei minori. E il dilemma diventa: conta più il legame affettivo materno o la necessità di proteggere i più giovani?
Niente da perdere è l'opera prima di finzione della giovane regista Delphine Deloget che proviene dal cinema di realtà e a quella realtà non vuole derogare, anche nel raccontare una storia da lei stessa accuratamente sceneggiata.
Tutto succede davanti ai nostri occhi con un'immediatezza e un'urgenza che fanno il paio con quelle di Sylvie, interpretata da un'ottima Virginie Efira. Il lato più interessante del film è che dà voce e corpo alle ragioni di tutti, tanto la madre, le cui distrazioni non tolgono valore al suo impegno e alla sua devozione verso i figli, quanto l'assistente sociale che individua nel suo sbandamento un pericolo per i ragazzi, soprattutto il fragile Sofiane.
Sylvie entra in un labirinto di cui non conosce l'uscita, ma si intestardisce a trovare una soluzione rischiando di peggiorare la situazione. È facile prendere le sue parti rispetto alla fatica e all'abnegazione di crescere da sola due figli in circostanze economiche precarie, ma non si può essere sordi alla necessità di schermare un ragazzino di otto anni da una vita instabile. C'è spazio anche per altri personaggi: il figlio adolescente di Sylvie, Jacques, anche lui colto in mezzo ad una situazione ingarbugliata, e i fratelli della donna, uno dei quali è un ex giocatore d'azzardo e conosce bene il caos in cui ci si può trovare intrappolati.
Niente da perdere è un film immersivo calato in un quadro famigliare ma anche in una realtà socioeconomica e geografica ben definita, con ricadute sia positive che negative sulle persone che la abitano. E ci spinge a ragionare senza pregiudizi sulle trappole in cui rischiamo tutti di cadere, un po' a causa nostra, un po' a causa della rigidità delle istituzioni che ci circondano.
Il film Niente da perdere di Delphine Deloget affronta un aspetto particolarmente importante della nostra società, rappresentato dal ruolo che possono avere le pubbliche istituzioni per il cittadino medio: la scuola, la pubblica sicurezza, la sanità, l’assistenza sociale, la legge, il carcere, l’amministrazione pubblica, … Siamo tutti d’accordo che dovrebbero [...] Vai alla recensione »
Il 2023 è stato un anno d’oro per Virginie Efira, l’attrice franco-belga che ha ottenuto il suo primo César per l’interpretazione nel film Riabbracciare Parigi, ha avuto il secondo figlio (dall’attore Niels Schneider) e ha partecipato al festival di Cannes con Il coraggio di Blanche e Niente da perdere, quest’ultimo presentato al festival del nuovo cinema d’oltralpe Rendez-Vous insieme alla regista Delphine Deloget.
In Niente da perdere Efira interpreta una madre single, Sylvie, che cresce da sola due figli, il minore dei quali le viene tolto dai servizi sociali, costringendola ad una battaglia per riaverlo con sé.
Il film parla di un amore incondizionato verso un figlio problematico. L’amore materno è sufficiente?
Questa domanda viene posta a Sylvie nel film dall’assistente sociale, e Niente da perdere mi piace proprio perché racconta la stessa vicenda da diversi punti di vista, non solo quello della madre ma anche quello di chi la circonda: il modo migliore di capire le cose è guardarle da diverse angolazioni. Dal punto di vista dell’assistente sociale esistono genitori disfunzionali che amano male i propri figli e creano loro molti problemi. Ma dal punto di vista di Sylvie se a un figlio viene tolto l’amore di sua madre, per quanto scombinata, gli si arreca un danno irreversibile. Anche io credo che l’amore sia una conditio sine qua non, e che non esistano genitori perfetti. Inevitabilmente si commettono degli errori, perché si fa solo quel che si può, al meglio possibile.
Di recente ha ricoperto spesso il ruolo di madre, ad esempio anche in I figli degli altri o in La doppia vita di Madeleine Collins.
Questo è sicuramente legato alla mia età (47 anni, ndr): se fossi una ventenne mi offrirebbero meno ruoli di madre e più ruoli di ingénue alla ricerca della propria identità. Ma al cinema mi interessa soprattutto raccontare maternità in qualche modo carenti o malate: nel caso di Sylvie c’è un suo accanimento nei confronti di una relazione che per lei è anche un luogo di lotta.
Aiuta il fatto di essere madre anche nella vita?
Un po’ sì, ma mi piace pensare che un attore possa interpretare anche situazioni che non conosce personalmente: ci sono attrici che non hanno mai avuto figli eppure sono bravissime a recitarne il ruolo. Del resto in Riabbracciare Parigi ero una sopravvissuta ad un attentato terroristico, un’esperienza che per fortuna non ho mai subito.
La lavorazione di Niente da perdere è stata descritta a Cannes come un ottovolante. In che senso?
Delphine, la regista, viene dal documentario, e in certi momenti il suo modo di girare naturalista e immediato ha creato momenti di confusione fra chi doveva parla per primo, o su come organizzare il lavoro. Ma questo mi ha dato l’opportunità di recitare in modo molto libero, potendo scegliere ad esempio come muovermi in scena. Con altri registi, come Valerie Donzelli, che sono molto precisi sul set, tutto è perfettamente controllato. Niente da perdere invece era veramente simile alla vita reale.
Effettivamente l’autenticità del film, che racconta una famiglia di classe media popolare, si respira.
Perché si capisce che la regista conosce molto bene quell’ambiente, e lo vediamo dai dettagli: le musiche, i locali, un certo modo di parlare, e di pensare, tipici di quel luogo (Brest, ndr). Le classi sociali nei film spesso vengono tratteggiate a grandi linee, qui invece è tutto molto specifico. E non c’è pauperismo, c’è il ritratto di una cultura, e la descrizione di un mondo solidale.
Cos’è cambiato dopo il César?
Sicuramente la mensola su cui l’ho piazzato pesa di più (ride). A volte dico che se sono arrivata in cima non posso fare altro che cadere, perché non si può restare sulla cresta dell’onda molto a lungo, come Djokovic. E ho la consapevolezza che i riconoscimenti non durano. Per il resto non è cambiato molto, perché già prima del César mi offrivano ruoli ben scritti e ricchi di sfumature. E se il mio momento passerà, vedrò se ci sono ruoli che io stessa posso proporre al regista. Potrei anche passare alla regia, ma non alla sceneggiatura: ci ho provato, e non mi è riuscito bene (ride).
Negli ultimi anni ha lavorato senza sosta: non sente il bisogno di prendersi una pausa?
Veramente no, forse perché ho iniziato tardi a fare cinema, a trent’anni compiuti, o forse perché faccio fatica a separare la vita professionale da quella privata: mentre giro un film si infiltra, mia figlia viene sul set, continuano ad accadermi cose personali. Ed è vero che interpreto mediamente tre film l’anno, ma ognuno richiede circa due mesi di lavoro, quindi il tempo per me ce l’ho. Uno pensa che in questo mestiere si lavori come pazzi ma non è vero, tante donne lavorano molto più di me, solo che quello che faccio io è molto più visibile.
Lei ha recitato spesso per registe. Che spazio c’è oggi per le donne dietro la cinepresa nel cinema francese?
È uno spazio piuttosto ampio, ma solo per i film a basso budget, perché anche se le cose stanno evolvendo appena sono in gioco grosse somme di denaro diventano appannaggio degli uomini. Questo vale anche per quanto riguarda i ruoli di potere: la segreteria di edizione e la truccatrice sono quasi sempre donne, il regista o il direttore della fotografia invece quasi sempre uomini. Però oggi nel cinema d’autore in Francia ci sono tantissime registe, mentre prima ce n’era una ogni dieci anni, come Agnes Varda o Catherine Corsini. L’anno scorso a Cannes abbiamo visto Corsini anche Catherine Breillat, Justine Triet, o Valerie Donzelli e Delphine Deloget con cui ho lavorato.
Lei ha recitato in una decina di film diretta da registe: è diverso dal recitare per registi?
È diverso in particolare quando si devono girare delle scene erotiche: lo sguardo di Valerie Donzelli o Rebecca Zlotowski ad esempio non oggettivizza mai il corpo femminile. Credo che le registe portino sul grande schermo nuove storie e un nuovo modo di rappresentare la sessualità, che un uomo non saprebbe raccontare così. E con le registe con cui ho lavorato mi sono sentita molto a mio agio: c’è una complicità, c’è l’impressione di recitare insieme. Ma devo dire che anche Paul Verhoeven, con cui ho girato Elle e Benedetta, è un immenso femminista, anche se gli americani non sono d’accordo. Quando da ragazzina ho visto Basic Instinct nella famosa scena dell’accavallamento delle gambe ho capito chiaramente che il punto di vista, nonostante sembrasse quello degli uomini, era in realtà quello di lei, in pieno controllo dell situazione mentre gli uomini che la guardavano non capivano più niente. Con Verhoeven è stato fantastico girare le scene d’amore, non mi sono mai sentita oggettivizzata solo perché lui è un uomo, al contrario. E poi, avendo iniziato a recitare nel cinema molto tardi, se mi accorgo che un regista non sa come girare una scena intima non la faccio. Del resto anche quando ho interpretato il ruolo della protagonista in Sibyl - Labirinti di donna di Justine Triet e in sceneggiatura c’erano importanti scene di sesso illustrate solo da indicazioni di massima, ho detto a Justine: “No, devi scrivermi esattamente cosa vuoi vedere, così capisco se mi va di farlo o no”.
Sylvie fa la barista, lavora fino a tardi. Non è in casa la notte in cui il figlio minore Sofiane, per prepararsi delle patatine fritte, si fa male, il fratello adolescente lo porta al Pronto Soccorso. I servizi sociali accendono un faro su un contesto familiare certo non facile. Decidono che, almeno per qualche tempo, il bambino (problematico) sia tolto alla madre.
Sylvie Paugam (Virginie Efira) non sta nei ranghi. Non si comporta come si dovrebbe comportare. Meglio, non è come dovrebbe essere, e come le dicono dovrebbe essere, la protagonista di Niente da perdere (Rien à perdre, Francia e Belgio, 2023, 112'). La quarantottenne Delphine Deloget e i suoi cosceneggiatori Olivier Demangel e Camille Fontaine la raccontano senza migliorarla, ma rispettandola e amandola. S [...] Vai alla recensione »
Tutto va bene a casa di Sylvie (Virginie Efira), che cresce da sola i due figli, a Brest. Una vita modesta ma calorosa. Finché una notte il piccolo di casa finisce in ospedale per un incidente domestico, mentre Sylvie è fuori a lavorare. Si mette in moto la macchina dei servizi sociali e la madre viene separata dai figli. Con la sua esperienza da documentarista, Delphine Deloget mette in scena la zona [...] Vai alla recensione »
Sylvie ha due figli Jean Jacques, adolescente, e Sofiane, otto anni, da due padri diversi. Lavora al bancone di un locale notturno e passa le sue nottate in mezzo a spostati e ubriaconi con disinvoltura e abitudine. Una notte, durante l'esibizione di un cantante, Sylvie viene raggiunta dalla polizia perché suo figlio piccolo è stato portato d'urgenza in ospedale e la donna non ha risposto a decine [...] Vai alla recensione »
Opera prima di una regista che passa dal cinema della realtà alla realtà del cinema di finzione, "Niente da perdere" racconta una storia di burocrazia e di difficoltà esistenziali e affettive di una madre single con due figli, il più piccolo dei quali, Sofiane, otto anni, desta non pochi problemi. Così quando un giorno, in assenza della madre, si ustiona friggendo le patatine, intervengono i servizi [...] Vai alla recensione »
Nemmeno il tempo di scrollarci di dosso, dalla testa e dal cuore le tante emozioni che Il coraggio di Blanche e la doppia performance di Virginie Efira ci hanno regalato, che ci ritroviamo a meno di un mese di distanza ad essere travolti da uno tsunami di eguale potenza e intensità. Dopo averla ammirata nell'ultima fatica dietro la macchina da presa di Valérie Donzelli, nella quale si era sdoppiata [...] Vai alla recensione »
"Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. poiché senza che avesse fatto alcunché di male una mattina venne arrestato". Così recita il celeberrimo incipit de Il processo di Franz Kafka, capace di creare una nuova categoria di narrazioni, in cui l'istituzione si comporta in un modo facilmente riconoscibile come illogico, ma che grottescamente viene accettato come status quo, con personaggi che si scontrano [...] Vai alla recensione »
Sofiane (Alexis Tonetti) è un bambino problematico, irrequieto e instabile. Vive con la mamma Sylvie (Virginie Efira), che conduce una vita disordinata ed è spesso assente per lavoro, e con il fratello maggiore Jean-Jacques (Félix Lefebvre), forse l'elemento più razionale del nucleo familiare. Una notte Sofiane si alza e si prepara da solo delle patatine, ma per un pelo non fa saltare in aria la casa. [...] Vai alla recensione »
Delphine Deloget debutta al 76° Festival di Cannes con un film che spezza il cuore. Da lei scritto e diretto è un duro e raffinato dramma sociale. La protagonista è una madre single (tutti in piedi per la bravura dell'attrice franco-belga Virginie Efira), che lotta per riavere la custodia del figlio più piccolo di 8 anni, che i servizi sociali hanno affidato a una casa famiglia.
Sylvie (Virginie Efira) lavora di notte, al bancone di un locale. Mamma single, tira avanti senza troppi patemi. Fino a che la polizia non irrompe nel locale e la porta con urgenza in ospedale: Sofiane, il secondogenito di 8 anni, si è ferito in un incidente domestico mentre il fratello più grande, Jean-Jacques, non era in casa. Qualche giorno dopo i servizi sociali le porteranno via il bambino. Vai alla recensione »