Anno | 2019 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia, Belgio, Paesi Bassi |
Regia di | Jenneke Boeijink |
Attori | Tom Vermeir, Laura de Boer, Teresa Saponangelo, Johan Heldenbergh, Gene Bervoets Bert Luppes. |
Uscita | giovedì 28 aprile 2022 |
Distribuzione | Notorious Pictures |
MYmonetro | Valutazione: 1,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 aprile 2022
Quando una coppia scopre la malattia del figlio nelle loro vite si forma una crepa indelebile, proprio come fragile porcellana. In Italia al Box Office Fragile ha incassato 3,6 mila euro .
CONSIGLIATO NO
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Paul e Anna hanno una vita in apparenza felice. Uomo d'affari lui, restauratrice lei, condividono l'amore per il loro bellissimo figlio, il piccolo Thomas, che da un giorno all'altro viene colto da una malattia misteriosa e incurabile. La facciata della famiglia perfetta si sgretola e tutti i problemi celati nell'intimo vengono a galla: il lavoro di Paul che fa di lui un padre e un marito terribilmente assente, la fragilità di Anna che le impedisce di trovare la forza per affrontare la situazione. A scuotere l'agghiacciante paralisi in cui sprofonda la famiglia di Anna, Paul e Thomas, arriva Cristina, infermiera italiana, che sembra l'unica in grado di entrare in contatto con il piccolo.
Jenneke Boeijink debutta con Fragile, primo lungometraggio per il grande schermo (la regista olandese ha al suo attivo solo TV Movie e cortometraggi) in una produzione che vede coinvolti i Paesi Bassi, l'Italia e il Belgio.
Il senso di ciò che il film vuole raccontare si evince ancor meglio dal titolo originale, Porcelain, e cioè il racconto di una famiglia esteriormente perfetta che, come la pregiata ceramica, una volta rotta è praticamente impossibile da riassemblare. D'altronde tutto ciò viene esplicitato in un convegno per restauratori in cui Anna tratta l'argomento della porcellana, un materiale pregiato e delicatissimo.
Delicato come è Thomas che all'improvviso, come se si rompesse dentro, inizia a manifestare una strana aggressività; un malessere che sembra prima di tutto mentale ma che poi, seguendo l'inevitabile connettersi fra la mente e il corpo, si abbatte anche sul fisico, minando sempre di più la salute del ragazzo. A questo male incomprensibile nessun dottore o infermiere riesce a trovare una causa: Thomas anche dopo moltissimi esami, sembra non avere davvero niente che non vada, forse perché tutto si annida nella questione su chi è il vero pezzo fragile della famiglia, su chi è realmente "rotto" dentro. Perché di pari passo con la malattia del ragazzo vengono fuori le fragilità di Paul e del suo difficile rapporto con un padre a sua volta assente, ma anche della madre Anna che si rivela incapace di stare vicino al figlio, disertando così suo malgrado il compito della maternità.
L'unica capace di connettersi con Thomas è l'infermiera Cristina, interpretata da Teresa Saponangelo (l'abbiamo vista l'ultima volta in È stata la mano di Dio di Sorrentino), la sola in grado, tramite il contatto fisico, di riportarlo lontano dal suo male misterioso, forse anche per quelle che scopriamo essere le sue origini contadine e quindi estremamente legate al reale della terra, che di certo non permette di perdersi nella sola freddezza della mente.
Il punto però è che tutto questo nel film della Boeijink non ci arriva davvero, non ci tocca, se non attraverso scene che si rivelano didascaliche ma soprattutto stranamente non collegate fra loro. Non riusciamo ad avvertire il malessere di Thomas, che come un morbo si estende alla famiglia tutta, e il problema principale sembra esser causato da una sceneggiatura (scritta dalla stessa regista e da Thibaud Delpeut) che ci arriva slegata, mal assemblata, così che tutte le questioni affrontate finiscono per non emergere a dovere.
Certo, c'è la freddezza della luce che pervade il film: il grigio di una città non definita in cui sembrano vivere solo silenti grattacieli, o quello degli ambienti familiari che lungi dal trasmetterci calore ci arrivano freddi, sterili, come fossero uffici piuttosto che case calde a cui tornare la sera. Ma né la fotografia, né tanto meno una regia più che accettabile, riescono a farci sprofondare nell'abisso della malattia, o a farci avvertire la lenta e progressiva distruzione di un equilibrio già in partenza delicato. Questo perché, senza una solida scrittura alle spalle, la fragilità interna della porcellana non viene alla luce, se non nel titolo che la esplicita.
Una lenta carrellata aerea guida lo spettatore attraverso la facciata di un palazzo residenziale. Al suo interno dei rappresentanti della bella società declamano le virtù dei legami della famiglia tradizionale e dell'amore, inconsapevoli della piega che la loro vita sta per prendere. Fragile mette in crisi i valori tradizionali e i simboli della società postmoderna.
Comincia un po' come Carnage l'esordio di Jenneke Boeijink, con due bambini che bisticciano e uno che finisce al pronto soccorso, morso a sangue da un compagno di scuola. Convocazione dei genitori, psicologo, tentativo di rappacificazione tra le famiglie. L'aggressività del piccolo Thomas - faccia d'angelo e sguardo opaco - cela però dell'altro: una malattia indecifrabile che consuma il bimbo dal di [...] Vai alla recensione »