Anno | 2022 |
Genere | Documentario, |
Durata | 88 minuti |
Regia di | Domenico Procacci |
Uscita | lunedì 2 maggio 2022 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Fandango |
MYmonetro | 3,70 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 30 aprile 2022
Dal 1976 al 1980 l'Italia è la squadra da battere. Parliamo di tennis e il trofeo per cui si lotta è la Coppa Davis. In Italia al Box Office Una Squadra - Il Film ha incassato nelle prime 6 settimane di programmazione 26 mila euro e 24,4 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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1976, dicembre: la finale della Coppa Davis è prevista a Santiago del Cile, tra i padroni di casa e l'Italia. Ma la squadra azzurra, capitanata da Nicola Pietrangeli, è oggetto in patria di un acceso dibattito pubblico e politico, che coinvolge, oltre alle piazze, membri del parlamento come personaggi dello spettacolo: partecipare alla competizione per tentare di vincere un trofeo ambito e mai conquistato o boicottare l'evento in segno di protesta rispetto alle violenze della dittatura militare, instaurata col colpo di Stato tre anni prima? I protagonisti di quella finale (più alcuni esperti), intervistati oggi, tornano su quell'evento sportivo, ognuno con la propria verità, dentro e fuori dal campo. Sono il campione Pietrangeli, cosmopolita e spavaldo, l'introverso, scostante, udinese Corrado Barazzutti, il gaudente Paolo Bertolucci da Forte dei Marmi, il viveur romano Adriano Panatta, figlio del custode del Circolo Tennis Parioli, e il suo concittadino borgataro e concreto Tonino Zugarelli. Diversi caratterialmente, uniti nella vittoria, da allora non più replicata.
Prodotti da Domenico Procacci e Laura Paolucci e scritti da Procacci con lo scrittore Sandro Veronesi, il giornalista Lucio Biancatelli e il montatore Giogiò Franchini (con la consulenza del giornalista Mario Giobbe e dell'autore Luca Rea) La squadra - Il film e la serie documentaria collegata riprendono in parte, per svilupparlo, un evento sportivo memorabile e un momento di eccezionale mobilitazione politica.
Temi già rievocati dal documentario del
2009 di Mimmo Calopresti, La maglietta rossa, che però era commentato dal
solo Panatta. Oggetto di saggi come Sei chiodi storti di Dario Cresto-Dina, o
1976. Storia di un trionfo, dello stesso Biancattelli e di Alessandro
Nizegorodcew, o Coppa Davis 1976 di Lorenzo Fabiano, scritti per il
quarantesimo anniversario da quella finale.
Dopo una versione in anteprima di settantaquattro minuti presentata al Torino
Film Festival 2021, Una squadra - Il film arriva infatti nelle sale per tre giorni come lungometraggio a sé, ma anche come anticipazione della serie Sky
Original in sei episodi di circa cinquanta minuti ciascuno, on demand dal 14 maggio su Sky Documentaries e in streaming su NOW TV. Un progetto che si
estende dalla fine degli anni '60 a quelle cinque stagioni gloriose in cui la
nazionale di tennis italiana conquistò quattro finali della Coppa Davis: dopo
Cile '76, Australia '77, USA '79, concludendosi con l'ultima, giocata in
Cecoslovacchia nell'80.
Con un'operazione editoriale senza precedenti in ambito nostrano
(comprensiva del libro omonimo, fatto di interviste ai cinque tennisti, in uscita
con Fandango Libri dal 12 maggio) il film precede nelle sale e fa da traino,
quasi fosse un "mega teaser", alla serie documentaria. Idea scaltra e
brillante, non solo da un punto di vista promozionale, che incuriosisce e invita
a integrare narrazioni differenti. C'è da augurarsi che il ritmo e la
piacevolezza di racconto di Una squadra - Il film rispecchino quelli della serie: perché il primo evidente e molto apprezzabile valore del documentario risiede
nella costruzione delle interviste, che sembrano scaturire da un clima disteso,
complice, al servizio del film e di una corretta contestualizzazione storica di
un episodio controverso, calato in un clima di alta tensione, che
inevitabilmente fa pensare a prese di posizione tristemente attuali.
Diversi documenti televisivi pertinenti in bianco e nero aiutano a entrare nell'umore
del momento. Mentre nelle interviste, a imitazione della cadenza dello
scambio tennistico, lo stesso ricordo, aneddoto o contesto, rimbalza da un
testimone all'altro, in un montaggio affascinante che sfrutta a pieno anche le
minime espressioni dei protagonisti. Gioca sulle loro differenze, rivalità e
dissapori, reali o leggendari, e va a cercare sempre il punto, la battuta, in
senso drammaturgico, che "chiuda". Molto appropriato quindi che tra i quattro
sceneggiatori (quattro, come gli atleti in campo) stia Giogiò Franchini, a
disposizione del quale viene in soccorso del materiale prezioso, dato che RAI
non inviò operatori a Santiago: un girato in pellicola e a colori, indicato nei
titoli di coda come Davis 76. Immagini di una vittoria. Una manciata di minuti
dalla grana ricca e inconfondibile, catturati dalla Arriflex di un cineamatore,
che oggi restituiscono allo spettatore, tra le altre cose, la gioia dell'esultanza
sul crescendo prog di È festa, PFM, mentre in quell'autunno italiano
Domenico Modugno intonava "non si giocano volée con il boia Pinochet".
"La prima e certamente unica opera da regista" (dalle note stampa) del
produttore Domenico Procacci lavora sull'oscillazione tra le legittime emozioni
della trasferta e voglia di vincere del team e l'angosciante tetraggine dello
scenario politico cileno, quest'ultima accentuata dalla prossimità ai campi di
terra rossa del famigerato Estadio Nacional: in quel '76 la squadra sovietica
rinunciò alla Coppa Davis per motivi politici, così come fece ai mondiali di
calcio, in quello stesso stadio, tre anni prima, infliggendo ai cileni l'umiliazione
del gol a porta vuota. In questo contrasto, mentre la narrazione avanza,
prende sempre più spazio la leggerezza di un quartetto consapevole del
proprio privilegio, insieme al sapore di un'età dell'oro del tennis, più autentica
e meno inquinata dai compensi e dal cronometro. Di quel gioco di racchette
di legno, tuffi a rete, magliette di ricambio lasciate a casa e magliette messe -
forse - per lanciare una provocazione, di goliardia, dinamiche di confronto
virile e grandiose occasioni da raccogliere, come un volo su un Concorde,
verso qualche ora di spiaggia. Mentre il film converge sulla squadra - "una",
nel senso latino di strategicamente compatta, nonostante i contrasti suggeriti
- si rimane a riflettere sul senso di quel viaggio e sui significati effettivi, di
quell'enorme insalatiera d'argento. Con la voglia di saperne di più.
Nel 1976 l'Italia del tennis gioca la finale della Coppa Davis, un trofeo che non ha mai conquistato. Un momento di sport che dovrebbe unire il Paese ma l'incontro decisivo è in programma a Santiago, nel Cile di Pinochet: molta parte dell'opinione pubblica (politici, artisti, gente comune: Modugno ci scrisse pure una canzone-sberleffo) si schiera perché la nazionale diserti la trasferta per boicottare [...] Vai alla recensione »
Quattro ragazzi talentuosi con una racchetta in mano, un ex campione che si era messo in testa di capitanare una squadra per incidere il nome dell'Italia nell'insalatiera d'argento, il prestigioso trofeo alzato ogni anno dalla squadra più forte al mondo, e poi un paese diviso tra chi riconosceva nel tennis uno gioco appassionante e finalmente alla portata di tutti, e chi si ostinava a posare il suo [...] Vai alla recensione »
La macchina del tempo riavvolge il nastro e torna nel 1976, anno in cui l'Italia ha vinto l'unica sua Coppa Davis a Santiago del Cile. Sono gli stessi protagonisti di quell'impresa che raccontano quella fantastica sfida: Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli, il capitano Antonio Pietrangeli e in più l'ombra sempre presente del dirigente sportivo Mario Belardinelli [...] Vai alla recensione »
Esordio alla regia del produttore Domenico Procacci, e lancio di una docuserie (Sky) sugli anni '76 80 che sconvolsero il tennis italiano e forgiarono speranze, gloria e spaccature: la Davis contestazioni e proteste, coi carabinieri che scortano Panatta, Bertolucci, Zugareli e Barazzutti a Fiumicino, il governo Andreotti e il Coni astenuti... Un'ltalia e una cultura sportiva scomparsa.
Solo gli ingenui possono davvero credere che sport e politica siano due mondi distanti e paralleli: d'altronde la storia ha sempre dimostrato il contrario. L'Italia del tennis che scelse di andare in Cile nel 1976, per giocarsi la Coppa Davis, in piena dittatura Pinochet, scatenò allora una montagna di polemiche, diventando un caso politico. Fu tra l'altro l'unica volta che gli azzurri conquistarono [...] Vai alla recensione »