1971: L'anno in cui la musica ha cambiato tutto

Film 2021 | Documentario

Titolo originale1971: The Year That Music Changed Everything
Anno2021
GenereDocumentario
Regia diAsif Kapadia, Danielle Peck, James Rogan
TagDa vedere 2021
MYmonetro Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Regia di Asif Kapadia, Danielle Peck, James Rogan. Una serie Da vedere 2021 Titolo originale: 1971: The Year That Music Changed Everything. Genere Documentario 2021, Valutazione: 3,5 Stelle, sulla base di 1 recensione. STAGIONI: 1 - EPISODI: 8

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Ultimo aggiornamento lunedì 31 maggio 2021

Una coinvolgente esplorazione dei musicisti e delle colonne sonore che hanno plasmato la cultura e la politica del 1971

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
Un ottimo documentario in 8 parti in un anno di tensioni e cambiamenti, in cui la musica fu al centro di ogni avvenimento.
Recensione di Emanuele Sacchi
lunedì 31 maggio 2021
Recensione di Emanuele Sacchi
lunedì 31 maggio 2021

Dagli universitari morti dell'Università di Kent State e la fine dei Beatles all'ascesa di Ziggy Stardust, un viaggio in un anno in cui la musica non è stata solo importante, è stata al centro di ogni cambiamento nella società. In otto parti si dipana il groviglio di personaggi e avvenimenti, attraverso un documentario che raccoglie voci, materiali di archivio e testimonianze eterogenee sulla centralità della musica popolare nel 1971, mescolando alla vita e alle dichiarazioni dei musicisti elementi apparentemente spurii, quali le apparizioni pubbliche di James Baldwin, lo scioccante show televisivo An American Family, la guerra in Vietnam, il processo alla redazione della rivista irriverente Oz, l'esperimento alla prigione di Stanford.

Otto episodi per altrettante sfaccettature di un'epoca di sconvolgimenti e tensioni.

La volontà del celebrato documentarista Asif Kapadia (Senna, Amy) - che dirige il progetto, ma ha affidato la regia dei singoli episodi a Danielle Peck e James Rogan - è quello di adattare liberamente il saggio "1971. L'anno d'oro del rock di David Hepworth" e realizzare una "capsula temporale" in cui James Baldwin, Bill Withers, Angela Davis, Marc Bolan e Rolf Hütter possano coesistere e avere eguale diritto di cittadinanza e di rappresentazione. Ossia mostrare il 1971 a prescindere da ogni connotazione temporale, mescolando testimonianze del passato a interviste raccolte 50 anni dopo, appositamente per realizzare il documentario: impossibile distinguerne l'epoca corretta se non in base a logica - il timbro vocale più o meno arrochito dall'età - o buon senso - le testimonianze di David Bowie o John Lennon non possono che appartenere al passato.

La questione non è se 1971 - L'anno in cui la musica ha cambiato tutto sia o non sia un buon documentario, è quasi oggettivo il fatto che lo sia, per la ricchezza di materiali e la sapienza nel comporre un montaggio armonico tra i molti elementi. Attento alle nuove tendenze di un genere sottovalutato proprio in virtù dei suoi limiti come il documentario musicale, Kapadia ha attentamente evitato di ricorrere alle cosiddette "teste parlanti", privilegiando l'impressione di un flusso continuo di immagini di repertorio e voci over a corredo.

Una visione "orizzontale" su un anno cruciale per la musica rock, soul, reggae ed elettronica, che "riscrive" e "corregge" la verticalità della visione del passato, tendente a privilegiare un fenomeno rispetto all'altro. Inevitabilmente, però, a prescindere da quel che rivendica Kapadia, la correzione è figlia del proprio tempo, di un 2021 attento all'equa rappresentazione di tutte le minoranze e a non privilegiare la tipologia di maschio caucasico anglosassone eterosessuale così prevalente nelle storiografie rock tradizionali. E qui sta il punto di maggiore interesse e potenziale controversia dell'operazione. Quella che viene dichiarata come una volontà di ricontestualizzazione e astrazione è invece - come è inevitabile che sia - un'operazione di riscrittura, soggettiva e non oggettiva.

A guidare l'intento di sistematizzazione di ciò che è stato è una sensibilità che pochissimo ha a che spartire con il 1971 e ne ha moltissimo con il 2021. Ecco quindi una puntata intera, Rispetto, dedicata alle istanze di protesta e consapevolezza black guidata dalle parole sferzanti di James Baldwin, divenuto uno dei nomi ricorrenti in ambito intellettuale negli ultimi anni, grazie all'adattamento di Barry Jenkins in Se la strada potesse parlare e al documentario di Raoul Peck I Am Not Your Negro; ed eccone un'altra che si concentra sulla cattività a cui Tina Turner è stata sottoposta da Ike, più che mai di attualità in epoca di #metoo e di denuncia della mascolinità tossica.

Ma al di là delle prese di posizioni politiche o dei richiami all'attualità, a destare impressione è la sproporzione nella considerazione di alcuni fenomeni musicali rispetto ad altri popolarissimi mezzo secolo fa. Sarebbe stato possibile concepire non solo nel 1971, ma anche nel 1981 o 1991, un documentario sul 1971 in musica che sorvolasse totalmente su uno dei dischi più famosi della storia del rock come il quarto album dei Led Zeppelin, quello di "Stairway to Heaven" (sempre che non abbia giocato un impedimento in termini di rilascio dei diritti, non nuovo a Jimmy Page e soci)? O ancora, sorvolare su: "Aqualung" dei Jethro Tull; "Every Picture Tells a Story" di Rod Stewart; tutto il progressive rock, il southern rock, il folk rock britannico o la scena di Canterbury; tutte le fusioni di jazz e rock, dalla Mahavishnu Orchestra ai Weather Report (di cui compare giusto un frammento). È chiaro come il tempo abbia operato dei cambiamenti di prospettiva e che il cambio di priorità nell'agenda politica degli intellettuali si faccia sentire.

Sono trascorsi 50 anni e i gusti sono evoluti: i Genesis sono infinitamente meno cool di Bill Withers e quasi chiunque nel 2021 concorderà nel preferire il secondo rispetto ai primi. 1971 privilegia quella musica che si è rivelata seminale anche quando semi-sconosciuta all'epoca - a partire proprio dai Changes preannunciati da David Bowie, ancora in attesa di ascendere al successo - ma che oggi ha una risonanza del tutto diversa dalle solide certezze di allora. Ma nel 2071, o anche solo nel 2031, sarà la stessa cosa o la percezione de "l'anno in cui la musica cambiò ogni cosa" sarà ancora differente? Astrarre dalla propria angolazione, e dalla pressione del qui e ora, si conferma il proposito più impegnativo e 1971 non fa che confermarlo. Rimanendo un ottimo documentario.

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