Anno | 2021 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 65 minuti |
Regia di | Simona Ventura |
MYmonetro | Valutazione: 2,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 9 settembre 2021
Il documentario che racconta la battaglia di Bergamo nel contrastare il Covid.
CONSIGLIATO NÌ
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18 marzo 2020. L’immagine di una fila di camion dell’Esercito Italiano che trasportano feretri fuori dalla città di Bergamo invade i media. Sintesi lugubre della forza devastatrice del virus, segno inequivocabile dell’epicentro del contagio nei primi giorni dell’emergenza sanitaria. Nel tentativo di reagire allo choc, società civile, imprenditori e volontari collaborano per realizzare un obiettivo apparentemente impossibile: costruire in tempo record alla Fiera di Bergamo un ospedale da campo che fornisca cure professionali e alleggerisca il carico di lavoro sulle altre strutture ospedaliere, già sature. Risultato che si compie in sette giorni di lavoro febbrile, con il coordinamento dall’Associazione Nazionale Alpini, che istituisce un tavolo di lavoro proprio nel giorno di quella famigerata immagine della colonna di morte. Grazie all’inventiva dei singoli che si mettono a servizio della collettività, e che il film interpella, per quindici mesi la struttura si dimostrerà un modello di cura e di protezione di malati e sanitari, un’eccellenza logistica e sanitaria da imitare, perfino illustrata in alcuni dettagli tecnici, e un motivo di grande orgoglio per la comunità.
Scritto da Luigi Crespi e dal fratello regista Ambrogio Crespi (già autore di A viso aperto, girato in alcune città del Nord Italia tra marzo e giugno 2020), Giovanni Terzi e Natascia Turato a partire da un’idea di Sergio Rizzini, responsabile nazionale della sanità alpina, l’esordio alla regia di Simona Ventura, a solo un anno e mezzo dallo scoppio della pandemia, arriva come un’energica, emozionata celebrazione del roccioso carattere bergamasco, sintetizzato dal motto “mola mia” (“non mollare”).
Effetto di un’etica calvinista del lavoro e della presenza incisiva sul territorio delle Penne nere: i loro interventi, in cui si ricordano anche le azioni di soccorso sanitario e logistico ovunque emerga la necessità nel mondo, sono tra i momenti più alti di questo servizio giornalistico esteso (più che “docufilm”, ircocervo che dovrebbe scivolare nell’oblìo). L’inchiesta, che vuole essere un atto di ringraziamento nei confronti di privati e volontari, insiste sulla straordinarietà dell’impresa e sullo spirito patriottico, facendo leva sull’inevitabile emotività legata ai lutti subìti.
Sfilano alcuni politici lombardi – eloquente l’assenza del presidente di Regione Attilio Fontana — tra cui spicca il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che ammette l’errore di valutazione nel decidere la sospensione delle attività produttive. Su alcune immagini televisive di repertorio si affianca e s’impone una trionfante estetica del drone, prevalente sia in esterni che in interni.
La regista, qui anche intervistatrice, si limita a commenti entusiastici ed enfatici, ritagliandosi un ruolo solista solo nel segmento finale: una camminata in centro città montata con situazioni finzionali improntate all’idea di rinascita. Un immaginario visivo basico e molto poco cinematografico, che banalizza un racconto di straordinario valore umano.