Anno | 2021 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 94 minuti |
Regia di | Roberta Lena |
Attori | Cristiano De André, Dori Ghezzi, Filippo De Andrè . |
Uscita | lunedì 25 ottobre 2021 |
Distribuzione | Nexo Digital |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,00 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 19 ottobre 2021
Il grande cantautore viene indagato dallo sguardo del figlio Cristiano che ne eredita parole e musica. In Italia al Box Office DeAndré#DeAndré- Storia di un impiegato ha incassato 198 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Jacques Lacan, psicanalista e filosofo francese, riteneva che le contestazioni giovanili del '68 avessero demolito l'autorità simbolica del padre nella vita della famiglia e in quella della società. La sua previsione era che il vuoto lasciato dal padre venisse colmato dal carattere feticistico delle merci, dall'oggetto di consumo. La previsione era corretta ma in quel Maggio, Fabrizio De André resiste come un'anomalia, come l'eccezione che fu: un padre-testimone che irriga oggi nuovi narrazioni. De André#De André. Storia di un impiegato è una di quelle narrazioni. È la storia di un disco che si fa spettacolo teatrale e poi cinema. È la storia di un figlio che interroga il padre e il suo patrimonio rintracciando la loro intimità, i loro fantasmi, i loro ricordi.
Nel 1973 le Brigate Rosse rapiscono Ettore Amerio, capo del personale FIAT, Enrico Berlinguer propone una stretta di mano e il 'compromesso storico' alla Democrazia Cristiana e Fabrizio De André scrive "Storia di un impiegato", un concept album sulla vita di un piccolo borghese che sogna di fare la rivoluzione a colpi di bombe, sfuggendo alla noia di una vita già tracciata. Il disco, scritto con Nicola Piovani e Giuseppe Bentivoglio, racconta la progressiva presa di coscienza di sé, dell'altro e del bisogno di una lotta comune.
Roberta Lena, già regista della versione teatrale, segue il filo narrativo delle canzoni dell'album che Cristiano De André interpreta sul palcoscenico, ri-arrangiando note che trovano ancora eco nel presente.
È la storia di un impiegato, certo, ma quella del film è anche un'indagine sensibile su Cristiano, figlio 'maggiore' di Fabrizio De André. È lui a portare la fiamma del padre, a offrire al pubblico un film d'amore senza trucchi, un monologo interiore, col suo fervore, le sue ferite, le sue confidenze, i suoi tentatavi di risalire la superficie da un mare blu e profondo.
Segreto e limpido, trattenuto e aperto, a immagine del documentario, Cristiano De André ha bisogno di un altro testa a testa col genitore, quasi volesse fargli intendere, ovunque lui sia, l'importanza che ha avuto per lui. E c'è ancora tanto amore da spendere per quel padre, c'è un tale spazio di sacralità intorno a Fabrizio, a cui Cristiano custodisce intatto il 'tempio' (Pausania). Solo le piastrelle rosse sono state sostituite perché non ci fosse altro che la malinconia a 'tormentare' Cristiano. La leggerezza del bianco succede all'audacia del rosso, in uno spazio familiare che lo ha visto crescere tra il genio rabelesiano di Marco Ferreri e l'antieroe di Paolo Villaggio, un altro impiegato leggendario che metteva in causticità rustica quello che Faber metteva in versi 'acustici'.
A colpi di accordi fustigava una società incapace di pronunciarsi sull'avvenire, aggrappata alla televisione, smantellata dalla corruzione politica. Ma oggi come allora, il sogno musicale è ancora possibile. Sgranando le canzoni come le «notti di Genova», Cristiano si arrende e fa quello che sa fare meglio, anche meglio del padre, suonare, riaccendendo le parole di ieri e le ballate che amiamo riprendere in cerchio, un cerchio militante. Perché i testi di Fabrizio De André, che condividono tutti lo stesso gusto per la frase costruita, la metafora, la satira e la ritmica della chitarra, hanno rotto gli schemi classici della canzone italiana e hanno spostato le "nuvole" più in là.
Piantato come ulivo millenario nella Sardegna miracolosa del padre, Cristiano ricama la ribellione sognata, tentata, fallita e infine paradossalmente riuscita di un impiegato, tra estremismi terroristici, spirito rivoluzionario del '68 e anarchia poetica. Molte delle tematiche del disco, che si legge come un romanzo, rimangono alterate: la ricerca di un senso di appartenenza, la solitudine, lo sconforto. Orfano dal 1999, Cristiano lo rilegge nel tentativo di (ri)creare una vera relazione con la società che lo circonda e di sviluppare quel senso di appartenenza collettivo praticato con tenacia "ostinata e contraria" dal genitore.
Arrangiato come un'opera rock, "Storia di un impiegato" risveglia le coscienze e mette in scena Cristiano De André e i suoi conflitti, la sua nostalgia per una stagione precedente. De André#De André. Storia di un impiegato è in fondo la storia di un figlio che convoca il padre. Un padre che attraverso la sua vita e la sua musica ha dimostrato che la vita può aver un senso. Cristiano diventa erede di quel senso (alto e altro), facendo il viaggio e interpretando in modo nuovo quello che ha ricevuto. Non è soltanto una figura della nostalgia ma la cassa di risonanza (letteralmente) dell'opera del padre, dei loro scambi, della loro prossimità, qualche volta complicata, qualche altra chiara come "l'acqua della chiara fontana".
L'introversione melanconica dell'artista si scioglie in un dialogo ideale col pubblico a cui consegna rinnovato il patrimonio paterno. A confermare la sua volontà è l'hashtag del titolo, che rispetta la semplice regola dell'universalità. È un contenitore di significati per comunicare con un pubblico più vasto, per rintracciare e condividere un 'soggetto di interesse' radicato nella nostra cultura e ficcato nei "larghi occhi chiari" di Cristiano. Un figlio d'arte e d'amore attraversato dal maestrale e da "tutta quella musica che non lo lascia andare, che non si dimentica".
DEANDRÉ#DEANDRÉ- STORIA DI UN IMPIEGATO disponibile in DVD o BluRay |
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Prima di tutto non è un film su De Andrè come suggerisce il titolo ma è un film autobiografico-celebrativo su Cristiano De Andrè. Tutte le canzoni di Fabrizio sono cantate da Cristiano De Andrè. Naturalmente sta al gusto personale decidere se le canzoni di Fabrizio cantante dal figlio risultino gradevoli all'orecchio e non è il soggetto di questa [...] Vai alla recensione »
Siamo solo all'inizio della stagione cinematografica, ma la pellicola si candida autorevolmente ad essere il "peggior film dell'anno". Delirio autoreferenziale di Cristiano di Andre' il quale prova anche - in verità senza riuscirvi completamente - a rovinare le canzoni di quel genio del padre
Ho visto questo film alla 78 mostra Internazionale del cinema di Venezia . Se avessi saputo che era un film interamente basato su Cristiano de Andrè non avrei neanche sprecato il mio tempo. Partiamo dalla colonna sonora: quasi tutte le canzone di Faber sono cantate da Cristiano che, per quanto abbia una bella voce, non porta l'emozione che ogni sillaba di Faber portava.
Tra i non pochi film sulla figura di De André, questo è forse il più intimo, di un'intimità che mette quasi a disagio per l'entità delle confessioni. Al centro, la relazione padre-figlio dal punto di vista del secondo, in una video seduta di autocoscienza che non risparmia lacerazioni e conflitti, con il padre in veste di figura/voce che incombe sullo sfondo, come nel set dello spettacolo all'origine [...] Vai alla recensione »
Le canzoni del sesto album pubblicato da Fabrizio De André nel 1973 hanno come filo conduttore la vicenda di un giovane impiegato che, dopo aver ascoltanto un canto, del Maggio francese, decide di ribellarsi senza però rinunciare al proprio individualismo. La forte connotazione politica è alla base di tutti i testi che evidenziano la sua presa di coscienza della necessità della lotta comune dopo la [...] Vai alla recensione »