Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Polonia, Italia |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Jerzy Skolimowski |
Attori | Sandra Drzymalska, Mateusz Kosciukiewicz, Tomasz Organek, Isabelle Huppert Lorenzo Zurzolo, Saverio Fabbri. |
Uscita | giovedì 22 dicembre 2022 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Arthouse |
MYmonetro | 3,10 su 25 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 15 dicembre 2022
La rilettura di un classico di Bresson che inquadra le relazioni sociali nel mondo moderno. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, Il film è stato premiato al Festival di Cannes, 2 candidature e vinto un premio ai European Film Awards, 1 candidatura a Cesar, a National Board, ha vinto 2 NSFC Awards, In Italia al Box Office Eo ha incassato 145 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Eo ("ih-oh") è il nome di un asino che fa coppia con l'acrobata Kasandra in un circo polacco. Con la ragazza, Eo ha un rapporto speciale, una comunicazione intima, che passa attraverso le carezze, il tono della voce, un accoppiamento delle teste e dello spirito. Ma il circo viene smantellato, piegato dai debiti e dalle proteste, e i due vengono separati. Eo inizia così un viaggio che lo porta in paesi e contesti diversi, fino in Italia, sempre secondo ai cavalli, belli e capricciosi, caricato di pesi, per lo più ignorato, a volte pestato, per cieca furia umana, in un'occasione salvato e in un'altra no.
Jerzy Skolimowski si mette nella testa dell'asino, animale intelligente e sensibile, costretto allo spettacolo dell'umana violenza e dell'umana insensatezza, e ne visualizza i pensieri, i ricordi, i desideri.
Il risultato è un film che vorrebbe essere quasi senza autore, identificarsi con il cinema stesso, con l'atto della visione, che è sempre soggettiva, investita e dettata dalle emozioni. E lo sguardo che Skolimowski attribuisce all'animale non è solo più circoscritto o parzialmente sfocato ai lati: è capace di elevarsi sopra le foreste, di immaginare il corso di un torrente, di materializzare la pericolosità crescente del nostro mondo nell'incubo di un insetto robotico, che tutto (video)registra senza provare empatia. EO è un progetto che cova nella mente del regista polacco da decenni, da quando, da ragazzo, fu segnato dalla visione di Au hasard Balthazar di Bresson, cui questo film rende omaggio rifiutando la chiave naturalistica e proponendo una visione pessimista dell'uomo. Scritto in Sicilia, con la complicità di Ewa Piakowska, durante l'isolamento dovuto alla pandemia di Covid19, il film riflette su cosa significhi, in termini cinematografici, vedere il mondo in maniera diversa, e la riflessione coinvolge necessariamente anche l'aspetto sonoro, traducendosi, anche in questo caso, in una musica tarata sull'espressione emotiva anziché su una sonorità accondiscendente nei confronti dell'orecchio umano. L'intenzione, dunque, è di grande interesse e ci sono dei momenti del film che ne raggiungono l'ambizione, ma in altri, sfortunatamente, il regista si fa sedurre dal gusto della stranezza fine a se stessa (cavalcata, con la proverbiale ironia, dalla regina di queste incursioni attoriali ai limiti del situazionismo: Isabelle Huppert) oppure da un'estrema semplificazione del discorso, che sfocia nel sentimentalismo. Allora il pensiero corre ad un'opera di ben altro livello, quale Bella e perduta di Pietro Marcello, che del viaggio di un bufalo faceva un'elegia senza tempo e malinconica sulla perdita del legame tra uomo e natura, tra specie diverse.
EO disponibile in DVD o BluRay |
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EO IHOH Un film di Jerzy Skolimowski. Quando si sceglie di vedere un film, a cinema, di un regista ultraottantenne noto ai cinefili festivalieri, film che ha come protagonista un asinello, allora vuol proprio dire che si cerca il meglio, della produzione cinematografica, al di fuori [...] Vai alla recensione »
Il geniale ottuagenario Skolimokski si avvicina al termine della sua avventura terrena e , come tutti i vecchi prossimi alla morte, sperimenta una visione panoramica dell'esistenza, E' il momento di tirare le somme e di riflettere su cosa si è stati e a contatto di chi si è stati. Il regista si fa prestare gli occhi dal tenero asinello Eo e ci descrive il mondo per [...] Vai alla recensione »
Che dolce film quello dell'84enne Jerzy Skolimowski (autore anche di Essential Killing, notevole, del 2010) e, mi dice un'amica polacca, collaboratore a suo tempo di Wajda e Polanski. Il Premio della Giuria a Cannes 2022 non è per caso e il nostro asinello EO lo merita tutto. Esso non è il “monumentale” bove di Carducci (la cui casa è “prezioso” [...] Vai alla recensione »
Confesso ed ammetto (o viceversa) di non essermi mai imbattuto in un film in cui il protagonista principale era un asino o somaro che dir si voglia. Ebbene questa volta mi è successo!! Non sapevo di imbattermi in un’opera siffatta altrimenti, forse, avrei rinunciato. Ma andiamo con ordine. Detto ciò appare sicuramente chiaro l’eredità che mi ha lasciato, ma alcuni [...] Vai alla recensione »
L’asino più famoso della storia del cinema resta ancora quello di Robert Bresson, il Balthazar di Au hasard Balthazar (l’anno 1966, il miglior di sempre per la storia del cinema, quello di Persona, per intendersi, o Play Time): dolce, passivo, dagli occhi senza fondo, testimone muto delle miserie umane.
È dichiaratamente a lui e al film del maestro francese che il grande vecchio del cinema europeo, Jerzy Skolimowski (85 anni il prossimo maggio), si è ispirato per il suo ritorno alla regia dopo Essential Killing (2010) e 11 minuti (2012), entrambi reduci dalla Mostra di Venezia. Il film si chiama EO e protagonista è anche in questo caso un asino, il cui verso caratteristico offre il titolo onomatopeico: E-O. EEE-OOO, un grido di dolore, di rabbia, di reazione alla violenza del mondo, e talvolta anche alla sua inattesa bellezza.
L’asino di Skolimowski – che presentando il film a Cannes ha detto di aver pianto una sola volta al cinema, proprio vedendo da giovane Au hazard Balthasar, e di aver conservato per sempre il ricordo di quelle lacrime – in questo caso non ha una controparte femminile, come succedeva nel capolavoro di Bresson, dove la coprotagonista, e padrona di Balthazar, era interpretata dall’indimenticabile Anne Wiazemsky.
EO è solo, piccolo, indifeso, ma nonostante questo timidamente resistente e indistruttibile. Nato in un circo, sfruttato come attrazione per bambini, l’animale passa di mano in mano, di avventura in avventura, dalla Polonia all’Italia, lungo strade e autostrade, tra boschi e cascate, al fianco di una squadra di calcio, nella villa di una contessa, in compagnia di un prete.
Il film, prodotto dal grande Jeremy Thomas (tra i massimi e più originali produttori di sempre) e scritto da Skolimowski con Ewa Piaskowska, moglie del regista e al terzo lavoro col marito dopo Quattro notti con Anna (2008) e lo stesso Essential Killing, non ha una vera e proprio trama, ma piuttosto una traccia, un canovaccio, che segue l’itinerario dell’animale e osserva gli eventi e le persone con cui entra in relazione, tra indifferenza, possesso, sfruttamento, amore.
A contare in EO sono soprattutto le immagini, realizzate da Skolimowski con il direttore della fotografia Michal Dymek: un insieme libero e sperimentale di invenzioni e colori accesi; effetti sbalorditivi, a volte anche pacchiani, ma anche estremi e coraggiosi, che mettono alla prova l’estetica digitale, tra luci al neon e movimenti a 360° della macchina da presa. Un tour de force visivo volutamente brutale e grezzo, che nel momento in cui prende Bresson a modello cerca anche di aggiornarne il rigore al mondo delle immagini contemporanee, che come tutti sappiamo sono troppe e ovunque, persistenti e volgari.
Trait d’union delle varie vicende è ovviamente il piccolo asinello, il quale guarda, o meglio osserva, e vive e patisce, diventando con la sua impassibile dolcezza e il suo istinto di sopravvivenza il simbolo e al tempo stesso la vittima inconsapevole di un’esistenza senza direzione, senza morale o senso d’appartenenza. Come ha detto lo stesso Skolimowski, «gli asini non sanno cosa sia la recitazione, non possono fingere nulla: semplicemente sono. Sono gentili, premurosi, rispettosi, educati e leali. Vivono al massimo nel momento presente». Idealmente, con tutti i rischi e limiti di un simile approccio, EO è come il suo protagonista: diretto, senza mediazione, senza eccessive costruzioni, se non quelle delle sue immagini, che sono spinte al limite della resa estetica.
All’aspetto sperimentale del film – che a Cannes, dove è stato presentato in anteprima, ha vinto il Premio della Giuria dopo aver diviso pubblico e critica tra accesi detrattori e strenui difensori – contribuiscono anche le musiche stridenti di Pawel Mykietyn, ricercate e basate su suoni naturali, e la presenza straniante di attore e attrici (tra cui Isabelle Huppert in una parte breve e folgorante), come se, osservando il mondo dalla prospettiva a quattro zampe del povero EO, l’umanità stessa fosse qualcosa di troppo, di violento, di sbagliato.
È un cinema in fuga quello di Jerzy Skolimowski che è stato, fin da subito, autore vagabondo e dell’esilio, da quando con il suo primo film del 1964, Rysopis - Segni particolari nessuno, e con quello immediatamente successivo Mani in alto (censurato e uscito nel 1981), fu ‘attenzionato’ dal Partito Comunista polacco di Gomulka. E curiosamente il suo ultimo lavoro, a 84 anni, dall’onomatopeico titolo Eo, è quanto di più errabondo ci possa essere con il suo protagonista, un asino, che fugge da tutte le situazioni, una più spiacevole dell’altra, in cui si trova ovviamente non per sua volontà. In un viaggio picaresco che, da un circo in Polonia, lo porterà giù giù fino in Italia.
Un film che è un omaggio esplicito e sorprendente a uno dei capolavori della storia del cinema, Au hasard Balthazar (1966) di Robert Bresson, dove anche lì l’asino protagonista era vittima non della natura ma dell’umanità matrigna (nella biografia di Skolimowski c’è il padre, militante nei gruppi di resistenza antinazista durante l'occupazione tedesca della Polonia, catturato e ucciso nel 1943 quando lui aveva cinque anni).
È infatti un corpo a corpo micidiale quello instaurato dagli uomini nei confronti dell’animale mentre sono le donne a prendersene cura amorevolmente. Sembra di vedere, ancora una volta, come ebbe a dire lo stesso Bresson, lo specchio riflesso della vita umana contrassegnata prima dall’infanzia con l’accudimento materno, poi dalla fase del lavoro, fino ad arrivare al periodo riflessivo prima della morte.
Scritto con la terza moglie Ewa Piaskowska che ha collaborato anche agli ultimi spiazzanti, per freschezza, lavori di Skolimowski, da Quattro notti con Anna del 2008 a Essential Killing di due anni dopo fino alla produzione del penultimo 11 minutes, entrambi presentati in concorso alla Mostra di Venezia, Eo condivide con questi una ricerca formale, a tratti sperimentale, veramente impressionante.
Una cifra stilistica che ha sempre accompagnato Skolimowski, non a caso definito “poeta boxeur” (è stato effettivamente sia poeta che pugile) da Andrzej Munk, il cineasta capofila della “scuola polacca”, che era stato suo insegnante alla prestigiosa Scuola di Lodz dove, come compagno, c’era anche Roman Polanski con cui scrisse il suo esordio, Il coltello nell’acqua. Ma già prima, nel 1959, aveva sceneggiato Ingenui e perversi di Andrzej Wajda di cui fu amico e in un certo qual modo allievo.
La vita vista da un asino. L'ottantacinquenne Skolimowski, maestro del cinema polacco (tra le sue vette "La ragazza del bagno pubblico" e "L'australiano"), torna alla regia con un'opera dal contenuto antico ma dal linguaggio contemporaneo. Omaggio al capolavoro di Robert Bresson "Au hasard Balthazar", il film segue il calvario del ciuchino Eo, innocente osservatore e vittima del brutto mondo degli [...] Vai alla recensione »
Jerzy Skolimowski, fra i registi polacchi, è senza ombra di dubbio quello più complesso e segreto. Capace di vette altissime e, a volte, tutto sommato raramente, di cadute rovinose. Eo non solo appartiene al suo cinema maggiore, ma rilancia tutto quel che sappiamo in una dimensione completamente nuova. Il film segue le disavventure di un asinello "liberato" da un circo da un gruppo di animalisti e [...] Vai alla recensione »
Titolo onomatopeico, si legge i-ho come il raglio dell'asino, e un asino è il protagonista e la mente va al capolavoro di Bresson Au hasard Balthazar, Skolimowski lo omaggia senza farne il remake. L'asino Eo non è più fortunato di Balthazar, all'inizio lavora in un circo e rimedia qualche frustata ma non se la passa malissimo, almeno la bella acrobata gli vuole tanto bene e lo difende, e però il circo [...] Vai alla recensione »
In un'Europa grigia e asettica, l'asinello Eo, dopo che il suo circo è stato smantellato, si confronta con le storture del mondo che lo circonda, cambiando ogni volta proprietario. Spesso costretto alla sofferenza, troverà anche qualche momento di conforto, esplorando scenari simbolici struggenti. Ispirandosi all'originalissimo "Au Hasard Balthazar" (1966) di Robert Bresson, il polacco Jerzy Skolimowski [...] Vai alla recensione »
Tra i film delle feste i film più originali sono "Fairytale - Una fiaba" di Aleksandr Sokurov ed "Eo" di Jerzy Skolimowski. Il secondo è stato presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, dove ha ricevuto il Premio della giuria alla pari con "Le otto montagne", anche questo ora in sala. L'ottantaquattrenne cineasta polacco dall'Orso d'oro vinto nel 1967 con il magnifico "Il vergine" ha realizzato [...] Vai alla recensione »
L'asinello che soffia calore su Gesù smacchia la simbolgia biblica ed egizia del malvagio, sensuale o subdolo, forzuto testardo. Il memorabile film Au hasard Balthazar (1966) di Robert Bresson lo elesse a emblema recettore del Male, inflitto, subìto e metafisico. Jerzy Skolimowski voleva rifare Bresson da decenni: separato dall'amata acrobata del circo, Eo riscrive il percorso come vuole il suo autore [...] Vai alla recensione »
Arriva sugli schermi in questi giorni festivi, forse non esattamente i più adatti a un prodotto di questo genere, ma forte di un biglietto da visita come il premio speciale della Giuria al Festival di Cannes, Eo, l'ultimo film, a 10 anni da 11 minuti, del regista polacco 84enne Jerzy Skolimowski. Un vero grande vecchio del cinema dell'Est, che ha attraversato il disgelo post-staliniano e il lento declino [...] Vai alla recensione »
Nessuno mi toglie dalla testa che un grande regista dovrebbe lasciarsi orientare da se stesso e dalla propria Weltanschauung, piuttosto che andare a pescare l'ispirazione da qualche grande capolavoro di un collega del passato. Perché il paragone, la comparazione potrebbe risultare impietosa anche se a firmare il nuovo film EO è un autore del calibro di Jerzy Skolimowski, indiscutibile innovatore del [...] Vai alla recensione »
Il film più originale di Cannes 2022 è stato "EO" - da pronunciarsi "hi ho" come il raglio dell'asino. Ha spazzato via senza lasciare traccia provocazioni, sperimentalismi, strizzate d'occhio culturali che affliggono la nostra vita cinefila (se serve un ripasso: «cinefilia" vuol dire amare il cinema. Ma non tutto il cinema, ancor più se incomprensibile).
Per la prima volta qui parlo di me. Scrivere la storia di quest'asino è stato come scrivere il mio diario». Così Jerzy Skolimowski su EO, il suo nuovo film arrivato ora in sala - era in concorso al Festival di Cannes - magnifico regalo «natalizio» che commuove senza retorica mostrandoci con acutezza il mondo (nostro) attraverso gli occhi del suo protagonista: un asino.
C'è un inaspettato alone black metal intorno a EO, quel tipo di sensazione distorta che hai di fronte agli ultimi Dario Argento, per dire (che ci sia una connessione bestiale tra l'asinello di questo film e la cagnolina Nerea di Occhiali neri?), e d'altronde la Polonia è terra di tradizione metallara, come confermano i fantastici Behemoth. Skolimowski costruisce a conti fatti una serie di visual perfetti [...] Vai alla recensione »
Eo è il nome di un asinello sardo dal manto grigio e lo sguardo perso. Lo conosciamo come animale da circo, compagno di un bellissimo funambolo, l'unico essere umano che lo ama e lo protegge. Trasportato a destra e a sinistra, Eo vive una serie di disavventure che lo portano da un padrone all'altro e da una forma di sfruttamento all'altra. Mettendo il linguaggio in secondo piano, Skolimowski fa appello [...] Vai alla recensione »
Sballottato da una parte all'altra d'Europa, un asino onomatopeicamente battezzato EO ("i-o") ci mostra un pianeta selvaggio, dove i confini tra umanità e animalità sono irrintracciabili. Ceduto, rubato, venduto da un circo a un gruppo di chiassosi tifosi a un rampollo scapestrato e quant'altro, come il suo antenato protagonista di Au hasard Balthazar EO sente che sobbarcandosi il peso del mondo si [...] Vai alla recensione »
L'imprinting è ovviamente bressoniano, EO (in Concorso a Cannes 75) nutre l'evidenza di essere un remake di Au hasard Balthazar come un motivo logico e narrativo, piuttosto che come un omaggio. Per Jerzy Skolimowski non è questione di rispetto o ispirazione, il suo film risponde a una questione più pratica che ha a che fare con le geometrie della violenza del sistema umano.
Fotografia (bellissima, di Michal Dymek) virata al rosso fuoco, musica nobile e inquietante (di Pawel Mykietyn), una fanciulla china amorosamente su un asinello che pare agonizzante: ma no!, ecco che si rialza, applausi. Il numero è concluso e la circense Magda ricopre di tenerezze il dolce quadrupede in una scena che rievoca quella analoga di Au hasard Balthazar (1966), il cui protagonista era in [...] Vai alla recensione »
Il mondo visto attraverso gli occhi di un asino. Partendo da Bresson, ma subito deragliando in una composizione per quadri non necessariamente dialoganti, Skolimowski compone una sinfonia sulla libertà (in questo caso degli animali) non prova di fascino, splendidamente catturata nelle sue più svariate forme, con stacchi a tratti decisamente sorprendenti, ma forse banalizzandosi quando affronta i comportamen [...] Vai alla recensione »
Frammentati come sono da una luce stroboscopica rosso forte, i contorni dei corpi/volti di una ragazza e di un asino si distinguono a mala pena uno dall'altro. La musica pulsante comunica un senso di catastrofe incombente. Il nu- mero finisce, le luci di sala si riaccendono e la realtà si ricompone di fronte alla platea di un circo. Tutti battono le mani appagati.
In concorso al Festival di Cannes 2022 anche Jerzy Skolimowski, il grande autore polacco che è stato interprete di una sua Novelle Vague negli anni Sessanta, e che arriva al suo ventinovesimo titolo, dopo una carriera iniziata con i primi corti nel 1960. EO, questo il titolo dell'opera presentata a Cannes, è un raglio, un urlo di Munch laddove il soggetto non è umano bensì un animale, un asino.
Un suono, EO. E-O. EEE-OOO. Un verso. Un'esternazione. È un accento. Non è soltanto una voce. È uno strepito. L'urlo, titolava un film - magnifico - di Skolimowski di tanti anni fa (in italiano L'australiano). Questo ciuchino grida. L'asino di Jerzy Skolimowski, che guarda al Balthazar di Bresson unicamente in qualità di immagine votiva, crede alle preghiere e alle lacrime.
Seconda opera in gara ieri, non lascia indifferenti il film folle dell'ottantacinquenne Jerzy Skolimowsky, "EO", protagonista un asino che, come nel vecchio film di Bresson, sembra portare su di sé i peccati del mondo redimendoli con il suo sacrificio. Già protagonista di un numero di circo realizzato in simbiosi con la sua partner, liberato dagli animalisti, il quadrupede dall'occhio languido sperimenta [...] Vai alla recensione »
Da un somaro a scuola a uno di fatto. Il protagonista di Eo, sempre in Concorso, del maestro polacco Skolimowski (84 anni) è un ciuchino che scappa dal circo per vivere svariate avventure. La più bizzarra tra ricchi italiani dove il figlio si traveste da prete e ha un rapporto incestuoso con la madre (Isabelle Huppert). Non all'altezza di suoi capolavori del passato.
"I miei film si occupano di outsiders, dei dimenticati dalla società, di coloro che vivono ai margini". Così aveva affermato Jerzy Skolimowski in occasione del Leone d'oro alla carriera che gli è stato assegnato al Festival di Venezia del 2016. L'asino EO è un altra variazione di figura respinte dal mondo o che, al contrario, evitano un universo dove prevalgono l'ingiustizia e la violenza.
L'asino non si chiama più Balthazar. Di più, non ha praticamente più nome: tutti lo chiamano EO, che altro non è se non l'onomatopea del raglio, quel verso straziante e straziato che contribuisce a donare al ciuchino l'aria di fragilità che lo rende così dolce, carezzevole, spaurito. Non si chiama più Balthazar, per quanto sia evidente e dichiarata la filiazione del nuovo film di Jerzy Skolimowski, [...] Vai alla recensione »
EO da pronunciarsi ih oh, ih oh, perché di raglio asinino si parla. È il nuovo film dell'ondivago regista polacco Jerzy Skolimowski, 84 anni e una trentina di opere in carnet. Di nuovo in competizione a Cannes dopo The Shout (1978, premio speciale della giuria) e Moonlighting (1982, premiato per la sceneggiatura), si ispira al prediletto Au hasard Balthazar di Robert Bresson, di cui loda "lo stile [...] Vai alla recensione »