Anno | 2021 |
Genere | Documentario |
Produzione | Germania, Croazia, Iraq |
Durata | 73 minuti |
Regia di | Stefano Obino |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento martedì 5 ottobre 2021
La vita di una mamma che prova a ricostruirsi una propria normalità tra le rovine della guerra appena terminata.
CONSIGLIATO N.D.
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War is over, il documentario di Stefano Obino presentato in Panorama Italia di Alice nella città, è tutto contenuto nel titolo. Rumori di spari e di guerriglia riempiono uno schermo nero che non vuole restituire l'immagine che ci aspetteremmo e a cui siamo ormai abituati. Lo scenario, ci informa la didascalia, è quello del Kurdistan iracheno a un anno dal durissimo conflitto contro l'Isis. I segni dei bombardamenti sono evidenti, così come la vita che non si arresta e che riprende nella sua ricomposta normalità: in una piscina all'aperto, che è stata risparmiata dalla distruzione, dei giovani ridono e si divertono; un gruppo di persone si è raccolto in un locale per guardare insieme una partita di calcio; dei bambini giocano in un campo profughi, intercettando con lo sguardo la macchina da presa.
Obino non resta estraneo alla narrazione: la camera si fa visibile attraverso gli occhi delle persone o di chi vi interagisce - "lasciati filmare", dice una madre al figlio intimidito; dei ragazzi indietreggiano divertiti e si fanno inseguire coinvolgendo il regista nell'azione. Alla fine, in un tourbillon emotivo che mette al centro l'arte e il suo potere di rappresentazione, questi entra in campo per qualche istante, quasi dimentico del suo ruolo.
Il film si muove continuamente su due piani, uno più interno alla storia che si pone a stretto contatto con la materia, e uno più statico che osserva dall'esterno cercando di cogliere i cambiamenti di un paesaggio contaminato dalla modernità: la città di Lalish con il suo sito d'estrazione del petrolio, i cui fuochi rischiarano la notte; o Duhok con le sue ruote panoramiche e i grattacieli illuminati, le insegne sbrilluccicanti che campeggiano nel buio e la scia di auto nel traffico. Obino costruisce immagini d'impatto mettendo a fuoco una mappa di luoghi molto diversi tra loro che restituiscono il riflesso di una cultura stratificata, dove Bella ciao risuona su murales che vedono generali e militari pronti alla guerra.
A tenere uniti questi frammenti del quotidiano la voce di una madre che si confida con lo spettatore raccontando i suoi sogni, la sua fede - la donna accetta il destino che Dio ha voluto per loro - e la sua preghiera di rinascita. La mappa di una città futuristica viene sovrimpressa a un capannone dove alcuni ragazzi si stanno preparando a mettere in scena uno spettacolo teatrale. È una simulazione del reale, di un ricordo vivido e doloroso, e allo stesso tempo un atto collettivo di liberazione che, non a caso, viene affidato a loro, e attraverso il loro sguardo proviamo a guardare tutti nella stessa direzione.
Da Sentieri Selvaggi, 24 ottobre 2021
Kurdistan iracheno. Cosa succede alle zone di guerra dopo che i riflettori si spengono? Cosa succede ai bambini che in guerra ci sono nati? Il conflitto contro l'Isis ha lasciato sul campo 1,6 milioni di persone in stato di necessità. Oltre il 50% di loro è al di sotto dei 18 anni. Il diario di una madre ci accompagna nel lungo viaggio alla ricerca di una vita finalmente normale, fatta di cose semplici. Elementi disordinati di una sindrome da stress post-traumatico si perdono, allontanandosi dalle tragedie vissute in guerra. È un'euforia frenetica, quasi esplosiva e del tutto inaspettata. Un resoconto di resilienza dello spirito umano e della sua, incancellabile, speranza.
War is over, il documentario di Stefano Obino presentato in Panorama Italia di Alice nella città, è tutto contenuto nel titolo. Rumori di spari e di guerriglia riempiono uno schermo nero che non vuole restituire l'immagine che ci aspetteremmo e a cui siamo ormai abituati. Lo scenario, ci informa la didascalia, è quello del Kurdistan iracheno a un anno dal durissimo conflitto contro l'Isis.