Life of Ivanna

Film 2021 | Documentario 60 min.

Regia di Renato Borrayo Serrano. Un film Genere Documentario - Russia, Norvegia, Finlandia, Estonia, 2021, durata 60 minuti.

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Ultimo aggiornamento martedì 9 novembre 2021

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Recensione di Giampiero Raganelli
mercoledì 3 novembre 2021
Recensione di Giampiero Raganelli
mercoledì 3 novembre 2021

Si fa risalire la nascita del documentario, in forma di lungometraggio, e del film etnografico, a Nanuk l'esquimese, il film di Robert J. Flaherty del 1922 che racconta una famiglia di inuit nell'Artico canadese. Opera che metteva già in luce una serie di contraddizioni di questi tentativi di cinema del reale, dove buona parte del film non poteva che essere stata girata come messa in scena. Dopo un secolo da quell'opera seminale esce un documentario incentrato su personaggi di etnia nenci, che vivono dalla parte opposta dell'Artico, in condizioni climatiche molto simili, nella tundra siberiana. Si tratta di Life of Ivanna (Zhizn Ivanny), vincitore come miglior documentario al 5° El Gouna Film Festival, presentato in anteprima al CPH: DOX di Copenhagen, opera del filmmaker Renato Borrayo Serrano, guatemalteco stabilitosi in Russia. Lo storico film di Flaherty funziona come accostamento paradigmatico nell'ottica dell'evoluzione del linguaggio del documentario, ma anche come presa di distanza per Borrayo Serrano, come modello negativo da tenere lontano. Life of Ivanna rifugge in ogni fotogramma dalla fascinazione etnografica, ancora molto viva ai giorni nostri, si pensi per esempio a film come La principessa e l'aquila o a tanta produzione televisiva. In luogo di pittoreschi igloo o di altre abitazioni tradizionali, i protagonisti vivono in angusti container squadrati di lamiera, mobili, come grandi slitte su lunghi pattini, trainati dalle renne, in un'esistenza nomade nel bianco permafrost. Una vita precaria colta in tutti gli aspetti che suonano sgradevoli e sudici alla nostra vista di 'civilizzati': lavarsi i capelli nel catino come quello usato per le feci, i bambini che accendono la sigaretta per la mamma, i pesci nella vasca da bagno, i pesci morti lasciati su uno scaffale guardati con brama dal gatto, e il linguaggio sboccato degli stessi ragazzini, capaci di apostrofare la madre come una puttana, forse ripetendo le parole del suo ex-compagno. Si arriva anche alla scena dell'alimentazione, che potrebbe evocare John Waters, ma che è semplice quotidianità in quel contesto, dell'animale squartato e mangiato crudo, accompagnato da tazze del suo sangue, per lasciare i residui ai cani. Aggiungiamo poi delle scene di karaoke in stanze rivestite di carta da parati molto kitsch. Quello che si racconta in Life of Ivanna è una storia di degrado, morale, di marginalità, e di emancipazione femminile con situazioni in realtà universali, frequenti a qualsiasi latitudine: il compagno ubriacone e possessivo che fa scenate alla protagonista, per esempio. Una donna che è stata costretta dalla famiglia ad abbandonare gli studi in un collegio russo, una volta rimasta incinta a 16 anni. Gli aspetti del folklore esistono, ma solo nel racconto della protagonista che dice, per esempio, di aver trasgredito quella legge che impone alle donne di non mangiare un certo tipo di pesce che viene catturato sotto la superficie ghiacciata. Un degrado che prosegue dalla tundra alla città, nel trasferirsi a Noril'sk, centro squallido costruito dai prigionieri dei gulag nonché il luogo più inquinato del mondo, simbolizzato da una sequenza in una spiaggia tra carcasse di imbarcazioni varie. Tornando al paragone con Flaherty, Life of Ivanna sembra all'opposto tutto teso a uno sforzo osservazionale puro, a una tensione estrema al reale evitando qualsiasi rischio di messa in scena o, alla peggio, occultando l'eventuale finzione in modo molto sofisticato. Le liti con il compagno sembrano riprese come da una candid camera, risultato evidentemente di una empatia della troupe in quattro anni di riprese. La mdp sembra quasi messa a caso nelle scene d'interno, fissa, come lasciata senza operatore in questi angusti spazi corrispettivi di un igloo. Ma i bambini sembrano percepire la presenza di questa camera. Visioni di estrema claustrofobia che contrastano con la rarefazione boreale degli esterni, con i venti gelidi palpabili, con le immagini che arrivano a offuscarsi nelle perenni tempeste di neve. Life of Ivanna si dipana su due binari paralleli. I lunghi momenti puramente osservazionali e la voce off della protagonista, necessaria a tessere le fila narrative, ma comunque in proporzione marginale in un racconto che si sviluppa in prevalenza per immagini.
Da Quinlan, 3 novembre 2021

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mercoledì 3 novembre 2021
Giampiero Raganelli
Quinlan

Si fa risalire la nascita del documentario, in forma di lungometraggio, e del film etnografico, a Nanuk l'esquimese, il film di Robert J. Flaherty del 1922 che racconta una famiglia di inuit nell'Artico canadese. Opera che metteva già in luce una serie di contraddizioni di questi tentativi di cinema del reale, dove buona parte del film non poteva che essere stata girata come messa in scena.

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