Anno | 2022 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Regia di | Stefano Lodovichi, Roberto Cinardi |
Attori | Edoardo Pesce, Claudio Santamaria, Silvia D'Amico, Giordano De Plano, Antonio Bannò Francesco Colella, Lina Sastri, Milena Mancini, Gabriel Montesi, Selene Caramazza, Ivan Franek, Giulio Beranek, Alessio Di Domenicantonio, Giulietta Rebeggiani, Andrea Bonella, Valentina Pastore. |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | 3,22 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 29 novembre 2024
Un supernatural crime drama con il vincitore del David di Donatello Edoardo Pesce, ambientato in una Roma ultra-periferica di Corviale, un edificio lungo 986 metri.
CONSIGLIATO SÌ
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Un crime soprannaturale che mette la cura visiva tipica delle serie quality al servizio di una trama originale e atipica che esplora le ambiguità etiche e i risvolti concreti e inaspettati di un evento inspiegabile. Edoardo Pesce è un criminale a cui compaiono due ferite sulle mani, che sembrano proprio stimmate. Claudio Santamaria è lo scettico emissario del Vaticano inviato a valutare l'autenticità del miracoloso evento.
La seconda stagione spinge sull'acceleratore sul surreale, mantiene la qualità palindroma e presenta un triangolo tarantiniano di notevole efficacia
Recensione
di Paola Casella
Città-Palazzo, quartiere degradato della periferia romana, è rimasto privo di un capo dopo la morte del boss Lino ucciso da Christian, suo fratellastro ed ex picchiatore diventato "'na mezza specie de santo" che può guarire, e addirittura resuscitare, attraverso l'imposizione delle mani resecate dalle stimmate, e che dovrà mettersi alla testa del quartiere cercando di ripulirlo dal crimine e dalla droga. La sua coscienza è Rachele, un'ex prostituta che Christian stesso ha riportato in vita, e i suoi alleati sono Penna, cui ha restituito l'uso delle gambe, e Davide, il figlio di Lino, che invece le gambe le ha perdute ad opera dell'ex fidanzata Michela, anche lei rediviva. Intanto il postulatore del Vaticano Matteo si trasferisce a Città-Palazzo per indagare su quello che potrebbe essere un falso profeta, e l'eterno conflitto fra il Bene e il Male trova nei casermoni del quartiere il suo teatro di guerra: ma chi rappresenta davvero il Bene, e chi il Male?
La seconda stagione di Christian, "supernatural crime-drama" liberamente tratto da Roberto "Saku " Cinardi dalla graphic novel "Stigmate" di Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti, spinge ulteriormente l'acceleratore sul surreale, confortata dal successo della prima stagione, ma mantiene quella qualità palindroma, incarnata appunto dalla dicotomia fra Bene e Male e dalla presenza di due dei ex machina, il Biondo (già presente nella prima stagione) e la Nera (che compare invece nella seconda).
Ma questa palindromia è allo stesso tempo la sua originalità e il suo tallone d'Achille (per restare in tema di divinità): la compresenza degli opposti, e la difficoltà a capire da che parte stanno realmente i personaggi, è interessante e molto attuale in quest'epoca di verità ossimoriche, ma spinge il regista sceneggiatore Lodovichi ad un accumulo costante di stimoli e linee narrative speculari che non fa bene alla coesione della storia, aprendo costantemente a digressioni che rendono tutto uguale a tutto, anche in questo caso seguendo una deriva molto contemporanea ma non necessariamente utile al racconto.
Le interpretazioni restano di prim'ordine, in particolare quella di Edoardo Pesce che rifiuta qualsiasi facile istrionismo, e quella di Silvia D'Amico nel ruolo sfaccettato di Rachele, e le interazioni fra i due sono i momenti più riusciti della serie, cui si aggiunge a tratti Antonio Bannò nei panni di Davide, formando un triangolo tarantiniano di notevole efficacia. L'ironia pervade tutta la storia, e anche in questo caso Lodovichi si lascia spesso prendere troppo la mano con il gioco infantile (anch'esso tarantiniano) al "facciamo che io ero".
Dunque le tematiche portanti della storia esistenziali e sempiterne, dal libero arbitrio alle grandi responsabilità che derivano da grandi poteri, dal concetto di Male necessario alla necessità di guardarsi dai cattivi maestri, vengono spesso buttate in caciara, perdendo l'occasione di lasciare un segno più profondo. Parafrasando la Nera, l'eccesso di ambizione può condurre all'hybris (creativa): in questo senso il tema della superbia finisce per apparire come una proiezione registica.
Anche i piani narrativi si confondono (e confondono) un po' troppo spesso, rivelando incoerenze e contraddizioni che non hanno tanto a che fare con la complessità umana quanto con una certa ipertrofia in scrittura (alla sceneggiatura ci sono anche l'head writer Valerio Cilio insieme a Patrizia Dellea, Valentina Piersanti, Francesco Agostini e Giulio Calvani). Si nota in positivo l'entrata in scena di ruoli femminili e loro interpreti, dalla già citata Nera di Laura Morante alla misteriosa Esther di Camilla Filippi alla trans Virginia di Juana Jimenez, senza dimenticare Romana Maggiora Vergano che ritorna nei panni magnetici di Michela. E il gioco più divertente è quello di collegare i singoli ruoli ai loro archetipi (soprattutto biblici), non sempre quelli delineati nelle premesse narrative.
I valori di produzione continuano ad essere notevoli, così come il montaggio di Roberto Di Tanna e le musiche originali di Giorgio Giampà, cui si mescolano Mango e Renato Zero, Modugno ed Edoardo Bennato, Gaetano Donizetti, il Trio Lescano e i Verdena, sottolineando la dimensione squisitamente italiana di questa storia per altri versi molto debitrice del cinema d'oltreoceano. Con la stessa libertà pop Christian cita Kant e Giorgio Gaber, Orwell e Mozart, in un fritto misto gradevole ma a volte troppo ridondante per il suo stesso.... bene.
Un crime drama surreale interpretato da un cast di ottimi attori di esperienza (anche) teatrale
Recensione
di Paola Casella
Nei casermoni della Città-Palazzo, Christian è il numero uno a menare le mani. Sta a lui fare il lavoro sporco per Lino, che Christian considera un fratello maggiore, perché entrambi sono stati allevati dalla stessa donna, Italia, ora malata di Alzheimer. Ma un giorno su quelle mani che sono il suo strumento di lavoro spuntano due stimmate, e Christian si scopre in grado di operare miracoli. Matteo è un postulatore del Vaticano che ha perso la fede e ha il compito di definire l'autenticità dei fenomeni soprannaturali, con la missione personale di smascherare ogni tentativo di frode ai danni della Chiesa. Inevitabilmente, le strade di Christian e Matteo saranno destinate ad incrociarsi.
La serie Christian è liberamente ispirata alla graphic novel "Stigmate" di Lorenzo Mattotti e Claudio Piersanti, dalla quale Roberto "Saku" Cinardi aveva già tratto un cortometraggio.
Il team di sceneggiatori è qui composto da Enrico Audenino, Renato Sannio, Patrizia Dellea e l'head writer Valerio Cilio, e Cinardi affianca alla regia del quarto episodio Stefano Lodovichi, che invece dirige tutti gli altri ed è produttore creativo della serie. Altri contributi degni di nota sono la fotografia evocativa di Benjamin Maier, il montaggio esperto di Roberto Di Tanna e le intense musiche originali di Giorgio Giampà già premiate a CanneSeries, che si mescolano a brani noti ripensati in versioni innovative.
La squadra ha il compito non facile di far accettare al pubblico un livello alto di sospensione dell'incredulità, e affronta questa difficoltà radicando la storia in una realtà urbana degradata e mantenendo un linguaggio estremamente concreto, con atmosfere a metà fra il Dogman di Matteo Garrone e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti (peraltro attore protagonista del corto Christian da cui è gemmata la serie): non a caso i due attori protagonisti sono Edoardo Pesce, il Simoncino di Dogman, e Claudio Santamaria, l'Enzo Ceccotti di Jeeg Robot. Ed è soprattutto alla recitazione "in levare" di entrambi che si deve la (relativa) credibilità di questo crime drama soprannaturale.
In generale, è il cast la forza di Christian: eccezionali Lina Sastri nei panni di Italia e Giordano Di Plano in quelli di Lino, Silvia D'Amico nel ruolo della prostituta tossica Rachele e Antonio Bannò in quelli di Davide, il figlio di Lino. Anche i ruoli di contorno, in particolare quelli interpretati da Milena Mancini e Francesco Colella, sono ben gestiti e provengono prevalentemente dal teatro. I siparietti fra Pesce e D'Amico, come quelli fra Pesce e Bannò, sono particolarmente riusciti, anche se attingono a quella romanità di borgata spremuta come un limone da quasi tutto il cinema contemporaneo.
Coprotagonista è anche la Città-Palazzo, un mix di Corviale e Vigne Nuove, muraglia suburbana e galera a cielo aperto (come le vele di Scampia di Gomorra), teatro involontario di assortite bassezze e crudeltà, cui fanno da contraltare e da (insufficiente) argine la religione e la superstizione.
La cinepresa si infila lungo i corridoi bui e i balconi angusti, dentro appartamenti squallidi, in un acquario dal quale i personaggi non riescono ad uscire anche quando ne hanno una minima possibilità. I cattivi sono emanazioni di quell'habitat alienante, e spesso "poi così cattivi non sono mai": in primis Christian, gigante che chiede alle sue vittime quale mano usano prima di spezzare loro un braccio, e vive la contrapposizione con "zingari e negri" cui il comune ha assegnato alloggi nel quartiere come una legittima tutela dei propri spazi che nessuno difende.
È proprio qui che comincia l'ambiguità morale che caratterizza la serie (come molte altre serie contemporanee): nel rendere occasionalmente attraenti e in qualche modo assolvibili i prepotenti. Questa ambiguità si stratificherà sempre più lungo il percorso delle puntate, fino al momento in cui ogni personaggio sarà costretto ad assumersi le proprie responsabilità. Chi non lo fa mai, come il veterinario Tomei, è la vera anima dannata del quartiere, e le Grandi Domande - cos'è il Bene? Cos'è l'uomo? - dovranno trovare una risposta: che però, fino alla fine, rimane ambivalente. Il tema vero, e più attuale, è l'opportunità di dare speranza laddove la speranza è sistematicamente negata, in primis a se stessi.
Funziona? Dipende dai diversi livelli di tolleranza di chi guarda: per l'improbabilità della situazione; per il romanesco insistito; per la reverenza ai mondi di Garrone e Mainetti (ma anche a Il miracolo di Ammaniti, Munzi e Pellegrini e a The Young Pope di Sorrentino), che tolgono originalità alla messinscena; per gli eccessi melodrammatici, dato che Christian flirta con "Romeo e Giulietta" e con "Macbeth", per citare solo due titoli scespiriani. La sua chiave più efficace resta l'ironia crudele, alternata ad una tenerezza autentica (ma non necessariamente omni perdono) fra madri e figli, amanti, amici e fratelli.
A Corviale abita Christian, quarantenne che vive assieme alla madre Italia, affetta da demenza senile. L’uomo lavora come picchiatore per Lino, boss locale che lo impiega come esattore. Un giorno, mentre sta per picchiare un debitore, Christian si accorge che le mani iniziano a sanguinargli, inoltre si rende conto che toccando le persone può guarirle da qualunque malattia.
Mi sembra un gran bel prodotto. Di altissima qualità il cast la scrittura, la regia e la fotografia. Complimenti. L unica pecca forse è che in 6 episodi nn si riescono ad approfondire alcuni rapporti tra i personaggi ma meglio alzarsi da tavola con un po di appetito.
Mi spiace, pur incuriosita dai contenuti della serie, non riesco a seguirla, dato che è recitata interamente in dialetto romano, per me quasi totalmente incomprensibile .... e così anche per la maggioranza degli spettatori settentrionali. Purtroppo negli ultimi tempi sempre più spesso ci vengono propinate serie con la maggioranza dei dialoghi in dialetto romano (vedi la serie su [...] Vai alla recensione »
Ci sarebbe da chiedersi come mai alcune delle serie prodotte in queste anni da Sky siano così interessate al tema del sacro. A maggior ragione considerando che, fino a qualche lustro fa, a dare spazio a storie bibliche, vite di santi o avventure con religiosi (Un prete tra noi, Don Matteo, Che Dio ci aiuti) ci pensava soltanto la televisione generalista.
Christian (Edoardo Pesce) è lo sgherro di un boss che, in una desolata e infernale "Città-Palazzo" della periferia romana, si guadagna da vivere facendo l'unica cosa che conosce: usare le mani. Questo fino a quando quelle mani non iniziano a far male e a sanguinare per via di misteriose stimmate. Per Christian, che scopre di poter rianimare e guarire le persone, inizia così una nuova vita, aiutato [...] Vai alla recensione »
Senza sforzarci troppo, potremmo immaginare che Christian si svolga nella stessa Roma pop-coatta di Lo chiamavano Jeeg Robot. I suoi personaggi respirano la stessa disperazione delle periferie degradate postpasoliniane frequentate dallo Zingaro e da Enzo Ceccotti e probabilmente discendono pure dai Freaks Out dell'ultimo film di Gabriele Mainetti. Che, a chiudere il cerchio, era il protagonista dell'omonimo [...] Vai alla recensione »