Titolo originale | Dani Karavan |
Titolo internazionale | High Maintenance - The Life and Work of Dani Karavan |
Anno | 2020 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Israele |
Durata | 66 minuti |
Regia di | Barak Heymann |
Uscita | venerdì 27 gennaio 2023 |
Tag | Da vedere 2020 |
Distribuzione | Bloom Distribuzione |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento martedì 24 gennaio 2023
Un film al contempo lineare e intricato, emozionante ma mai melodrammatico, doloroso quanto divertente e appassionato, su uno dei più importanti artisti contemporanei. In Italia al Box Office High Maintenance - Vita e Opere di Dani Karavan ha incassato 1 mila euro .
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Nato nel 1930, Dani Karavan è autore di circa settanta opere e installazioni disseminate per il mondo, tra land art e urbanistica: il memoriale ai caduti della Brigata Negev durante la guerra arabo-israeliana del 1948, il parlamento israeliano (Al Knesset), Piazza Habim a Tel Aviv, la Strada dei Diritti Umani a Norimberga, in Germania. Fino al colossale sito francese Axe Majeur, di Cergy-Pontoise, frutto di un lavoro di quarant'anni, e che i cinefili ricorderanno come uno dei set sfruttati con intelligenza da Céline Sciamma in Petite maman.
Il filmmaker Barak Heymann, con la complicità di Hava e Tamar, rispettivamente moglie e figlia di Karavan, pedina l'artista mentre controlla e verifica lo stato di manutenzione delle sue creazioni, che si tratti di una piazza o di un monumento, delle aiuole di un giardino o di un supposto canale d'acqua.
Scultore, pittore, scenografo, l'anziano creativo (che Heymann ha ripreso lungo quattro anni, per oltre trecento ore di girato), esigente tanto con i manutentori che con se stesso, ha un'altissima idea della cura come fondamento del vivere civile, e perciò non tollera che le sue opere siano trascurate. Ispirate a una semplicità essenziale, si fondano sul senso della proporzione, sfruttando il vuoto come spazio reale e condizione logica per il pensiero.
L'ultima a lui commissionata è il Museo polacco ebreo di Varsavia, tributo ai Giusti di Polonia, che lo mette di fronte a un dubbio morale: sottolineare e ricordare la giustizia dei pochi di fronte al Male o rischiare di avallare il trionfalismo del coevo governo polacco di destra, in cerca di legittimazione e riscrittura della Storia?
Simpatia umana di Karavan a parte - anziano sui generis, dal passo svelto, con la curiosità e l'energia di un bambino, israeliano cosmopolita e poliglotta, che manifesta per la pace con la Palestina e rivendica l'arabo come lingua storica del Paese in cui è nato - ciò che lo avvicina immediatamente allo spettatore è la crisi che vive in parallelo a quella dovuta alla sua ricognizione ispettiva: sta infatti perdendo la memoria e l'età anagrafica (è vicino ai 90 anni) gli impone scrupolosi controlli medici.
Il documentario di Heymann, che con la sua voce fuori campo interagisce spesso e anche polemicamente ai ragionamenti di Karavan in campo, si svela in modo progressivo e paradossale come una riflessione sul tempo e sulla memoria. Mentre cerca di conservare nel miglior stato possibile le sue creazioni, perché perpetuino la traccia di riflessioni filosofiche e storiche, l'artista deve prendere atto della labilità del proprio corpo mortale, del suo limite.
Natura e cultura, l'impermanenza umana e il suo contrario, la continuità delle idee e dei valori attraverso l'arte, si rispecchiano e si parlano, in un'osservazione minuta del quotidiano di Karavan, tra occupazioni pratiche, esercizio di disegno e incontri con amici. Tra i quali spicca un ammirato Wim Wenders, che ben ricorda l'incisione voluta nell'opera site-specific nel giardino della berlinese Villa Lemm: "solo la moralità delle tue azioni può dare bellezza e dignità alla tua vita".
"Non voglio essere un eroe in cultura, in guerra dovresti essere un eroe. Nella cultura devi essere anticonformista". Queste sono le parole dello scultore israeliano Dani Karavan che fanno da incipit al bel documentario del connazionale regista quarantasettenne Barak Heymann. La natura per lo scultore, scomparso nel 2021, era il suo capo. Arrivava in un luogo e quel luogo gli parlava.
A 90 anni, e con decine di installazioni site-specific disseminate nel pianeta, Dani Karavan non le manda a dire. A un cronista che lo interroga sull'opera in pietra (araba) che ha realizzato per il parlamento (israeliano) risponde: «A volte spero solo che un sasso cada in testa a qualcuno...»; alla figlia, risentita per esser risultata seconda all'arte nella lista delle sue priorità, chiede: «Devo [...] Vai alla recensione »